Bioetica e scelte professionali: convivere con la complessità anche in terapia intensiva
Come si affronta la complessità e l’incertezza? E soprattutto: quali sono i confini (così labili) tra queste due situazioni?
Quanti sono i quesiti giuridici, deontologici ed etici che accompagnano l’atto medico, quando è riferito all’ambito anestesia-rianimazione e terapia del dolore? E come si affrontano le “criticità decisionali” di quel setting sanitario? In una delle sessioni di apertura di ICARE 2022 (76°congresso di SIAARTI), Bioetica clinica: quello che serve davvero sapere, sono state approfondite queste domande, con gli interventi di Alberto Giannini (Fondamenti di etica clinica), Marco Vergano (A mio agio nel disagio: decidere in condizioni di incertezza) e Anna Chiara Marra (Dilemmi e scenari di vita reale) e la moderazione di Giovanni Mistraletti.
Autonomia, beneficialità, apropriatezza, gravosità, proporzionalità del mezzo di cura: tanti sono i valori e gli argomenti emersi ma, come sottolineato nella sessione, come può il professionista sentirsi “a suo agio nel disagio” che nel caso delle decisioni in terapia intensiva è sicuramente una parte del vissuto degli operatori sanitari? “L’anestesista rianimatore si muove quotidianamente in un ambiente in cui è chiamato ad affrontare situazioni complesse o molto complesse”, risponde Marco Vergano, “Le decisioni sono talvolta collegiali, ponderate e condivise, talvolta sono prese in solitudine, sotto il peso di una vera decision pressure. Inoltre, gli aspetti tecnici ed etici della pratica clinica sono inscindibili, ed entrambi contengono elementi di incertezza”.
Come si affronta quindi la complessità e l’incertezza? E soprattutto: quali sono i confini (così labili) tra queste due situazioni? “Non è sempre facile distinguere la semplice complessità da altri tipi di incertezza: quest’ultima può essere compressa o ridotta, ma quasi mai eliminata. Imparare a riconoscerla, tollerarla, comunicarla e insegnarla è un processo fondamentale per evitare che le incertezze prognostiche o valoriali portino a una paralisi decisionale”.
Tornando ad un difficile periodo storico recente, occorre ricordare che proprio in periodo COVID.19 la SIAARTI ha proposto le sue “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”, a cui lo stesso Vergano ha lavorato in prima persona. Le Raccomandazioni (uscite più tardi in una seconda formulazione) sono state riferimento per gli specialisti di tutto il mondo, posizionando SIAARTI al centro dell’attenzione professionale ed etica.
Ma dopo il periodo Covid e quelle Raccomandazioni cosa è cambiato nella quotidianità ospedaliera? Saremo “eticamente” pronti nel caso dell’affronto di nuove emergenze? Risponde Vergano: “Le ondate pandemiche del 2020 e 2021 hanno esposto la fragilità di molti sistemi sanitari e hanno posto su larga scala, per la prima volta nei paesi occidentali, il problema dell’allocazione di risorse, con uno spostamento da un’etica tradizionale (curante-paziente) a un’etica di comunità. Tra i principi tradizionali dell’etica medica, la giustizia ha acquisito un peso e una visibilità senza precedenti nei confronti dei più tradizionali principi di beneficenza, non maleficenza e rispetto per l’autonomia”. “Sicuramente gli aspetti di etica clinica e organizzativa della nostra professione hanno avuto grande risalto tra i colleghi – conclude Marco Vergano – così come il lavoro dei rianimatori è uscito dall’ombra per una larga parte della popolazione. Il progressivo ritorno a condizioni pre-pandemiche sta riportando gli ospedali a dinamiche abituali. Molto è stato teorizzato, dibattuto e scritto sull’appropriatezza e sull’umanizzazione delle cure: si spera che buona parte di tutto ciò resti come bagaglio di conoscenza e consapevolezza per il futuro. Sicuramente noi faremo il massimo affinchè la lezione imparata durante il COVID.19, rimanga viva e dia supporto a tutti i nostri colleghi anestesisti-rianimatori, soprattutto ai più giovani, per evitare quel fenomeno di burnout che purtroppo sempre incombe”.