Ecco il carcere del futuro

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ROMA – E’ un documento di 98 pagine che ne sintetizza più di mille la relazione finale degli Stati generali sull’esecuzione penale, il complesso lavoro di ricerca voluto dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per ridisegnare il nuovo volto del carcere. Online da oggi sul sito del Ministero, traccia la rotta per un nuovo modello di esecuzione della pena raccogliendo indicazioni, proposte e criticità individuate in 7 mesi di studio dai 200 professionisti chiamati a raccolta per scandagliare il complesso universo penitenziario.

Dignità e diritti: si parte da qui. La pena non deve consistere mai, qualunque essa sia e per qualunque reato venga inflitta, “in trattamenti contrari al senso di umanità” . Durante l’esecuzione della pena (e anche della custodia cautelare) è vietata “ogni violenza fisica e morale sulla persona sottoposta a restrizione di libertà. Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Parte dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, toccando tutti i nervi scoperti dell’esecuzione penale italiana (dall’ergastolo alle condizioni di vita nelle carceri, dal senso della pena al significato dei termini “rieducazione” e “reinserimento”, alla parziale applicazione delle misure alternative), la relazione firmata dal Comitato di esperti, coordinato da Glauco Giostra (università Sapienza).

A quasi un anno dall’avvio dei lavori, le proposte arrivate dai 18 tavoli tematici dicono che, affrontato il problema sovraffollamento, si respira un’aria nuova, ma anche che c’è ancora molto da fare.  Basti ricordare “il diminuito, ma sempre troppo alto numero di suicidi e di gesti autolesionistici, gli episodi di violenza e di sopraffazione, le carenze igieniche e la sostanziale inadeguatezza dell’assistenza sanitaria, l’amputazione della dimensione dell’affettività, l’assenza di privacy, l’endemica mancanza di lavoro intra ed extra murario, la frequente de-territorializzazione della pena, l’aumentato, ma ancora insoddisfacente, ricorso alle misure alternative, le carenze dell’assistenza post-penitenziaria, l’elevata percentuale dei casi di recidiva” a cui si affiancano costi di gestione molto onerosi per la collettività.
Il quadro che emerge dal documento rovescia completamente la prospettiva: aggredisce la visione di un “carcere percepito come la soluzione per tutti i problemi e le paure sociali” e approda “all’intera esecuzione penale come problema sociale”. Dando il via a una rivoluzione che parte dall’alto e attacca le fondamenta stesse del sistema.

“Con tutti gli inevitabili limiti, quello che consegniamo oggi è un disegno di grande respiro e profondamente incisivo – ha spiegato Glauco Giostra nel corso della cerimonia conclusiva degli Stati generali – eppure anche congenitamente fragile, se non sarà accompagnato e sostenuto da una diversa cultura sociale della pena.  Molti penseranno che ci sia una forte componente utopistica nel ritenere che questa crisalide degli Stati generali si possa schiudere presto e compiutamente e farsi norme, organizzazione, struttura, professionalità, mentalità. Confidiamo che il futuro dissolva questa preoccupazione. Di certo, comunque vadano le cose, quello degli Stati generali non resterà mai un lavoro inutile. “L’utopia – diceva Edoardo Galeano, grande intellettuale scomparso esattamente un anno fa – è come l’orizzonte. Cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana dieci passi. E allora a che cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”. Oggi abbiamo indicato la direzione”. (Agenzia Redattore Sociale)

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