Catanzaro: in coma dopo taglio cesareo, chiesto rinvio a giudizio per due medici
CROTONE – Cosa sia successo la notte tra il 6 e il 7 maggio del 2014 nella sala operatoria dell’Ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro, dove Catia Viscomi è entrata in coma mentre veniva sottoposta a un intervento di taglio cesareo d’urgenza per dare alla luce il suo primo bambino, sarà forse un tribunale a stabilirlo. Dopo la richiesta di archiviazione dell’inchiesta cui la famiglia della donna si era opposta facendo continuare le indagini, pochi giorni fa il sostituto procuratore della Procura di Catanzaro, Debora Rizza, ha chiesto il rinvio a giudizio per due persone, il ginecologo Francesco Quintieri e il direttore del Dipartimento Interaziendale di Emergenza e Accettazione-Unità Operativa Complessa di Anestesia e Rianimazione Terapia Intensiva del nosocomio catanzarese, Mario Verre.
Secondo il magistrato, Quintieri, a capo dell’equipe in sala operatoria, non avrebbe vigilato sull’operato dell’anestesista ed avrebbe redatto un verbale post operatorio non corrispondente al reale svolgimento dei fatti. Per questo è accusato di lesioni personali gravi colpose e falso ideologico. Verri, invece, è accusato di omissioni d’atti d’ufficio per aver consentito al medico anestesista di continuare a esercitare la professione, nonostante le ripetute segnalazioni, messe anche per iscritto, che la descrivevano come incompatibile con l’attività di sala operatoria.
Fin dall’inizio, l’attenzione si è concentrata sull’operato del medico anestesista Loredana Mazzei, la cui posizione è stata stralciata in seguito al decesso avvenuto nel 2015. Sarebbe stata lei, infatti, a disattivare gli allarmi acustici di rilevazione dei parametri vitali della donna sottoponendola al grave rischio di subire quelle dannose e irreversibili conseguenze che si sono purtroppo verificate. Durante l’intervento, infatti, Catia Viscomi non ricevette abbastanza ossigeno e l’ipossia prolungata le causò un danno encefalico permanente tale da indurla nello stato di coma in cui si trova ancora oggi.
Ma Mazzei non era sola in sala operatoria. E qualcuno avrebbe dovuto controllare il suo operato. Secondo il magistrato, Quintieri appunto, che in qualità di primo operatore del taglio cesareo d’urgenza, non solo non avrebbe vigilato sul comportamento di Mazzei (pretendendo la riattivazione degli allarmi acustici) ma avrebbe anche alterato la ricostruzione dell’accaduto nel verbale compilato a seguito dell’intervento chirurgico. Secondo quanto ricostruito dal magistrato, la dottoressa Mazzei, subito dopo il parto, si allontanò dalla paziente senza attivare la ventilazione automatica tanto che il massaggio cardiaco fu effettuato da uno specializzando e non da lei, come invece sostiene Quintieri nel verbale post operatorio. Una condotta, quella dell’anestesista, che il magistrato descrive come “non consona all’emergenza” e che già in passato era stata evidenziata tale. Il dottor Fabrizio Gennari, primario dell’ospedale Pediatrico «Bambino Gesù» di Roma – che aveva stipulato un rapporto di collaborazione con l’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro – aveva chiesto proprio a Verre, che Loredana Mazzei venisse con urgenza, sollevata dall’incarico. Inoltre, nel 2012 era stato aperto un procedimento disciplinare nei confronti della stessa Mazzei, procedimento che però Verre archiviò.
Se Quntieri e Verre, difesi dall’avvocato Vincenzo Ioppoli del foro di Catanzaro, andranno a processo lo deciderà il giudice per le indagini preliminari Pietro Carè il 22 dicembre prossimo.
In questi due anni e mezzo, i familiari di Catia non si sono mai arresi.Ora il marito della donna, Paolo Lagonia, il piccolo Aldo e i fratelli Domenico e Giuseppe – che sono parti offese nel procedimento e che sono rappresentate dall’avvocato Giuseppe Incardona del foro di Palermo – possono sperare di ottenere giustizia e soprattutto di poter conoscere finalmente la verità.