“Il diaconato alle donne? E’ possibile!”: lo spiega don Vinicio Albanesi
ROMA – Diaconato alle donne: sì o no? Il dibattito nella Chiesa cattolica si è aperto dopo il Concilio Vaticano II (che ha ripristinato il diaconato degli uomini sposati e celibi come condizione permanente, non più solo come periodo precedente all’ordinazione sacerdotale), ma è tornato sotto i riflettori lo scorso anno con la decisione di papa Francesco di istituire una commissione di studio a riguardo: ne ha parlato il 12 maggio, l’ha formata il 2 agosto e i lavori sono cominciati il 25 novembre. Storici e biblisti indagano nel passato e rintracciano la presenza delle diaconesse nelle comunità del primo millennio, soprattutto in Oriente, anche se il loro impegno (a fianco delle battezzate, dei poveri, dei malati) non risulta chiaro dai documenti a disposizione. I teologi indagano, ma la figura in sé del diacono resta problematica e mancano anche chiari pronunciamenti giuridici in proposito. Insomma, non sono pochi i nodi da sciogliere, come spiega don Vinicio Albanesi nel volume “Il diaconato alle donne?: È possibile! (Saggi)”, edito da Ancora e nelle librerie dal 23 febbraio.
Fin dal titolo don Albanesi, docente di diritto canonico presso l’Istituto teologico marchigiano e vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico regionale, si schiera a favore di questo ministero ecclesiale alle donne, precisando con chiarezza: “Il diaconato non fa parte del ministero sacerdotale. E` connesso con il sacramento dell’ordine in modo indiretto e imperfetto. Infatti non e` concessa al diacono nessuna azione propriamente sacerdotale”. Sembra una diatriba fra addetti ai lavori, una questione che può appassionare solo chi è addentrato nelle dispute teologiche, ma non è così: nella questione viene messo in gioco il ruolo della donna nella compagine ecclesiale. Gesù, infatti, era circondato da donne, sostenuto da discepole facoltose, seguito fin sotto la croce da alcune di loro. E, fatto cruciale, le prime testimoni della risurrezione di Cristo sono proprio le donne.
Tuttavia don Albanesi, dal ’94 presidente della Comunità di Capodarco, non si sofferma su questi aspetti e rilancia: “La vera posta in gioco del dibattito sul diaconato femminile non e` il riconoscimento anche ecclesiastico del ruolo fondamentale delle donne, quanto il riportare nel cuore stesso della missione della Chiesa il servizio della carità”. E aggiunge: “La donna, nella sua specificità, ha valore quanto l’uomo. La sua dignità e santità va recuperata. Può esser fatta anche concedendo a donne chiamate e preparate il diaconato. Ciò non intacca la dottrina odierna della Chiesa sul sacramento dell’ordine, ma offre una prospettiva che ben si sposa con le indicazioni del Vaticano II, che chiama tutti i fedeli battezzati a costruire la Chiesa santa”. Poi incalza: “L’apertura al diaconato femminile potrebbe significativamente avvenire nel contesto di un Sinodo che affronti il tema della “Chiesa madre”. Sarebbe il luogo adatto per ripensare il valore della testimonianza e del servizio di tutti i battezzati, valorizzando in particolare la grandezza della vita di molte donne e di molte sante. Non e` una sfida, ma il frutto di una doverosa riflessione sul popolo di Dio”. Senza arenarsi, quindi, di fronte ai rischi del “femminismo” o del “clericalismo”. (Agenzia Redattore Sociale)