Due papà al Giro d’Italia contro la distrofia
ROMA – Martedì 16 maggio ci saranno due partecipanti speciali alla 10ma tappa del Giro d’Italia: Maurizio Guanta e Antonio Biondi, papà di due bambini con la distrofia muscolare di Duchenne, correranno la cronometro Foligno-Montefalco (39,8 km) con la finalità di sensibilizzare il pubblico sul tema di questa patologia genetica rara. Maurizio ed Antonio fanno parte di Parent Project onlus, l’associazione che raggruppa i genitori di bambini e ragazzi con la distrofia muscolare di Duchenne e Becker, impegnata da 20 anni nel supporto alla ricerca scientifica e nel sostegno alle famiglie che convivono con questa realtà. Percorreranno la tappa affiancati da un amico, Michele Buonasera, un’ora prima della partenza dei professionisti.
Maurizio Guanta, delegato territoriale di Parent Project onlus in Sicilia, coltiva una forte passione per la bicicletta, che coniuga da tempo all’impegno per sostenere la ricerca sulla distrofia di Duchenne e Becker (Dmd/Bmd): un binomio che lo ha portato ad organizzare, nel corso degli anni, numerosi eventi ciclistici di solidarietà nella sua Sicilia, raccogliendo un sostegno ed una partecipazione sempre più vasti e ricevendo in molte occasioni il sostegno di testimonial speciali: Vincenzo Nibali, Giovanni Visconti, Valerio Agnoli, Fabio Aru,Paolo Tiralongo, Mauro Finetto, Damiano Caruso e Salvatore Mancuso.
Spiega Antonio Biondi, a sua volta delegato territoriale di Parent Project in Abruzzo: “Questa è la mia seconda esperienza al Giro. Daremo tutto per i nostri figli, portando un messaggio al pubblico di questa grande vetrina che ci accoglie. Quando si pedala in una cronometro bisogna lottare contro il tempo. Noi dobbiamo fermare in tempo la Duchenne”.
La distrofia muscolare di Duchenne colpisce 1 su 3.500 neonati maschi. È la forma più grave delle distrofie muscolari, si manifesta nella prima infanzia e causa una progressiva degenerazione dei muscoli, conducendo, nel corso dell’adolescenza, ad una condizione di disabilità sempre più severa. Al momento, non esiste una cura. I progetti di ricerca e il trattamento da parte di un’équipe multidisciplinare hanno permesso di migliorare le condizioni generali e raddoppiare l’aspettativa di vita dei ragazzi. (Agenzia Redattore Sociale)