Dagli scarti della birra una cura contro i tumori
La prestigiosa rivista Scientific Reports del gruppo NATURE ha pubblicato l’articolo dal titolo “Antioxidant and Antitumor Activity of a Bioactive Polyphenolic Fraction Isolated from the Brewing Process“. L’articolo è il frutto della collaborazione multidisciplinare tra numerosi Docenti dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, in collaborazione con tre strutture del Gruppo Marrelli: la “Tecnologica Research Institute” rappresentata dal suo Dott. Marco Tatullo, e la “Calabrodental”, unitamente alla sezione di ricerca sperimentale del “Marrelli Hospital”, entrambe rappresentate dal Dott. Massimo Marrelli.
La ricerca ha coinvolto settori estremamente interessanti ed attuali, come la nutraceutica e la “waste medicine”, andando ad appurare interessanti novità nel campo della prevenzione oncologica: gli Autori hanno studiato, infatti, le attività biochimiche e biologiche di composti polifenolici ottenuti, attraverso processi di estrazione e purificazione biochimica, dalle acque di birrificazione.
Dunque della birra non si dovrebbe buttare via niente. Già, perché proprio dagli scarti della lavorazione potrebbe arrivare una cura per i tumori e le malattie degenerative, e le acque prodotte durante il processo di birrificazione, che abitualmente vanno perdute, in realtà contengono grandi concentrazioni di polifenoli.
Le proprietà antiossidanti dei polifenoli erano già note, tuttavia, la loro azione a livello mitocondriale ha mostrato inaspettatamente anche una sorprendente attività di inibizione della proliferazione in cellule tumorali metabolicamente attive. La sinergia tra la diminuzione dello stress ossidativo, associata alla riduzione della proliferazione in cellule canceromatose, pone le basi per future strategie terapeutiche sempre più attente alla biologia ed al wellbeing del paziente.
I test condotti in laboratorio hanno mostrato che le cellule tumorali umane trattate con le acque di risulta della birra, si sono letteralmente estinte.
I polifenoli sono sostanze prodotte naturalmente dalle piante per proteggersi e curarsi dalle infezioni, come una sorta di antibiotici ‘verdi’. Sono presenti in frutta, verdura, nel tè verde o nero e nei vini. I processi di conservazione, stoccaggio e cottura alterano le proprietà antiossidanti sino ad annullarne i noti effetti positivi sull’apparato cardiovascolare e sulle patologie legate alla senescenza. Ebbene, queste stesse sostanze (già antiossidanti) potrebbero essere riutilizzate dall’uomo per sfruttarne le funzioni biologiche e farmacologiche, capaci di indurre l’apoptosi (o morte cellulare programmata) delle cellule cancerose.