Bologna, da studentato occupato ad ambulatorio per i poveri
BOLOGNA – Prestazioni odontoiatriche per minori e anziani in condizione di fragilità, interventi dermatologici e di oncologia cutanea, attività relative alle malattie sessualmente trasmissibili: sono queste le linee guida del progetto che la fondazione bolognese Cardinal Lercaro intende avviare in via Irnerio 53, dopo avere demolito lo stabile, di cui è proprietaria, oggi lì presente. Si tratta di quell’edificio che nel settembre 2014 era stato occupato e trasformato in studentato dal Cua, il collettivo universitario autonomo, con il nome di Taksim. Edificio sgomberato dopo una settimana, non senza tensioni (duri furono gli scontri tra occupanti e forze dell’ordine). Del progetto si parla in una delibera con cui la Giunta comunale, si richiesta della proprietà stessa, ha avviato l’iter per l’elaborazione di un Poc (piano operativo comunale) finalizzato al recupero dello stabile.
“Già in passato i locali erano stati utilizzati per attività socio-sanitarie, ma attualmente sono in disuso e in stato di degrado – si legge nelle delibera –: inoltre lo stabile di recente è stato occupato senza titolo e oggetto di un provvedimento di sequestro da parte dell’Autorità giudiziaria”. Ora la fondazione ha manifestato all’amministrazione l’interesse per un suo recupero (previa abolizione) per ospitare nuovamente attività socio-sanitarie, “realizzando anche un modesto ampliamento della struttura, di circa 350 metri cubi, per utilizzare in modo più razionale la superficie e soddisfare gli attuali requisiti igienico sanitari”.
Alla struttura potranno accedere persone segnalate dai servizi sociali: gli interventi odontoiatrici, nello specifico, saranno riservati a minori e anziani in condizione di particolare fragilità, che potranno recarsi presso la struttura stessa. In relazione alle competenze disponibili, “la Cardinal Lercaro prevede anche la prestazione di interventi dermatologici e di oncologia cutanea, nonché di interventi relativi a malattie a trasmissione sessuale, sia presso la struttura stessa, sia nelle strutture, anche di bassa soglia, che accolgono persone in condizione di marginalità”.