Bassetti: “No-vax? Ci sono in tutti i partiti, anche nel governo. Ma Meloni ha difeso i vaccini”
Per Matteo Bassetti il virus di oggi sarebbe giusto chiamarlo “Covid 22”, visto quanto è cambiato. E la commissione d’inchiesta va bene ma a patto di non essere una caccia alle streghe: sono alcuni degli argomenti toccati nella video intervista all’agenzia Dire
“Posizioni no-vax ci sono in tutti i partiti e va anche bene”, ma il presidente del consiglio Giorgia Meloni, proprio di recente, “ha difeso i vaccini”. Lo ha detto il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, durante un’intervista video rilasciata in esclusiva alla Dire, in cui ha toccato diversi argomenti, dal ‘nuovo’ Covid alla scelta del governo di riammettere in servizio il personale No vax.
Il virus di oggi? È ormai cambiato e “sarebbe opportuno chiamarlo Covid-22”, dice l’infettivologo, che pensa che una eventuale Commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia avrebbe senso “solo se non indirizzata a logiche persecutorie”, ma per evitare di commettere gli stessi errori. Il più grave commesso? Senza dubbio “la chiusura delle scuole oltremisura”, dice Bassetti. E interpellato infine sul perché, tra tutti gli esperti del settore, sia tra i più odiati (ma anche tra i più amati), dice: “Sono un uomo libero e ho preso sempre posizioni molto nette”.
Dal 2019, inizio della pandemia, sono passati più di tre anni. Qual è oggi la situazione?
“La situazione è profondamente diversa rispetto a quella che avevamo mille giorni fa, da quando abbiamo iniziato a parlare del Covid. Oggi il virus è completamente diverso, è parente stretto di altri virus che causano infezioni respiratorie e, per fortuna, si è evoluto in meglio per due fattori: il primo è sicuramente la vaccinazione di massa che c’è stata, con 13miliardi di dosi di vaccino in un mondo che conta 8 miliardi di persone; il secondo è che il Covid appunto è mutato e la ‘galassia’ omicron (arrivata circa un anno fa) ci permette di dire che quel virus, che un tempo correva così velocemente nelle vie respiratorie basse, oggi è meno aggressivo e lungo il suo tragitto trova non più una strada libera ma tante ‘curve’, cioè anticorpi”.
Sarebbe d’accordo per cambiare nome al Covid-19?
“Credo che sarebbe giusto chiamarlo in maniera diversa, come virus influenzale, parainfluenzale o meglio ancora ‘Covid-22’; d’altronde non si tratta più dello stesso virus, la variante omicron è parente stretto del virus di Wuhan ma è un altro virus, anche un non addetto ai lavori se ne rende conto”.
Storicamente il Covid ha sempre ripreso forza nei mesi più freddi dell’anno. Come immagina il prossimo autunno inverno?
“Il clima incide molto poco su questo virus. Prima dell’estate, tra le più calde degli ultimi 100 anni, abbiamo avuto un milione di contagi al giorno. Questo vuol dire che del caldo e del freddo questo virus se ne ‘fa un baffo’. Piuttosto, ora che andiamo incontro alla stagione fredda, può essere un problema la coabitazione del Covid con altri virus, come quello influenzale o sinciziale. Il freddo porterà evidentemente ad un aumento della patologia da virus respiratori e alcune regioni, pensiamo ai numeri impressionanti registrati in Piemonte, sono già alle prese con l’influenza. La verità è che noi, così come abbiamo cercato il Covid, dovremmo alla pari cercare anche gli altri virus, spiegando alle persone che il Covid-22 è veramente molto simile o addirittura inferiore agli altri virus”.
Sembra che il Governo voglia istituire una Commissione d’inchiesta sul Covid. Che ne pensa?
“Se per Commissione d’inchiesta si intende andare a guardare che cosa abbiamo fatto di giusto e cosa di sbagliato per evitare di commettere gli stessi errori in futuro ha un senso; se invece si intende mettere qualcuno alla gogna secondo me non è del tutto corretto, non dobbiamo seguire logiche persecutorie o inquisitorie”.
