Calabria, parte il cammino dei vignaioli artigiani di Cosenza
Nasce in Calabria una rete di imprese di 10 piccoli produttori di vini artigianali della provincia di Cosenza atta a valorizzare e promuovere il territorio dell’Alt(r)a Calabria e i suoi vitigni autoctoni, in particolare il Magliocco.
Protagonisti della realizzazione di questa importante mission sono i Vignaioli Artigiani di Cosenza, che hanno inteso presentare pubblicamente il Manifesto di intenti, letto nell’occasione dall’artista Daniel Cundari, il quale rappresenta la principale direzione tracciata per un cammino comune che metterà insieme competenze e produzioni, azioni di comunicazione e promozione di un’identità culturale che presenta ancora ampi margini di penetrazione e sviluppo.
L’incontro, moderato dal giornalista enogastronomico ed esperto di marketing territoriale, Valerio Caparelli e introdotto dal presidente dei VAC, Eugenio Muzzillo, oltre la partecipazione di molti esperti del settore dell’informazione e degli ambiti produttivi e immateriali che ruotano attorno al mondo del vino, hanno registrato la partecipazione di Angela Sposato, consulente specialista in estetica del gusto, Girolamo Grisafi, enologo ed agronomo ARSAC, Danilo Verta, CEO di Vita Calabra Tours e Demetrio Stancati, presidente del Consorzio Terre di Cosenza. “In un momento in cui il nostro territorio, con il suo Magliocco, sembra restare escluso dal circuito dei grandi mercati nazionali e internazionali – ha esordito il Presidente Eugenio Muzzillo – abbiamo inteso riportare l’attenzione di chi vive e ruota intorno al fantastico mondo del vino, argomentando la nostra vision con l’apporto multidisciplinare di esperti che ci aiuteranno nell’azione di sensibilizzazione attorno a queste singolari e micro realtà produttive che caratterizzano un territorio ricco di numerosi attrattori culturali, naturalistici e storico-religiosi, che sono lo scenario ideale per far gustare e apprezzare nel migliore dei modi il nostro prodotto”.
“Un prodotto che bisogna aiutare a crescere, anche se – come ha affermato nel suo intervento l’agronomo Girolamo Grisafi – la qualità si ottiene quando c’è un mercato che paga. I viticoltori della provincia cosentina ereditano una storia dei vini calabresi che presentava una qualità mediocre, perché si usciva dalle cosiddette cantine sociali. Poi è iniziato un percorso che ha avuto una costante evoluzione positiva, con scoperte importanti, anche se si è partiti decisamente con ritardo. Il Magliocco è un vitigno che può essere considerato moderno, per le qualità intrinseche che detiene, da cui si possono ottenere vini molto colorati con una struttura evolutiva rapida”. Il posto ideale di coltivazione di questo vitigno sono le colline, sui 500 metri, che consente di ottenere un prodotto che riesce a incontrare un consumatore ideale: il perno su cui lavorare c’è e il degustatore potrà godere senza ombra di dubbio del risultato finale che è poi un prodotto vero e genuino.
Al vino non va affiancato, però, solo un lato tecnico ma bisogna lasciargli esprimere il suo lato immateriale con tutta la forza evocativa che porta in sé. “Produrre il vino non è sufficiente se non si tira fuori quello che io definisco “Il vino con…” – ha dichiarato nel suo intervento l’esperta Angela Sposato -. Il vino da solo non basta se non tira fuori dei discorsi. Questo “con” ha a che fare con il territorio, la storia, il suolo ed il sottosuolo, con le radici che diventano pancia e mente del nostro sentire. Tutto ciò aiuta la nostra percezione e la nostra esperienza a connettersi con l’estetica. L’approccio e il gusto devono essere estetica, ricordando sempre che la percezione è individuale, cambiando da soggetto a soggetto in base all’esperienza. Per questo, ciò che conta di più è il sentire, che non sono altro che i nostri sensi. Il grande Perullo dice: Il buono non esiste. Il buono si fa, ovvero si racconta. Ed è proprio nel racconto che si intrecciano linee e si intessono trame dove il buono e il gusto si fanno o diventano fatti…”.
