Acqua, Vincenzi (Anbi): Investimenti in Africa per migliorare produttività
L’impegno di Anbi in Africa “prosegue. Investiamo piccole risorse andando a creare delle opportunità in quei territori in cui abbiamo la necessità di far comprendere alle popolazioni che si può coltivare e lavorare migliorando la produttività”. Lo spiega all’Agenzia Dire Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi).
Per questa ragione Anbi “finanzia piccoli pozzi e vasche di contenimento dell’acqua- sottolinea Vincenzi- crediamo che si debba partire dall’istruzione delle nuove generazioni ma soprattutto da una cultura del lavoro in agricoltura che è la vera fonte di sostentamento di quelle popolazioni. Continueremo ad impegnarci perché vogliamo dare a quei territori le stesse opportunità che hanno tutti gli altri territori del mondo”, conclude il presidente.
Spendere bene le risorse del Pnrr a supporto dell’agricoltura
“Dobbiamo spendere le risorse del Pnrr e supportare l’agricoltura irrigua italiana rispetto alla sostenibilità delle risorse, mantenendo la straordinaria strategicità come settore e la qualità del cibo italiano”. Lo spiega all’Agenzia Dire Francesco Vincenzi, president dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi), rieletto da pochi giorni. Il mandato, il terzo dopo quelli ricevuti nel 2014 e nel 2017, “è una riconferma per continuare a lavorare sugli obiettivi strategici del nostro Paese e per vincere le sfide che ci troviamo di fronte”, sostiene Vincenzi. Il Consiglio nazionale ora è “nuovo e rinnovato, con una presenza importante di donne, soprattutto giovani, a dimostrazione che l’Associazione è viva e crede nei valori della comunità e del nostro Paese”.
Come Anbi, spiega Vincenzi, “stiamo mettendo al centro il tema dei cambiamenti climatici, che dimostrano quanto i territori non siano sufficientemente resilienti per affrontare una crisi climatica come questa. Abbiamo già proposto in passato un Piano di manutenzione straordinario per mettere in sicurezza il Paese rispetto ai nostri oltre 750 impianti idrovori. Ci sono 220mila km di canali che devono essere adeguati per garantire la sicurezza dei territori e che hanno visto un consumo del suolo talmente elevato da mettere in difficoltà e in crisi lo scolo dell’acqua”. Attraverso le infrastrutture strategiche, “come gli Invasi e l’innovazione, dobbiamo gestire la rete artificiale dei nostri canali per uso irriguo in modo virtuoso, perché dobbiamo garantire una giusta quantità di acqua alla nostra agricoltura. Quella del Mediterraneo non si può fare senza acqua, queste sono sfide importanti che ci impegnano ma siamo sicuri che con la conoscenza che abbiamo del territorio possiamo dare una mano al Paese per affrontare le sfide e uscire dalla crisi economica più forti di prima”, conclude Vincenzi.
Nord autosufficiente, Sud che paga l’aumento della siccità
“Stati di calamità ed emergenze non risolvono il problema della carenza di acqua nei territori, anzi ne creano di ulteriori perché si crea disaffezione da parte di agricoltori e cittadini che non si vedono remunerati del vero danno avuto con la carenza d’acqua”. Lo spiega all’Agenzia Dire Francesco Vincenzi, appena rieletto presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi).
“Oggi viviamo una situazione paradossale- sottolinea- con un’Italia divisa in due, questo è l’anno più caldo degli ultimi dieci e questo sta avendo un impatto su coltivazioni e utilizzo della risorsa. Le regioni del nord, anche grazie alla piovosità degli ultimi giorni a luglio, sono abbastanza autosufficienti per sopperire al grande caldo. Ma dalla Romagna in giù la situazione purtroppo va sempre peggiorando, piove sempre meno. Tra Emilia e Romagna è piovuto l’80% in meno di quello che piove in un anno normale, corrisponde al 40% in meno di quanto piove in Israele”. Abbiamo quindi territori “devastati dalla siccità con una conseguente riduzione delle produzioni e distruzione dei redditi dei nostri agricoltori. Questo- ribadisce Vincenzi- crea enormi problemi ambientali, basti pensare agli incendi degli ultimi giorni e alla carenza d’acqua che crea zone sempre più in pericolo. A sud poi, oltre alla mancanza d’acqua, ci sono tantissime opere che non svolgono in pieno il loro compito, penso agli Invasi costruiti con la cassa del Mezzogiorno che non riescono a trattenere quell’acqua per cui sono stati progettati, a causa di insabbiamenti e buurocrazie che limitano le operazioni di pulizia degli Invasi. Ci sono opere incompiute, mai terminate dal 1960 ad oggi, che vogliamo sbloccare con il Pnrr. Per il nostro Paese- conclude il presidente Anbi- è doveroso spendere bene le risorse pubbliche, specie in un momento in cui i piccolo comportamenti incidono in modo positivo o negativo sulla disponibilità di acqua”.
Cambiare direttiva Ue sul prelievo dai fiumi
“Siamo preoccupati per la direttiva europea del 2000 che entra in pieno vigore in questi giorni”. Lo spiega all’Agenzia Dire Francesco Vincenzi, rieletto president dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi), circa il prelievo dell’acqua dai fiumi.
La preoccupazione deriva dal fatto che “è stato calcolato in modo sbagliato il reale afflusso di acqua all’interno dei nostril torrenti. Parliamo appunto di torrenti, e non di fiumi come sono abituati a parlare nel Nord Europa”.
“La sfida ora- sottolinea Vincenzi- è riuscire mettere in campo strategie con delle sperimentazioni dimostrando che l’acqua che rimane all’interno del fiume, e che arriva al mare, diventa salata e perde la sua strategicità. Riteniamo opportuno che vada rispettato il fiume e lo facciamo anche attraverso straordinari contratti di fiume che ci permettono di valorizzare il fiume stesso. Ma diciamo anche che i territori, per la valenza ambientale ed economica che hanno, devono essere tutelati e salvaguardati potendo prelevare l’acqua e rimetterla nei territori”. L’acqua che manca nei territori, ribadisce Vincenzi, “non è solo un danno per l’agricoltura e l’economia, ma anche per l’ambiente a scapito della biodiversità e di tutti quei fenomeni di pratiche positive di irrigazione, penso al rimpinguamento delle falde e alla risalita del cuneo salino vicino alle coste marine. Occorre quindi fare un passo avanti- conclude- e far comprendere all’Europa che le regole scritte 20 anni fa, quando forse l’Italia era assente o distratta, vanno cambiate”.
Sbloccare la legge sul consumo del suolo
Per affrontare il problema della sicurezza dei territori e aumentare la resilienza dei territori ai cambiamenti climatici “non bastano le infrastrutture, serve più che altro una rivoluzione culturale passando dalla gestione dell’emergenza alla prevenzione. Come Anbi facciamo quotidianamente prevenzione su tutto il nostro reticolo ma non è sufficiente”. Lo spiega all’Agenzia Dire Francesco Vincenzi, rieletto presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi).
Altra sfida culturale importante da portare avanti “è arrivare finalmente ad una legge sulla riduzione del consumo del suolo. Non possiamo più andare a questa velocità”, avverte Vincenzi. “Anche quest’anno, nonostante la pandemia, siamo stati tra i Paesi europei che hanno costruito più di tutti, riducendo il suono permeabile. La legge è ferma in parlamento da dieci anni, occorre sbloccarla perché i cambiamenti climatici non attendono i tempi degli accordi politici, né quelli della burocrazia. Bisogna velocizzare”, termina. (Agenzia DIRE)