In questi anni si sono succeduti governi, regole e divieti. Quale scelta dell’esecutivo avrebbe assolutamente evitato?
“Nella gestione della pandemia ci sono state luci ed ombre. In alcune situazioni l’Italia è arrivata prima rispetto al resto del mondo occidentale, poi è vero che ci sono stati errori iniziali, ma perdonabili. Un altro discorso lo meritano invece alcune misure prese nella seconda parte del 2020 e poi nel 2021. Penso alla chiusura delle scuole, molto più lunga rispetto a quanto avvenuto in altri Paesi a noi vicini e con sistemi sanitari simili, come la Francia. Ecco, la chiusura delle scuole oltremisura è stato sicuramente un errore che non deve essere ricommesso. Poi il prolungamento del lockdown, del coprifuoco o di altre restrizioni, che probabilmente avremmo potuto alleggerire prima. Non dimentichiamo le mascherine, le abbiamo utilizzate obbligatoriamente più di ogni altro Paese in Europa e nel mondo, eliminandole solo da pochi mesi. Infine i tamponi, che ancora oggi vanno fatti per entrare in un pronto soccorso, in ospedale o per fare una visita ginecologica, ma che francamente sono anacronistici”.
Per la sua posizione a sostegno dei vaccini ha subito come molti medici minacce e offese da parte di no-vax. Continuano anche oggi?
“Le minacce sono state molto forti tra la seconda parte del 2021 e parte del 2022, adesso devo dire che fortunatamente si sono un po’ alleggerite. Questo anche perché, probabilmente, molte di queste persone hanno capito che né io né il mio avvocato scherziamo: sono state rinviate a giudizio decine di persone, qualcuno si è visto bussare i gendarmi a casa e addirittura per qualcuno è stata chiesta la custodia cautelare in carcere, anche se poi il gip ha deciso di dare divieto di avvicinamento. Queste persone devono rendersi conto che non è con la violenza, l’insulto o la minaccia di morte che si ottiene qualcosa. Se io, come la maggioranza dei medici italiani, mi sono speso per le vaccinazioni è perché credo nella scienza, nei risultati della sperimentazione scientifica e in generale nei buoni risultati che i vaccini, non solo gli anti-Covid, hanno portato in Italia e nel mondo. Se noi oggi siamo dove siamo lo dobbiamo per il 90% ai vaccini, senza non sarebbe stato possibile e non avremmo (praticamente) azzerato la mortalità. Credo allora che questa contrapposizione non serva a nessuno e che dividersi tra ‘pro’ e ‘contro’ sia profondamente sbagliato”.
Qualche giorno fa il sottosegretario Gemmato, in una diretta televisiva, ha espresso perplessità sull’efficacia dei vaccini. Successivamente ha poi chiarito la sua posizione di totale favore ai vaccini. Come commenta?
“Gemmato è un farmacista, quindi un sanitario, che mi risulta in passato essersi speso per le vaccinazioni. Credo che le sue dichiarazioni probabilmente siano state in parte fraintese in parte decontestualizzate, forse si è spinto anche a dire delle cose che però il giorno dopo ha smentito. Le persone intelligenti si riconoscono anche perché ammettono di aver commesso un errore nella comunicazione, quindi credo che il capitolo sia ampiamente chiuso”.
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Pensa che in questo governo ci siano posizioni no-vax?
“Credo che le posizioni no-vax siano un po’ in tutti i partiti, non solo all’interno di questo governo. E va anche bene che ci siano, non trovo neanche giusto avere un pensiero unico. L’importante è che queste posizioni non siano maggioritarie e che ci sia una forte contrapposizione scientifica, come sono certo avvenga in questo governo. Cito la senatrice Licia Ronzulli, colei che ha portato avanti la legge sull’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, e che oggi fa parte a tutti gli effetti dell’esecutivo. Dire che questo è un governo no-vax è sbagliato, probabilmente al suo interno ci sono delle componenti no-vax, ma la posizione presa proprio pochi giorni fa dal presidente del consiglio Giorgia Meloni, che ha detto che se siamo usciti dalla pandemia è grazie ai vaccini, credo sia molto chiara e netta. Mi auguro che si prosegua in questa direzione”.
