Cina: nel rapporto di Amnesty International torture e confessioni forzate
CINA – Il sistema di giustizia penale cinese continua a fare grande affidamento sulle confessioni forzate ottenute mediante torture e maltrattamenti, mentre gli avvocati che insistono a denunciare quanto accaduto ai loro clienti vengono spesso minacciati, intimiditi o persino arrestati e torturati a loro volta.
Questa è la sintesi del rapporto “Cina:nessuna fine in vista“, con cui Amnesty International documenta che le riforme del sistema di giustizia penale, presentate dal governo di Pechino come un passo avanti nel campo dei diritti umani, hanno fatto poco o nulla per cambiare la prassi, profondamente radicata, di torturare le persone sospettate di aver commesso un reato per costringerle a confessare. I tentativi degli avvocati difensori di chiedere indagini sulle denunce di tortura dei loro clienti vengono sistematicamente ostacolati dalla polizia, dagli inquirenti e dai giudici.
“In un sistema nel quale persino gli avvocati possono finire per essere torturati dalla polizia, che speranza possono avere gli imputati comuni?” – ha chiesto Patrick Poon, ricercatore di Amnesty International sulla Cina.
Avvocati di ogni parte della Cina hanno descritto ad Amnesty International le rappresaglie subite quando hanno provato a sfidare le forze di polizia e hanno evidenziato le falle di un sistema giudiziario che consente alla polizia, agli inquirenti e ai giudici di aggirare le garanzie recentemente introdotte per impedire che confessioni forzate determinino ingiuste condanne. Esperti di legge cinesi stimano che meno del 20 per cento degli imputati in procedimenti penali abbia un avvocato difensore.
“Il governo sembra più interessato a evitare l’imbarazzo di una condanna ingiusta che a stroncare la tortura durante gli interrogatori” – ha commentato Poon. “Per la polizia, estorcere una confessione rimane il modo più facile per ottenere una condanna. Fino a quando gli avvocati non saranno liberi di esercitare il loro lavoro senza timore di subire rappresaglie, la tortura resterà dilagante”.
Su 590 casi in cui gli imputati avevano denunciato di essere stati costretti a confessare sotto tortura, solo in 16 casi le prove così ottenute non sono state ritenute valide
Nel suo rapporto, Amnesty International documenta le torture e i maltrattamenti che si verificano durante la fase di detenzione preventiva, tra cui pestaggi ad opera di agenti di polizia o di altri detenuti su ordine o con l’acquiescenza dei primi. Gli altri metodi di tortura denunciati comprendono sedie di contenzione di metallo, lunghi periodi di privazione del sonno, diniego di cibo e acqua a sufficienza e la cosiddetta “asse della tigre”: mentre le gambe del detenuto sono legate strette a un’asse orizzontale, gradualmente vengono aggiunti dei mattoni sotto i suoi piedi, col risultato che le gambe si sollevano sempre più in alto, procurando un intenso dolore alla vittima.
La prossima settimana gli esperti del Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite esamineranno la situazione della Cina. Il governo di Pechino ha sempre sostenuto di “incoraggiare e sostenere gli avvocati nello svolgimento del loro lavoro”, smentendo qualsiasi “rappresaglia” nei loro confronti.
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