Dipendenze, giovani a rischio

ROMA – “Delle dipendenze oggi non si interessa più nessuno. Non sono venute meno, si sono normalizzate. Nonostante ci sia un costante aumento legato anche a elementi nuovi, come nuove droghe, azzardo e internet, e un enorme allarme tra giovani e giovanissimi purtroppo non se ne parla. Prova ne è che il governo ad oggi non ha neanche dato una delega specifica alle dipendenze”. Così Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) al termine dei due giorni di incontro con i presidenti e operatori dei 40 centri Fict di tutta Italia conclusasi oggi a Roma e avviata ieri presso la sede dell’Unicef, con la presenza del coordinatore del Dipartimento politiche antidroga, Patrizia De Rose.

Per la Fict, in Italia ormai l’interesse per il tema delle dipendenze è “ridotto ai pochi addetti ai lavori”. E il “mancato investimento governativo nel settore” si fa sentire, spiega un documento della Federazione. “Dopo aver impiegato oltre un anno per eliminare la pesante figura di Giovanni Serpelloni dal Dipartimento per le Politiche antidroga – si legge nel documento – ci si aspettava in tempi brevi il conferimento di una delega politica forte sulle dipendenze, così come più volte promesso. Invece ad oggi, come sappiamo, la delega non è stata conferita ad alcuno, con il risultato di un Dpa che nonostante i meritori e competenti sforzi di chi lo dirige, è sostanzialmente privato di ogni legittimità politica ad agire”. Una situazione, aggiunge la Fict, che potrebbe avere effetti negativi anche sulla preannunciata Conferenza nazionale, attesa ormai da anni. Una conferenza che, se nulla dovesse cambiare, potrebbe non avere “alcun peso o rilievo se non accompagnata da un serio impegno governativo”. Una mancanza di attenzione che all’interno delle politiche sociali sembra essere quella più evidente. “È chiaro che c’è una mancanza di investimento generale nel mondo del welfare – aggiunge Squillaci -. Le dipendenze sono la cenerentola all’interno di un mondo che già è disinvestito di suo”.

Eppure, aggiunge Squillaci, non c’è da star tranquilli per quanto riguarda il mondo delle dipendenze. “L’allarme più rilevante in questo momento è chiaramente quello dei giovani e giovanissimi – afferma il presidente della Fict -. L’intervento immediato è quello in ambito preventivo ed educativo strutturato all’intero delle scuole e delle famiglie. Abbiamo consumatori sempre più giovani. Ormai si parla di consumatori 13enni di sostanze e soprattutto molti di loro non hanno neanche idea di cosa ingeriscono. Parlo delle droghe sintetiche in modo particolare. A questo deve aggiungersi il discorso dell’alcol che tra i giovani è diventato una sorta di elemento di socializzazione”.

Allarmi che, nonostante tutto, non sembrano attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e neanche del dibattito politico. “La paura e la sensazione è che ci sia un disinteresse diffuso – spiega Squillaci -. Sembra che le dipendenze siano quasi un fatto normale. Anche socialmente accettabile. Una volta il tossicodipendente era ben individuabile ed era una persona che in qualche modo era messa ai margini. Oggi chi ha una dipendenza prima di arrivare a distruggere la sua vita e quella di chi gli sta intorno è una persona inclusa, che solitamente lavora o studia”. Per il presidente della Fict si tratta di un problema educativo. “Abbiamo una povertà educativa enorme nel mondo Occidentale e in Italia in modo particolare. Ed è sotto il profilo educativo che bisogna intervenire”.

Al centro della due giorni, però, c’è stata soprattutto un’attenta riflessione sulle attuali e future sfide per una realtà da anni impegnata non solo sul fronte delle dipendenze, ma anche sull’immigrazione, sui minori e sulla disabilità.“Noi rilanciamo la sfida della comunità intesa come connettore di relazioni significative – spiega Squillaci -. Un tempo le comunità terapeutiche erano legate ad un pionieristico volontariato, oggi abbiamo professionisti di livello che lavorano all’interno dei nostri centri, però la vera scommessa è riuscire a mantenere quei valori di riferimento di allora. Il punto è questo: riuscire a trovare il giusto equilibrio tra professionalità e tornare all’essenza dell’intervento nei confronti della persona”. (Agenzia Redattore Sociale)

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