Tutti elementi questi che si possono ritrovare tra i principali riferimenti dell’enoturismo, altro elemento su cui verterà l’azione di promozione della nuova rete di imprese. “Quello che stanno avviando oggi i VAC è una vera rivoluzione copernicana, perché ci permette di fare un viaggio introspettivo in quello che noi siamo. E risiede qui il segreto con cui dobbiamo catturare le attenzioni del viaggiatore. Non è una degustazione di vino quello che dobbiamo fare nelle nostre aziende – ha affermato il destination manager, Danilo Verta, esperto di turismo identitario -, ma una degustazione antropologica del territorio, a partire dalla storia e dai nostri dialetti. La nostra tradizione è la vera leva del perché una persona dall’altra parte del mondo deve desiderare di recarsi in Calabria per degustare il nostro vino. Il legame con il turismo deve proteggere l’identità e deve darci l’opportunità di gridare al mondo che i nostri prodotti autoctoni hanno un valore e dentro questo valore c’è il susseguirsi delle civiltà che hanno voluto tutto questo. Io voglio condividere con i viaggiatori non la destinazione, ma il modo di vivere calabrese, il nostro stile di vita. Se vogliamo andare avanti dobbiamo essere identitari, perché la Calabria è unica e meravigliosa”.
A differenza di luoghi ad alta vocazione vitivinicola, dove la biodiversità è minata dalla presenza di colture altamente intensive, i vigneti presenti nell’Alta Calabria, essendo meno estesi e maggiormente intervallati dalla presenza di vegetazione spontanea, sono un modello virtuoso sia in chiave di sostenibilità che di biodiversità. La Calabria, per quanto abbia un’economia che procede a rilento, ha modo di potersi riscattare nel contesto nazionale offrendo un nuovo modello di sviluppo socio-economico, specialmente attraverso la valorizzazione delle zone interne e rurali, da sempre meno conosciute e nobilitate.
La presenza di queste piccole realtà vitivinicole disseminate nella provincia di Cosenza, che rappresentano dei veri e propri presidi, potranno essere da traino per tutto il comparto economico del mondo vino, e non solo.
“Vedo di buon occhio questa esperienza e la vedo bene perché leggo dell’entusiasmo non indifferente – ha concluso il presidente del Consorzio Terre di Cosenza, Demetrio Stancati -. Voglio ricordare in questa occasione di partenza per i VAC quanto anche il nostro percorso sia stato lungo. È uscita prima una generazione di viticoltori che aveva la necessità di farsi ascoltare esternamente, sia dal pubblico locale sia da quello internazionale. I nostri vini dovevano essere piacevoli. Abbiamo iniziato facendo un’esperienza in cui ci sentiva i figli spuri di una Calabria in cui esisteva solo il Gaglioppo e il Cirò. Alla fine di questo percorso siamo riusciti ad andare avanti e quando abbiamo dato vita alla DOP Terre di Cosenza e abbiamo cominciato a puntare un vitigno, perché la provincia di Cosenza non aveva ancora vitigni riconosciuti, o meglio, ne aveva uno solo, il Pecorello, abbiamo scelto di concentrarci sul Magliocco Dolce, iniziando a lavorare sui vitigni autoctoni. Inutile dire che c’è ancora tanto da lavorare. Oggi bisogna andare un po’ oltre, dobbiamo parlare di territorio ma non del terroir francese: del territorio inteso come cultura, come situazione generale in cui si ha una somma nel vino di ciò che maggiormente può essere esposto. Perché ormai tutti sappiamo quanto il vino ci faccia ripercorrere le emozioni e le sensazioni che abbiamo provato in quel posto preciso”.
Tutti concetti di estrema rilevanza, che i VAC perseguiranno fortemente con le loro azioni, con l’intento principale di innescare sinergie tra piccoli produttori, così’ da sfruttare bene eventuali opportunità commerciali, oltre che per migliorare la capacità di acquisto e per aumentare la cosiddetta massa critica.
Ma per scendere ancor più nello specifico, si tratterà di creare delle relazioni sul territorio tra le realtà di medio-piccola dimensione, prescindendo dalle loro filosofie aziendali e di produzione, che negli anni addietro non hanno mai trovato concretamente spazio nel panorama vitivinicolo calabrese. Ciò al fine di riuscire a dare vita a dei vini che siano davvero espressione del territorio e non meri risultati di scelte politiche, specie perché non ci si riconosce dai vini fino ad oggi disciplinati, con l’intenzione ferma di produrre vini identitari con un occhio attento alla sostenibilità, anche attraverso percorsi lenti che conferiscano valore e riconoscibilità ai nostri prodotti.