A Milano alunni disabili senza assistenza, genitori: “E’ una vergogna”
MILANO – “Finalmente ora abbiamo avuto la certezza dalla Regione dei fondi, non potevamo chiedere ai nostri funzionari di firmare atti senza la necessaria copertura”: spiega così Arianna Censi, vice sindaca della Città Metropolitana, il motivo per cui, nonostante tutte le rassicurazioni di tre settimane fa, ancora oggi i 2.500 alunni disabili che frequentano le scuole di Milano e dintorni non hanno educatori in classe che li assistano o il trasporto casa-scuola. “Siamo un’istituzione che ha un bilancio debole e quindi è per sua natura debole”, aggiunge.
I FATTI. In poco meno di un mese studenti, famiglie, educatori e cooperative sociali hanno vissuto sentimenti di angoscia, speranza, delusione e, ora, rabbia. Fino al 9 gennaio infatti il rimpallo tra Regione e Città Metropolitana su chi deve mettere i fondi aveva causato la paralisi totale del sistema che dovrebbe garantire servizi indispensabili per gli studenti disabili. Il 10 gennaio l’annuncio che un accordo era stato trovato. La Regione, per bocca del suo assessore all’Economia Massimo Garavaglia, garantiva per il periodo gennaio-giugno 2017 3,1 milioni di euro. Meno della metà di quelli necessari (circa 6,5 milioni di euro), ma sembrava comunque una buona notizia che tamponava una situazione drammatica. Senza quei fondi i ragazzi disabili non potevano tornare in classe dalle vacanze di Natale. Non che i primi tre mesi di scuola fossero stati particolarmente felici, tanto che ora 24 famiglie hanno denunciato Città metropolitana e scuole al Tribunale di Milano per le inadempienze e per chiedere un risarcimento del danno e delle spese sostenute dalle famiglie (vedi lancio precedente). Il problema comunque è che a quell’annuncio del 10 gennaio non sono seguiti atti concreti. Ai dirigenti scolastici non è arrivata alcuna comunicazione e quindi non hanno rinnovato i contratti a cooperative ed educatori. Per le famiglie l’ardua scelta tra tenere a casa i figli, mandarli a scuola senza il supporto di un educatore oppure anticipare di tasca propria.
Martedì 24 gennaio, secondo quanto ci ha riferito oggi Arianna Censi, è arrivata la certezza dei fondi dalla Regione. Ora quindi il nuovo annuncio che si sta passando ai fatti: il decreto della Città Metropolitana che dispone la spesa è pronto. “E quindi i funzionari potranno firmare gli atti necessari” a far arrivare le risorse alle scuole. Resta però il problema che ci sono meno fondi del necessario per arrivare fino a giugno. Poi da settembre tutta la competenza in materia passerà in mano alla Regione. Nessuno può giurare che le cose miglioreranno, lo si vedrà nei fatti.
“I GENITORI: UNA VERGOGNA”. “In tanti anni non ci era mai capitata una situazione del genere. Di solito c’erano ritardi all’inizio dell’anno scolastico con problemi nella nomina degli educatori. Mai però a metà anno. È assurdo”. Il signor G.F. è il papà di un ragazzo di 17 anni che frequenta una scuola professionale regionale. Per non esporre il figlio, preferisce mantenere l’anonimato sia sul proprio nome che su quello della scuola.
“Il dirigente scolastico sta facendo tutto il possibile, non posso lamentarmi della scuola”, aggiunge. Il problema sta invece più in alto: Regione e Città Metropolitana, che hanno tergiversato su chi deve mettere i soldi per garantire la presenza in classe degli educatori da affiancare agli studenti con disabilità. Da quando la scuola è ricominciata, dopo le vacanze di Natale, il figlio di G.F. deve cavarsela da solo in classe. “Il problema c’è soprattutto nei laboratori -spiega-. Fino a Natale, tra l’altro, una parte delle ore necessarie di assistenza le abbiamo pagate noi direttamente. Ora però ci hanno tolto anche il minimo garantito prima. Che cosa possiamo fare? Lo teniamo a casa?”.
La stessa situazione la sta vivendo il papà di un’altra ragazza, C.G.: oltre all’educatore in classe ha bisogno del servizio di trasporto casa-scuola. “Per ora il servizio trasporto c’è, ma il dirigente scolastico mi ha detto che non sa fino a quando sarà garantito. Per questo abbiamo deciso di rivolgerci alla Ledha e abbiamo intenzione di fare anche noi ricorso al Tribunale di Milano”.
IL RICORSO. Dopo mesi di proteste, lettere, articoli di giornali, rassicurazioni dei politici, per 24 famiglie di studenti disabili milanesi non rimane altro che ricorrere all’autorità giudiziaria per cercare di ottenere il rispetto del diritto allo studio dei loro figli. Supportate dal Cento Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di Ledha, hanno presentato un ricorso al Tribunale di Milano contro la Città Metropolitana di Milano, per non aver garantito, sin dall’inizio dell’anno scolastico, il numero di ore di assistenza alla comunicazione o assistenza educativa di cui i loro figli hanno bisogno per frequentare regolarmente le lezioni, a parità di diritti con i loro compagni, quindi per accertarne la discriminazione. Il ricorso coinvolge anche il Miur (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca) oltre che i singoli istituti scolastici frequentati da questi bambini e ragazzi “per aver omesso di individuare nel Pei (Progetto educativo individualizzato, ndr) pur adottato, il numero di ore di assistenza educativa e/o alla comunicazione necessarie”.
Ledha segnala in particolare due casi, rappresentativi di tutti gli altri. Il primo è quello di Antonella (nome di fantasia, ndr), bambina di quinta elementare: avrebbe bisogno di 18 ore settimanali di assistenza alla comunicazione ma ha potuto usufruirne di appena sette. Inoltre, l’assistente alla comunicazione ha potuto iniziare le proprie attività solo a partire dal 10 novembre 2016: a ben due mesi dall’inizio dell’anno scolastico. E poi c’è Sara (anche questo nome di fantasia, ndr), che frequenta la prima superiore e avrebbe bisogno di essere affiancata per 14-15 ore a settimana da un’educatrice. Tuttavia, a causa delle difficoltà di Città Metropolitana, Sara è rimasta priva di assistenza fino al 1° dicembre 2016. E anche quando il servizio è stato attivato, le sono state garantite solo cinque ore di assistenza a settimana.
Nel ricorso, Ledha chiede innanzitutto al Giudice di ordinare alla Città Metropolitana di Milano di assegnare ai figli dei ricorrenti “le ore di assistenza educativa e/o alla comunicazione” stabilite dal Pei e di coprirne i relativi costi. Inoltre, chiede alla Città Metropolitana di risarcire gli alunni per il danno subito, oltre che a risarcire i genitori per le spese che hanno dovuto sostenere in questi mesi per garantire ai propri figli la possibilità di frequentare la scuola. “Si tratta di importi anche significativi, in alcuni casi anche di 1.500-1.800 euro per due-tre mesi di scuola”, rimarca l’avvocato Abet. E, cosa più importante “si chiede al Giudice di adottare un Piano di rimozione della discriminazione, così come previsto dall’ art.28, co.5, D.Lgs. 150/2011, che preveda la riorganizzazione del servizio con onere di reperimento delle risorse esclusivamente a carico dell’Amministrazione Pubblica, senza oneri anticipatori a carico delle famiglie garantendo la continuità del servizio, oltre ovviamente al divieto di reiterare in futuro analoghi provvedimenti ”. (Agenzia Redattore Sociale)