850mila stranieri “montanari per forza”
MILANO – Gli stranieri che vivono sulle Alpi e sugli Appennini sono oltre 850 mila. E quasi sempre è grazie a loro se intere valli non si sono spopolate. Dalla gestione degli allevamenti alla cura dei boschi, sono spesso loro a tenere in vita attività tipiche di quelle zone montane. Resta però da chiedersi, che cosa le istituzioni stiano facendo perché queste persone possano effettivamente integrarsi. Certo è che per ora si tratta di “Montanari per forza“, come titola il numero speciale della rivista di Dislivelli, associazione nata nel 2009 a Torino dall’incontro di ricercatori universitari e giornalisti specializzati nel campo delle Alpi e della montagna. “Sono migranti che devono diventare montanari per forza di cose, per necessità d’adattamento e di sopravvivenza, temporanea o permanente che sia”, scrivono nell’editoriale Maurizio De Matteis e Andrea Membretti. “Sicuramente si tratta di persone portatrici di culture, progetti di vita, valori e pratiche frequentemente lontani dallo stereotipo di staticità residuale di cui la montagna è vittima ancora oggi”. E possono rappresentare “un fattore di innovazione per le terre alte italiane“.
I numeri già parlano da soli. In Italia le aree interne, quelle più lontane dai grandi centri urbani e spesso in montagna, rappresentano il 52% circa dei comuni italiani (4.261) cui fa capo il 23% della popolazione (13,3 milioni) residenti in una porzione del territorio che supera il 60% della superficie nazionale. In questi comuni la presenza degli stranieri supera il 10% in regioni come Umbria, Veneto ed Emilia Romagna. Nei piccoli comuni della Toscana si arriva al 9,86%, nelle Marche al 9,57%. “Si può dire che la tenuta complessiva della popolazione nei comuni aree interne è dovuta alla crescita della popolazione straniera”, conclude la rivista.
Dislivelli racconta poi diversi casi di presenze significative di stranieri in montagna. Come i cinesi della Val Pellice o i romeni nel Casentino. Nelle foreste casentinesi in particolare c’è una forte concentrazione di romeni della regione di Bacau, zona molto simile dal punto di vista naturalistico al Casentino: “ragion per cui le capacità tecniche di questi lavoratori sono riconosciute e apprezzate e rappresentano una risorsa per il settore forestale locale”. La loro presenza e delle loro famiglie ha ripopolato anche le scuole materne e elementari, salvandole dalla chiusura. (Agenzia Redattore Sociale)