Brexit, Gran Bretagna via da Europa

ROMA – La Gran Bretagna ha votato per uscire dall’Unione Europea. Al referendum ha votato a favore di questa soluzione il 51,9% dei britannici mentre si sono espressi per il “remain” il 48,1%. “Il popolo britannico ha votato a favore dell’uscita dall’Unione europea e questa volontà sarà rispettata”. Ha detto questa mattina il premier britannico David Cameron, che ha poi sottolineato che l’”economia britannica è fondamentalmente forte”.

“C’è bisogno di una nuova leadership, ci dovrà essere un nuovo primo ministro eletto”, ha spiegato, annunciando la sua intenzione di fare un passo indietro. “Amo questo paese e sono onorato di averlo servito”, ha aggiunto.
Cameron spiega che “servirà entro ottobre”, quando ci sarà l’assemblea del partito conservatore, “un nuovo premier per guidare i negoziati di uscita con l’Unione Europea”.

Analisti e bookmaker. Il risultato del referendum sul Brexit, con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, sconvolge da subito gli equilibri politici in Uk. Un finale che ha preso alla sprovvista analisti finanziari e bookmaker: questi ultimi davano in vantaggio fino a poche ore dalla chiusura dei seggi il “remain”, la permanenza in Ue, a quota 1,20, con il “leave” a 3,80. Esito inatteso per il referendum, mentre adesso appare scontata la nomina di Boris Johnson come prossimo leader dei conservatori, proposta a 1,30. Quote a favore di “Bojo” anche come prossimo premier: le offerte sulle lavagne britanniche per l’ex sindaco di Londra sono a 1,70, a grande distanza tutti gli altri, a partire da Theresa May, fino ad oggi Segretario di Stato per l’Interno, proposta a 4,00 come prossimo leader dei Tories e a 3,50 come Premier. Arduo vedere come prossimo capo di governo un esponente laburista: su Jeremy Corbin si punta a 7,00. Ancora più difficile che la maggioranza, nonostante l’esito del referendum, vada al capo degli “euroscettici” britannici, Nigle Farage: il leader del partito Ukip come prossimo premier, al momento, è una scommessa da 34 volte la posta.

Riunito al Mef in Comitato stabilità. Alle 9.30 si è riunito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze il Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria. La riunione è stata presieduta dal ministro Pier Carlo Padoan, vi hanno partecipato il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il Presidente della Commissione nazionale per le società e la borsa Giuseppe Vegas. Il Comitato ha preso in esame le prime conseguenze del referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea e in particolare ha valutato le condizioni del settore bancario, del settore assicurativo, dei mercati finanziari e del mercato dei titoli di Stato. Il Comitato ritiene che l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea avrà effetti comunque limitati sull’economia reale italiana. La solidità dei fondamentali delle imprese tornerà presto a prevalere sulla volatilità dei mercati finanziari. Il mercato dei titoli di Stato è stabilizzato dai programmi della Banca centrale europea e dal percorso di aggiustamento delle finanze pubbliche perseguito dal Governo. Nonostante le ampie escursioni dei prezzi, l’operatività dei mercati finanziari prosegue secondo le normali modalità. I fondamentali del sistema bancario restano solidi. In un contesto di volatilità generalizzata a livello globale, le autorità seguono con attenzione la situazione.

Le reazioni in Italia. Il presidente del consiglio Matteo Renzi ha avuto conversazioni telefoniche con Angela Merkel e Francois Hollande sulla situazione in Europa dopo l’uscita della Gran Bretagna. Alle 13 ci saranno le dichiarazioni alla stampa nella sala dei Galeoni a Palazzo Chigi.
Molte le reazioni politiche. Tra queste, quella del presidente della Commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi. Che dichiara: “La decisione del popolo britannico apre straordinarie incognite nel futuro dell’Unione e dei suoi Paesi membri e può esaltare in generale i processi di disgregazione nelle istituzioni e nei popoli. L’Italia con il suo grande debito pubblico può essere particolarmente esposta ai molti fattori di instabilità. Ma più in generale avvertiamo la precarietà di tutti i paradigmi fondamentali su cui abbiamo a lungo vissuto. È davvero l’ora della responsabilità repubblicana innanzitutto per le forze politiche di governo ma anche per quelle di opposizione in presenza di atti di apertura delle prime. Qualunque proposta farà l’Italia per la nuova Europa e per il suo concorso alla stabilità globale sarà tanto più ascoltata quanto più sarà sostenuta da una nazione coesa o da larga parte di essa. Di fronte ad un tornante della storia la piccola politica muscolare interna deve cedere il passo alla ricerca di una visione comune, al reciproco ascolto, al desiderio di tutti di essere adeguati al tempo straordinario che viviamo”.