L’attuale governo ha deciso di anticipare il rientro dei medici no-vax negli ospedali. Pensa sia stata una scelta giusta?
“Dal punto di vista epidemiologico il virus è molto cambiato e per la componente non medica, cioè operatori sociosanitari e infermieri, è stato giusto pensare ad un reintegro. Detto questo, personalmente li avrei fatti rientrare ma nei reparti a basso rischio, ma a basso rischio per loro e non per i pazienti, nel senso che in un reparto di malattie infettive, di pneumologia o di rianimazione è meglio che l’operatore, per la sua protezione, sia vaccinato. Discorso a parte vale per i medici: in Italia siamo quasi 400mila e di questi 398mila sono vaccinati, mentre quelli che non lo hanno fatto sono una percentuale talmente piccola (tra lo 0,6% e lo 0,7%) che francamente lo ritengo un problema più di tipo deontologico. Un medico che non si vaccina è un medico che non riconosce i benefici della penicillina, degli antitumorali, o di altri farmaci che hanno salvato vite a questo mondo, quindi non è un medico. Penso che su questo sia allora necessaria una riflessione attenta a livello ordinistico”.
Lei ha mai pensato di fare il ministro della Salute? E soprattutto, avrebbe voluto?
“Il ministro Schillaci è una persona competente, attenta e che conosce le istituzioni, quindi credo che scelta migliore non si potesse fare. Quanto a me, nessuno me lo ha mai chiesto, ma essendo un uomo dello Stato, perché lavoro per un ospedale pubblico e per un’università pubblica, sarei stato evidentemente onorato e lusingato di poter fare il ministro della Salute. Allo stesso tempo sono contento che in quella posizione ci sia una persona come il ministro Schillaci, che gode del consenso di tutta la componente medica. Sinceramente non ho nessun tipo di rimpianto ma soltanto la voglia, se ci sarà la possibilità, di poter collaborare con questo ministro. Mi auguro che nel nuovo governo ci sia pluralismo, perché la critica più grande che rivolgo al precedente governo è proprio la mancanza di pluralismo. In particolare, per quanto riguarda il ministero della Salute, di pluralismo ne ho visto poco. Nonostante io sia stato molto presente sulla scena medica negli ultimi tre anni, curando al San Martino, insieme ad altri validissimi colleghi, quasi 5mila persone, nessuno mi ha mai chiesto un parere a livello ministeriale. Oltre ad essere un medico, sono anche un professore universitario di Malattie Infettive e presidente di una società scientifica con quasi mille associati, per cui mi è un po’ dispiaciuto di questo non pluralismo delle idee, che però sono certo non mancherà nel governo Meloni”.
Ma perché Bassetti è così odiato ma anche così amato?
“Sono un uomo libero e questo, in un Paese in cui non tutti sono così liberi, da una parte mi fa odiare dall’altra amare. Ho sempre preso delle posizioni molto nette e questo tipo di posizioni o piacciono molto o non piacciono per niente. Non so se sono più amato o più odiato, non mi interessa, però sicuramente sono diventato, come si dice, un persona ‘top’ e la maggior parte di quelli mi riconoscono per strada, a parte qualche cretino che mi insulta, mi ringrazia in quanto rappresentante del mondo sanitario e per aver salvato la vita, come moltissimi altri colleghi, a tante persone”.
La sua immagine, come quella di altri virologi, in questi anni ci ha fatto compagnia, rassicurato e informato. Ora ci lascerete soli?
“Se lasciarvi soli vuol dire abbandonare quel Covid che ci ha purtroppo messo sotto tante volte sarei contento di farlo; dopodiché credo che le persone abbiano anche apprezzato i volti dei medici in televisione, perché hanno portato in alto il sistema scientifico e culturale del nostro Paese ed è giusto continuare a tenerli in considerazione. Io continuerò a fare quello che ho fatto in questi tre anni, magari in forma diversa, perché penso che la divulgazione scientifica sia qualcosa di molto importante anche per mettere un freno alle fake news e alle bufale. E penso che gli italiani, almeno la maggior parte, abbiano voglia di sentir parlare di medicina da parte di chi la medicina la conosce”. (Agenza DIRE)