Additivi alimentari? “Troppi numeri nel piatto”

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L’intervento della Dott.sa Angela E.M. Morabito, Antropologa e Presidente Ass.ne No Profit Change Destiny.

Il 2018 è stato proclamato anno del cibo italiano e mentre da più parti si fa un gran parlare di genuinità, prodotti biologici e rischi per la salute correlati ad un’alimentazione poco attenta alla qualità dei cibi, si rende urgente cercare di mettere chiarezza in un argomento che “ad intermittenza” subisce ondate di demonizzazioni e di perfetta indifferenza: stiamo parlando degli additivi alimentari.

Ben distanti dagli antichi metodi di conservazione dei cibi praticati dalle nostre nonne – essiccazione, salatura, aggiunta di spezie, preparazione di conserve, marmellate, confetture, sott’oli e sott’aceti- con l’avvento della produzione industriale degli alimenti, si è reso necessario l’utilizzo di sostanze che, oltre alla conservazione, semplifichino le varie fasi produttive, di stoccaggio e commercializzazione, mantenendo le caratteristiche organolettiche originarie, anzi esaltandole attraverso il miglioramento di aspetto, colore, sapore e profumo.

In Europa, il processo di autorizzazione all’utilizzo degli additivi alimentari è descritto dal Regolamento (CE) n. 1333/2008, che tiene conto sia della sostanza che della dose massima giornaliera accettabile, ovvero quella specifica quantità –espressa in mg per kg di peso corporeoche “potrebbe” essere assunta senza correre rischi. Gli additivi autorizzati a livello europeo sono contrassegnati da una sigla numerica a 3 o 4 cifre preceduta dalla lettera E (una casuale ma pericolosa coincidenza è rappresentata dal parathion, che non è un additivo bensì un insetticida altamente tossico, la cui sigla è E605). Queste sostanze devono essere indicate sull’etichetta del rispettivo prodotto, tuttavia la legge non rende obbligatoria l’indicazione se sono contenute in un ingrediente.

Quello della sicurezza è il primo requisito che conduce all’autorizzazione dell’uso di un additivo. In Europa la valutazione viene effettuata dall’Agenzia per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e a livello internazionale dal Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari (JECFA – Joint Expert Committee on Food Additives) dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Bisogna nondimeno tener conto che:

– spesso i giudizi non sono concordi;

– in alcuni Paesi, come l’Italia, vengono presi in considerazione gli additivi alimentari e non quelli di farmaci e integratori; – svariate sostanze autorizzate in alcuni Paesi sono vietate in altri;

– la stessa EFSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, revisiona periodicamente le sostanze autorizzate in base a nuovi dati scientifici, pertanto l’elenco è suscettibile di modifiche (attualmente è in corso un processo di revisione che dovrebbe essere ultimato entro il 2020).

Se a tutto ciò aggiungiamo le fortissime pressioni commerciali, la globalizzazione dei mercati (che ha reso più semplici gli scambi commerciali ma anche l’utilizzo di sostanze quantomeno “dubbie”), le ricerche scientifiche in costante evoluzione e gli intricati ingranaggi economici, comprendiamo quanto al giorno d’oggi possa sembrare ostica la materia alimentazione. Il buon senso deve portarci a privilegiare il consumo di prodotti freschi, provenienti da vera agricoltura biologica a Km 0, limitando l’introduzione nella dieta di cibi pronti, conservati, manipolati e trasformati per i quali nessun organo può offrire una garanzia di sicurezza al 100% Comunque, per rendere più trasparente la conoscenza delle etichette alimentari, l’Associazione Change Destiny No Profit vi invita a visitare il nuovo Progetto “Troppi numeri nel piatto”.

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