Al via il Premio Mercurio, concorso letterario per combattere l’hikikomori riservato alle professioni sanitarie

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Si è aperta la quarta edizione del “Concorso letterario Mercurio 2022”, con scadenza 31 ottobre 2022. Gli elaborati possono essere prodotti sia in formato elettronico che cartaceo e spediti a Brescia. Si compone di quattro sezioni tra poesie e racconti brevi, ma aspetto particolare, una delle quattro sezioni è dedicata a testi, in prosa o in rima, che parlino di hikikomori.

Hikikomori è un termine giapponese che letteralmente significa “stare in disparte”, e, quindi, tradotto in volgare, possiamo dire che si tratta di una malattia consistente nella scelta di rifuggire totalmente dalla vita sociale e familiare e colpisce in particolare i giovani.

Il concorso, fortemente voluto dalla psicologa bergamasca Franca Pagni, è organizzato dal Comitato “Carta Penna Calamaio”, ha il patrocinio del Comune di Brescia e di “Hikikomori Italia” e la collaborazione di varie altre associazioni del terzo settore. Le quote di iscrizioni verranno interamente devolute a “Hikikomori Italia Genitori Onlus”.

Ha trovato un energico sostenitore in Marco Termenana, autore di “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli“, libro del 2021, che sta ricevendo un forte consenso dalla critica letteraria. Il romanzo è ispirato al suicidio di Giuseppe, il figlio ventunenne (il primo di tre), quando in una notte di marzo 2014 apre la finestra della sua camera, all’ottavo piano di un palazzo a Milano, e si lancia nel vuoto. Pagina dopo pagina, si compone la storia di un hikikomori che sfocerà in un transessualismo mancato, di fronte al quale il padre e la madre, benché costantemente presenti e dediti alla famiglia, sono disarmati e non sanno come comportarsi. Le cronache si alternano ai sensi di colpa e alle emozioni dell’autore, sempre spontaneo e diretto, che ha difficoltà a capire e a dire dove ha sbagliato con questo figlio.

È per questo allora l’interessamento al concorso? L’abbiamo chiesto allo stesso autore e questa è la sua risposta:

“Non sono un terapeuta e non sono in grado di dire quanto e come la sezione dedicata di un concorso letterario possa aiutare la lotta all’hikikomori. Certamente più se ne parla e meglio è. Per quanto mi riguarda, poi, sono convinto che Giuseppe ha fatto quello che ha fatto per risolvere il problema del suo isolamento alla radice e qui il transessualismo non c’entra proprio niente, come cerco di spiegare nelle scuole da anni, soprattutto ai dirigenti scolastici e ai professori: hikikomori e basta ma non è questo il modo per risolvere alla base i problemi di isolamento o, comunque, non è il modo corretto.

Come padre (almeno per come intendo io la figura di padre) non posso accettare questa banale ma crudele logica di auto soppressione del brutto anatroccolo. La vita di Giuseppe non può finire in un cimitero e non posso non ricordarlo anche se postumo. Se poi, con la mia presenza e la mia testimonianza, riesco a dare una mano alla ricerca scientifica appunto per combattere l’hikikomori, disturbo a cui ho dato guerra senza condizioni dal giorno della tragedia, ancora meglio (quantomeno stimolare la riflessione), e la morte di mio figlio avrà un senso almeno per chi beneficerà di questa mano.”