Armi, che affare!
ROMA – Triplicato in soli 12 mesi il valore delle licenze alle esportazioni di armamenti da parte dell’Italia. E’ quanto emerge dalla relazione diffusa oggi attraverso il sito internet dal Senato su “Le operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” del 2015, e inviata dalla Presidenza del consiglio dei Ministri lo scorso 18 aprile. Secondo il testo, nel 2015 sono state concesse autorizzazioni per un valore totale di oltre 8,2 miliardi euro, rispetto ai 2,9 del 2014. Gli 8,2 miliardi comprendono i 7,8 miliardi delle licenze di esportazione definitiva (che non includono i gettiti dovuti ad intermediazione e a licenze globali di programma), che nell’anno precedente erano invece di 2,6 miliardi. L’aumento è stato dunque pari al 197,4%. In termini numerici, si è passati dalle 1.879 autorizzazioni del 2014 alle 2.775 del 2015, per un incremento percentuale del 47,7%. Le principali aziende coinvolte nella vendita di armamenti e supporti logistici sono Aermacchi, Augusta Westland, Ge Avio, Selex Es, Elettronica, Oto Melara, Intermarine, Piaggio Aero Industries, Mbda Italia e Industrie Bitossi, “la maggior parte delle quali – si legge nel testo – di proprietà o in varia misura partecipate dal Gruppo Finmeccanica”.
Impennata dell’export verso i Paesi in guerra. Razzi, missili, software e apparecchiature elettroniche, agenti tossici e chimici, perfino siluri: c’è questo dietro l’impennata delle esportazioni di armi italiane, destinata anzitutto a Paesi in guerra, dal Medio Oriente al Sudamerica.
La conferma più sorprendente arriva dall’Iraq, finora mai comparso tra i clienti italiani, che nel 2015 ha fatto acquisti per oltre 14 milioni di euro. I prodotti più richiesti sono armi leggere e munizioni, con in prima fila Beretta. Nonostante la crisi nel sud-est dell’Anatolia, e i bombardamenti degli avamposti curdi al di qua e al di là del confine con la Siria, sono cresciute in modo esponenziale anche le vendite verso la Turchia. Il loro valore è aumentato da 53 a 129 milioni. Uno degli articoli chiave sono stati gli elicotteri T129, costruiti su licenza di Finmeccanica.
Altro Paese in guerra in prima fila negli acquisti è il Pakistan, che per far fronte all’offensiva dei talebani ha letteralmente moltiplicato le importazioni dall’Italia: da 16 a 120 milioni. Restando in Asia un altro cliente di peso è l’India, nonostante il caso dei marò. Gli acquisti di New Delhi, impegnata nella repressione dei naxaliti e di altri gruppi armati, sono cresciuti da 57 a 85 milioni. Bombe, siluri, razzi e missili sono stati venduti anche in America Latina, in particolare in Colombia, un Paese che solo ora prova a mettersi alle spalle mezzo secolo di conflitto tra l’esercito e i guerriglieri marxisti delle Farc. Infine, l’Arabia Saudita, impegnata dallo scorso anno in un’offensiva aerea e terrestre per contrastare i ribelli sciiti dello Yemen: dall’Italia a Riad sono arrivati esplosivi, attrezzature elettroniche, siluri, razzi e missili, per un valore complessivo di 45 milioni di euro. (Agenzia Redattore Sociale)