Bando moschee Milano, i musulmani non accettano la marcia indietro del Comune

MILANO – “Milano vuole candidarsi a diventare la capitale europea dei luoghi di culto informali?”. Davide Piccardo, portavoce del Coordinamento delle comunità musulmane di Milano e Monza-Brianza (Caim), non accetta quel che sembra ormai scontato, almeno leggendo i quotidiani di oggi: ossia che il bando comunale per l’assegnazione delle aree su cui costruire le moschee sia naufragato. Il Governatore della  Lombardia esulta perché la legge regionale antimoschee sopravvive alla sentenza della Corte Costituzionale, soprattutto nel punto in cui prevede che ogni comune, prima di dare qualsiasi autorizzazione, debba dotarsi di un “piano delle attrezzature religiose”. E il Comune di Milano fa marcia indietro e per bocca dell’assessore Pierfrancesco Majorino ammette che “il nostro percorso da solo non sta in piedi” (proprio perché manca questo piano delle attrezzature religiose) e spetterà al prossimo sindaco “decidere come affrontare il problema”. “Ci aspettiamo che il Comune porti a compimento il percorso iniziato -ribatte Piccardo-. Altrimenti dovremo tutelare i nostri diritti nelle sedi giudiziarie. A noi non interessano le polemiche politiche, stiamo ai fatti e agli atti amministrativi. Abbiamo partecipato a un bando pubblico, l’abbiamo vinto perché abbiamo i requisiti richiesti. Il bando è stato emanato prima della legge antimoschee della Regione, legge che comunque ora non è in vigore”.

“Il bando chiedeva una documentazione molto precisa sulla tracciabilità dei fondi -sottolinea Piccardo- e premiava chi era in grado di presentare un progetto di luogo di culto aperto alla cittadinanza, inclusivo e gestito da realtà capaci di dialogo interreligioso. Con le polemiche di questi giorni di fatto si sta ancora ostacolando il diritto della comunità islamica ad avere luoghi di culto. Se tutto viene rimandato alla prossima giunta, quanti anni ci metteremo ancora? Se naufraga il percorso fatto finora con il bando, il messaggio che si dà ai cittadini è che non c’è altra strada che l’informalità. Milano vuole candidarsi ad essere la capitale europea dei luoghi di culto informali?”

Davide Piccardo replica anche alla Comunità ebraica, che proprio ieri ha diffuso una nota in cui esprime preoccupazione “che dal bando attuale, realizzato con le migliori intenzioni, possa emergere chi meglio adempie alle richieste burocratiche e economiche, che non necessariamente rappresenterebbe l’islam inclusivo e aperto di cui Milano ha bisogno”. “Contesto alla comunità ebraica sia il metodo che il merito -afferma Davide Piccardo-. Per quanto riguarda il metodo, la comunità ebraica si permette di esprimere dubbi su un’altra comunità religiosa che in questo momento è priva di diritti. Loro li hanno, noi no. Mi aspetterei da loro solidarietà, soprattutto ora che siamo sotto attacco da più parti. Sul merito, non si può non leggere in quelle parole un attacco diretto al Caim, visto che siamo noi ad aver vinto il bando. Ma noi rispondiamo con i fatti. E i fatti sono che abbiamo partecipato ad un bando pubblico: a meno che non si vuole contestare anche l’autorevolezza della commissione che ha valutato le domande, noi abbiamo i requisiti. Inoltre abbiamo sempre preso posizioni nette contro ogni forma di violenza e integralismo. Il nostro è un progetto in partnership con la Fondazione Feltrinelli, con Arci e con altri soggetti della città. Se poi la comunità ebraica ha notizie o informazioni su rischi o pericoli che sta correndo la città, vada in procura a fare una denuncia. Non faccia comunicati che lanciano accuse generiche”. (Agenzia Redattore Sociale)