“Aggredite e molestate nel viaggio verso l’Europa”
Aggredite, molestate, abusate sessualmente. Avviene di tutto durante il già terribile viaggio che i rifugiati intraprendono per scappare dalla guerra e dalla miseria. Bersaglio di trafficanti e, a volte, delle forze dell’ordine dei paesi in cui transitano, sono le donne. Spesso sole o con figli.
Sono drammatiche le testimonianze di donne e ragazze rifugiate raccolte dagli operatori di Amnesty International in Germania e Norvegia, al termine del viaggio che dalla dalla Turchia le aveva portate in Grecia ed era proseguito lungo la “rotta balcanica”. In 40 hanno raccontato di essere state minacciate e di aver provato una costante sensazione d’insicurezza. Molte di loro hanno denunciato che, in quasi tutti i paesi attraversati, hanno subito violenza fisica e sono state sfruttate economicamente, molestate o costrette ad avere rapporti sessuali coi trafficanti, col personale di sicurezza o con altri rifugiati.
In particolare, secondo quanto raccolto da Amnesty International, i trafficanti prendono di mira le donne che viaggiano sole, sapendo che sono le più vulnerabili. Quelle che non hanno i mezzi economici per pagare il viaggio vengono spesso costrette ad avere rapporti sessuali. “In un albergo della Turchia – ha raccontato una 23enne siriana partita da Aleppo – un siriano al servizio dei trafficanti mi ha proposto di passare la notte con lui, così avrei pagato di meno o addirittura avrei viaggiato gratis. Ho rifiutato, era una cosa disgustosa. Lo stesso è capitato a tutte in Giordania. Una mia amica, fuggita anche lei dalla Siria, arrivata in Turchia ha finito i soldi. L’assistente del trafficante le ha proposto di fare sesso e l’avrebbe fatta imbarcare. Lei ovviamente ha rifiutato e non è partita. Ancora adesso si trova in Turchia”.
Le rifugiate, inoltre, hanno descritto le pessime condizioni dei campi di transito, in alcuni dei quali il cibo era insufficiente e non c’era quasi alcuna forma d’assistenza per le donne incinte. I bagni erano in condizioni squallide e non erano divisi per sesso. In almeno due casi, le donne sono state guardate dagli uomini mentre usavano i bagni. Alcune donne hanno subito violenza da parte di altri rifugiati o da parte di agenti di polizia, specialmente nei momento in cui il sovraffollamento dei centri faceva salire la tensione richiedendo l’intervento delle forze di sicurezza.
Rania (nome di fantasia), 19 anni, incinta, proveniente dalla Siria ha raccontato: “La polizia ungherese ci ha trasferiti in un altro posto, persino peggiore del primo. Era pieno di gabbie e non passava aria. Eravamo come in cella. Ci siamo rimasti per due giorni. Ci davano due pasti al giorno. I gabinetti erano peggio degli altri, era come se volessero lasciarli in quelle condizioni per farci soffrire. Il secondo giorno la polizia ha picchiato una siriana di Aleppo, solo perché aveva pregato di lasciarla andare via. Sua sorella ha provato a difenderla, lei parla inglese. Ma le hanno detto che se non stava zitta avrebbero picchiato anche lei. La stessa cosa è successa a un’iraniana, che aveva chiesto un po’ di cibo in più per i suoi figli”.
Drammatico anche il racconto di Maryan (nome di fantasia), 16 anni, proveniente dalla Siria:
“Eravamo in Grecia. Abbiamo cominciato a piangere e a urlare, così è arrivata la polizia che ha manganellato tutti quanti, anche in testa. Io sono state colpita su un braccio. Picchiavano anche i più piccoli. Ho avuto un capogiro e sono finita a terra, con le persone che mi cadevano sopra. Poi mi sono ripresa. Piangevo, non trovavo più mia madre. Poi hanno chiamato il mio nome e ci siamo ritrovate. Dopo, ho mostrato a un agente di polizia il braccio dove ero stata colpita e quello si è messo a ridere. Allora ho chiesto un dottore e hanno detto a me e a mia madre di andare via”.
Di fronte a queste testimonianze, Tirana Hassan, direttrice per le risposte alle crisi di Amnesty International, chiede maggiore impegno ai governi e alle organizzazioni umanitarie: “Se questa crisi umanitaria si sviluppasse in qualsiasi altra parte del mondo, pretenderemmo immediate misure pratiche per proteggere le persone maggiormente a rischio, come le donne in viaggio da sole o le famiglie guidate dalle donne: come minimo, bagni e dormitori separati. Queste donne e i loro bambini hanno lasciato alcuni dei luoghi più pericolosi del mondo ed è vergognoso che si trovino ancora in pericolo in Europa” – ha commentato Hassan – “Il modo migliore per evitare violenze e sfruttamento da parte dei trafficanti è che i governi europei assicurino percorsi legali e sicuri sin dall’inizio. Per coloro che non hanno altra scelta, è del tutto inaccettabile che il viaggio attraverso l’Europa procuri ulteriori umiliazioni, incertezza e insicurezza” – ha concluso Hassan.
Redazione