Ecco le differenze tra assegno di mantenimento e assegno divorzile
“C’è da rilevare come separazione e divorzio implicano uno stato di fatto e di diritto completamente diversi, poiché i coniugi separati restano, fino alla pronuncia del divorzio, marito e moglie”. Questo quanto è fatto rilevare dalla presidente della Sezione distrettuale di Catanzaro dell’associazione degli Avvocati Matrimonialisti Italiani, Margherita Corriere.
La decisione della Corte di Cassazione n. 11504 del 2017, che di recente ha sentenziato sull’assegno divorzile, è ben diversa dalla sentenza n. 12196 della prima sezione civile della Cassazione, dello scorso 16 maggio, la famosa sentenza sul caso Berlusconi.
Infatti, questa sentenza non riguarda l’assegno divorzile, bensì l’assegno di mantenimento in corso di separazione. E infatti, come osserva la Suprema Corte, c’è una profonda differenza tra il dovere di assistenza materiale tra coniugi nell’ambito della separazione personale e gli obblighi correlati alla solidarietà post coniugale nel giudizio di divorzio.
Durante la separazione rimane il vincolo coniugale, e con questo il dovere di reciproca assistenza, con l’effetto che il coniuge economicamente più debole ha diritto a vedersi garantito il tenore di vita goduto anteriormente.
Pertanto, nella separazione sul coniuge più abbiente, permane il dovere di assicurare all’altro lo stesso tenore di vita tenuto in precedenza. È per questo motivo che la Suprema Corte ha confermato la sentenza con cui la Corte d’appello di Milano, nel 2014, aveva quantificato l’assegno mensile di mantenimento a favore di Veronica Lario, in due milioni di euro, riducendolo rispetto ai tre milioni stabiliti dalla sentenza di separazione emessa dal Tribunale di Milano.
Al contrario, il divorzio recide, in modo definitivo, i rapporti tra i coniugi, compresi quelli di carattere economico e patrimoniale.
In tal senso, la sentenza della Cassazione n.11504/2017 dà una svolta epocale per l’attuazione di una concreta parità nell’ottica della ratio socio-giuridica dell’assegno divorzile, adeguandosi al contesto normativo europeo, in aderenza all’art. 12 della CEDU e all’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Cambia il parametro da cui dipende l’assegno divorzile: non sarà più rappresentato dal tenore di vita matrimoniale, bensì , in conformità alla sua natura assistenziale , si baserà sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che ne richieda la corresponsione.
Sostiene, infatti, la Corte che “una volta sciolto il matrimonio civile o cessati gli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso, il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sul piano sia dello status personale dei coniugi, sia dei loro rapporti economico-patrimoniali”.
Pertanto, viene a cadere quel reciproco dovere di assistenza morale e materiale sancito dall’art. 143 secondo comma c.c. e, di conseguenza, il diritto all’assegno divorzile, previsto dalla normativa vigente, è condizionato all’accertamento giudiziale della mancanza di mezzi adeguati dell’ex coniuge richiedente o, comunque, dell’impossibilità dello stesso di procurarseli per ragioni oggettive.
La Corte precisa che la ratio del diritto all’assegno divorzile è prettamente assistenziale e si basa sul dovere costituzionalmente garantito di solidarietà economica (ex art. 2 della Costituzione correlato al suo articolo 23) il cui adempimento è richiesto a entrambi gli ex coniugi “ uti singuli”, a salvaguardia della persona economicamente debole, derivante dalla solidarietà ex coniugale.
Il parametro di riferimento per verificare se sussista o meno il diritto all’assegno divorzile va individuato nel raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente: se è accertato che è economicamente indipendente o è in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il corrispondente diritto.
Secondo la Suprema Corte, infatti, il parametro del tenore di vita si scontra con la natura stessa dell’istituto del divorzio e con i suoi relativi effetti giuridici: con la sentenza che sancisce il divorzio il rapporto matrimoniale si estingue in toto, sia sul piano personale che su quello economico-patrimoniale; pertanto, il parametro del tenore di vita matrimoniale finirebbe con il sancire una “indebita ultrattività” del vincolo matrimoniale, producendo il risultato aberrante di procrastinare sine die il momento della recisione degli effetti economico-patrimoniali del vincolo coniugale .
È una sentenza che tiene conto del mutamento dei tempi e delle condizioni socio-economiche della nostra epoca, ma soprattutto del fine essenziale del rapporto di coniugio, che deve essere in primis comunione di intenti e condivisione di vita e non può essere considerato una mera opportunità di sistemazione economica su cui si possa adagiare uno dei due coniugi. (Comunicato Stampa)