Per la presidente della Camera, Laura Boldrini, “il sì alla Brexit è una notizia grave per tutta l’Europa. Ora si apre un lungo e complesso periodo di negoziati per definire le modalità con le quali la Gran Bretagna si separerà dall’Unione, e c’è il rischio che in parallelo prenda forza la richiesta di altri Stati di uscire o di rinegoziare le condizioni della loro permanenza. Ma la vittoria del ‘leave’ è soprattutto la dimostrazione degli esiti ai quali ha condotto l’europeismo timoroso e incoerente di questi anni, insieme ai disastrosi effetti delle politiche di austerità”.
“Non si può dimenticare, infatti, che per consentire alla Gran Bretagna di restare – prosegue – le erano state fatte concessioni che comunque intaccavano i principi e i valori fondamentali dell’Unione: era stata pericolosamente messa in discussione la libertà di circolazione e l’eguaglianza di trattamento sul lavoro tra i cittadini di un Paese e quelli degli altri Stati Ue, così come il godimento delle stesse prestazioni sociali. Neanche questo è servito”.
“Il referendum britannico – dice ancora – può tuttavia diventare un’opportunità di rilancio della costruzione europea se prevarrà la consapevolezza che è giunto invece il momento di una svolta strategica. Alle grandi sfide del presente – dal lavoro ai flussi migratori, dal terrorismo al cambiamento climatico – può rispondere solo un’Europa politicamente più unita e più forte. I Paesi che non avvertono l’urgenza di procedere verso una maggiore integrazione europea, ma sono disponibili a condividere soltanto il mercato interno, non devono sentirsi costretti in un percorso che non li convince. Però non possono pretendere di frenare tutti gli altri”.

Per Boldrini, infine, “è il momento di lavorare ad un’Europa a due cerchi. Il primo, più ampio, caratterizzato da una dimensione prevalentemente economica, come era la vecchia Comunità Economica Europea. Il secondo, più ristretto, che faccia perno sui Paesi dell’Eurozona, integrato politicamente, con una piena condivisione di responsabilità, la cui anima, superando l’assetto intergovernativo, sia il Parlamento europeo, eletto direttamente con liste transnazionali, che, oltre a fare le leggi, dia la fiducia ad un vero Governo europeo. E’ con questo obiettivoche nel settembre scorso, insieme ai miei omologhi di Francia, Germania e Lussemburgo, ho sottoscritto a Montecitorio la Dichiarazione ‘Più integrazione europea: la strada da percorrere’. Oggi sotto quel testo ci sono le firme di ben 15 Presidenti di assemblee parlamentari di 13 Paesi dell’Unione. Chiediamo attenzione all’impatto sociale delle scelte economiche e puntiamo a costruire un’Unione federale di Stati. Soltanto così l’Europa potrà uscire dalla palude nella quale sta affondando”.

Per Romano Prodi, ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Commissione Europea, “i cittadini non odiano l’Europa, odiano questa Europa. Odiano la gestione di questi anni, odiano una politica che non capiscono”. E continua: “L’esito del referendum britannico è indubbiamente clamoroso ma io oggi dico: calma e gesso. La riflessione importante da fare è che le classi abbienti hanno votato per il ‘remain’ e le classi povere invece per il ‘leave’. Nel mondo, non solo in Inghilterra, le proteste si stanno condensando nei ceti che soffrono per la globalizzazione e l’Europa è vista come una parte di questo processo”.
Per Prodi, “quella britannica se vogliamo è anche una bocciatura dell’idea stessa di Europa così com’è, perchè la gente se vede un’Europa ferma, che rinvia le decisioni, che non si occupa di capire le tensioni e i problemi delle popolazioni dei singoli Stati, inevitabilmente, si allontana. Da anni ormai diciamo che questa politica europea dell’austerità ‘tedesca’ non ci piace e sta rovinando l’Unione”. E conclude: “La bocciatura britannica dimostra come questo malessere sia radicato non nei centri delle città, ma nelle periferie, dove appunto si soffre questa paralisi europea. La decisione britannica potrebbe avere anche forti conseguenze interne, visto che in Scozia e Irlanda del Nord la vittoria del sì all’Europa ha assunto dimensioni cosi elevate da far pensare che possa fungere da trampolino per rivendicazioni autonomiste. Rivendicazioni che potrebbero coinvolgere anche altre realtà europee, come la Catalogna in Spagna.”

Infine Debora Serracchiani, vice segretaria Pd, afferma: “Brexit è il prezzo pagato alla miopia e alla lunga inerzia europea durata troppo a lungo di fronte a fenomeni come le migrazioni e i crescenti problemi sociali. Non sono più segnali, è ultima sirena d’allarme per l’Ue. Poi si torna a Yalta”.
Per Serracchiani “non sono più solo segnali, è una fortissima sirena d’allarme che richiama a dare d’urgenza nuovo senso alla Ue perché non sia più un potere lontano dai popoli. Teniamo i nervi saldi e subito al lavoro: il nostro Paese è solido e – ha concluso Serracchiani – non può permettersi di interrompere la crescita appena avviata”.

Infine Beppe Grillo. “La Gran Bretagna è fuori dall’Unione Europea e Cameron si è dimesso. Lo hanno deciso i cittadini britannici con il referendum. E’ la strada più cara al Movimento 5 Stelle, quella di chiedere ai cittadini un parere sugli argomenti decisivi per i popoli. Nessun governo deve aver paura delle espressioni democratiche del proprio popolo, anzi deve considerare il suo volere come il più autorevole dei mandati”. Così sul blog di Beppe Grillo in un post a firma Movimento 5 stelle, dal titolo “La Ue o cambia o muore”.
“L’Unione Europea deve cambiare – proseguono -, altrimenti muore. Le istituzioni comunitarie, e in particolare la Troika (FMI, BCE e Commissione Europea) devono iniziare a domandarsi dove hanno sbagliato e come possono risolvere l’enorme problema che hanno generato. Ci sono milioni e milioni di cittadini europei sempre più critici, che non si riconoscono in questa Unione fatta di banche e ricatti economici. Pensiamo al caso greco, un Paese ormai al collasso”. (Agenzia Redattore Sociale)

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