Dalla Sierra Leone all’Italia: la nuova vita di Alpha, vedovo dopo un naufragio

PALERMOUno sguardo profondo, a tratti malinconico ma pieno di speranza, è quello di Alpha, giovane immigrato della Sierra Leone, che lo scorso 11 luglio è arrivato al porto di Palermo, dopo essere stato soccorso in mare insieme ad altri migranti, con la sua bimba Prospery di appena 2 anni. Alpha che, durante il drammatico viaggio dalla Libia ha perso la moglie, è stato subito accolto dalla Caritas di Palermo. Il giovane, che ha 37 anni, dopo alcuni mesi terribili di sofferenza per la perdita della sua compagna, grazie alla comunità di Falsomiele della chiesa di San Giovanni Maria Vianney, ha riacquistato, gradualmente, forza e voglia di vivere soprattutto per il bene della sua bambina.

“A Palermo ho trovato tante persone che mi hanno accolto con affetto e voluto molto bene – racconta Alpha – aiutandomi in tutti i momenti di maggiore tristezza e difficoltà. Oggi la mia nuova vita continua con Prospery e ringrazio Dio perché non sono solo e lui mi dà la forza di non arrendermi mai. Ho deciso di rimanere a Palermo per il calore che ho ricevuto e che ricevo ogni giorno”.

Alpha, in attesa che la commissione si pronunci a fine mese sulla sua richiesta di asilo, collabora con la cooperativa della fattoria solidale di Ciminna “La carità non finirà mai” nella coltivazione e rivendita di prodotti agricoli. Prospery, invece, oggi ha tre anni (compiuti lo scorso 8 gennaio).

Il giovane con riesce a raccontare alcuni momenti drammatici della partenza dalla Libia per l’Italia in cui ha perso la moglie. “Siamo partiti di notte ed eravamo in tanti – racconta – stipati in un gommone. Ad un certo punto è successo che alcuni si sono alzati e chi guidava il gommone si è arrabbiato cominciando a colpirli. Si è creato così un momento di confusione che ha fatto traballare il gommone facendo entrare acqua. Mia moglie, prima che alcuni migranti litigassero, mi aveva dato in braccio mia figlia che abbracciavo molto forte. Ad un certo punto nella confusione che si è creata non ho visto più mia moglie né sua sorella. Intanto si vedeva già la nave di soccorso ma io con mia figlia aggrappata non riuscivo più a vedere la sua mamma. Qualcuno è caduto in acqua. Poco dopo sono riuscito a prendere mia cognata ma non mia moglie che è rimasta schiacciata dalla calca, soffocata da quella confusione di persone che volevano salvarsi. Alla fine, ho trovato mia moglie ma era già priva di vita. Mia figlia si è salvata perché la stringevo forte a me”. Tra i primi scogli da affrontare per Alpha c’è stato quello di dovere comunicare alla famiglia della moglie che la loro figlia era morta in un tragico incidente. I familiari della moglie non gli hanno creduto subito rivolgendosi in un primo momento alla polizia.

Alpha viveva in Libia da 5 anni insieme alla moglie. Lui lavorava come meccanico mentre la moglie trentenne, conosciuta in Libia, originaria del Ghana lavorava in un albergo di Tripoli. Il suo viaggio per arrivare in Libia è stato altrettanto travagliato. Partito dalla Sierra Leone dove le forze ribelli gli avevano ucciso il padre e il fratello, ha attraversato, la Guinea, il Burkina Faso e il Mali. In ognuno di questi paesi ha lavorato per proseguire il suo viaggio diretto in Libia. In Libia dopo avere conosciuto la moglie, di fede cristiana, decide di convertirsi dall’islam al cristianesimo. “Un giorno alcune persone (integraliste islamiche) con la maschera sono entrate nel posto, dove ero con altre persone, facendo atti di violenza – racconta -. Io sono scappato, ho avuto pure una ferita da taglio e anche mia moglie e mia figlia sono riuscite a mettersi in salvo. Abbiamo deciso allora di partire per l’Italia pagando per me, mia moglie e mia cognata 6 mila denari”.

Oggi Alpha e la sua bambina hanno scelto di rimanere a Palermo. Tra le famiglie ed i volontari che sono stati sempre a loro fianco, c’è una famiglia in particolare che si dedica molto alla sua piccola figlia, preoccupandosi di rispondere a tutti i suoi bisogni. Lo scorso 6 febbraio la piccola si è battezzata nella chiesa del Santo Curato d’Ars con una celebrazione ufficiata dal vescovo Corrado Lorefice. “E’ stato un momento bellissimo – dice emozionato -. Sono molto grato al Signore che attraverso tutte le persone che mi ha fatto incontrare non mi ha mai abbandonato. Oggi mi sento la forza ed il coraggio di ricominciare a vivere per costruire il mio futuro e quello di mia figlia”. In Sierra Leone, invece, è rimasta sua madre che ha sempre aiutato a distanza e a cui manda le foto della bambina. “Mia madre è anziana ed è rimasta sola e mi sono sentito subito responsabile di lei anche quando lavoravo in Libia”.

“Nell’immediato quando è arrivato Alpha al porto con la bambina – aggiunge la responsabile dell’area immigrazione della Caritas, la psicologa Anna Cullotta – ci siamo subito presi carico dell’angoscia di quest’uomo che aveva perso la moglie in circostanze drammatiche. Abbiamo cercato di stargli molto vicino, rispettando il suo stato di sofferenza e sostenendolo, anche in momenti molto forti, come quello del riconoscimento della salma della moglie e del suo successivo seppellimento. Anche la bambina ha trovato in tutto questo tempo delle figure sostitutive importanti che la stanno accompagnando molto affettuosamente”. “Il fatto di avere trovato tutta questa solidarietà umana è stata per lui determinate. Abbiamo aiutato Alpha a rielaborare a poco a poco il suo grave lutto – continua Anna Cullotta – affinchè potesse raggiungere la giusta serenità. Oggi è una persona nuova che, avendo avuto la forza straordinaria di rimettersi in piedi, è in grado di proiettarsi positivamente verso il futuro suo e di sua figlia”. (Agenzia Redattore Sociale)