Il divorzio ”facile” piace
ROMA – Divorzio facile o breve e forse in arrivo il divorzio diretto. Sono diversi i modi per dirsi addio in Italia: il divorzio breve (legge 55/2015), appunto, entrato in vigore a maggio scorso che abbrevia a 6 mesi o 1 anno i tempi della separazione, e quello facile, ovvero la possiilita di non passare attraverso il Tribunale avvalendosi della negoziazione assistita dagli avvocati o del procedimento in Comune, davanti all’ufficiale di stato civile (d.l. n. 132/2014, convertito nella legge n. 162/2014). Cambiamenti intervenuti in poco meno di un anno, che prendono atto di una Italia profondamente trasformata, dove si discute di unioni civili, crescono le coppie di fatto e cinquecento mila coppie separate non sono ancora divorziate. Sulle soluzioni oggi possibili in Italia per spezzare il vincolo matrimoniale al di fuori del tribunale si sono confrontati addetti ai lavori, avvocati, giudici, esponenti del mondo politico che hanno contribuito a realizzare le nuove norme, in occasione del convegno promosso dell’Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minori e della Lega Italiana per il Divorzio breve.
Il gradimento da parte degli italiani dei nuovi istituti c’è, dicono gli esperti (le nuove norme vanno alla grande, sottolinea il presidente di Aiaf Alessandro Sartori), ma non è ancora confortato da cifre ufficiali e nazionali. Appare tuttavia delinearsi una differenza tra grandi città come Roma o Milano, dove prevale la negoziazione assistita dagli avvocati, e i piccoli tribunali e i piccoli paesi dove invece prevale il divorzio facile e la separazione dinanzi all’ufficiale di stato civile. Lo spiega Monica Velletti, giudice della Sezione famiglia del Tribunale di Roma, segnalando alcune tendenze rilevate dall’Istat, seppur ancora in una fase iniziale d’indagine. “E’ enorme il successo della negoziazione assistita su Roma, in poco più di un anno abbiamo avuto 1.000 – 1.200 procedimenti definiti con questo strumento” sottolinea Velletti, secondo cui le separazioni effettuate dinanzi agli ufficiali di stato civile della capitale sono invece 200 o 300 al massimo. Per l’avvocato Marina Blasi, presidente di Aiaf Lazio, “nei centri piccoli l’ufficiale di stato civile è una figura più vicina al cittadino, quindi – ha detto – ritengo che forse il successo maggiore sia dettato anche da questa vicinanza”. E sempre in fatto di numeri va detto che sono ancora parziali quelli relativi all’intervento degli avvocati. Come ha spiegato Blasi, il governo ha chiesto ai Consigli dell’Ordine i dati circa le negoziazioni assistite che sono andate a buon fine, ma non tutti gli avvocati sanno che c’è questa richiesta e dunque non tutti hanno comunicato all’Ordine le pratiche concluse.
Procede l’iter del divorzio diretto. Dopo lo stralcio dell’emendamento sul divorzio diretto, su proposta della stessa relatrice, la senatrice del Pd Rosanna Filippin, la norma ha proseguito l’iter sotto forma di disegno di legge autonomo. Lo ha ricordato la stessa Filippin, riassumento le ragioni di quella decisione, presa in un clima di grande tensione politica, per favorire l’approvazione del provvedimento al Senato della legge sul divorzio breve. “Ho ripresentato il disegno di legge sul divorzio diretto perché continuo ad essere convinta che un solo passaggio, sia pure giurisdizionale quindi con tutti gli elementi di garanzia posti, sia per i cittadini in ogni caso più di garanzia rispetto ad altre forme sicuramente più economiche: l’ufficiale di stato civile costa la marca da bollo, il ricorso e poco più“, ha spiegato. “Ma un procedimento che sia svolto davanti a un giudice, il quale ha la competenza e la preparazione anche per verificare se ci siano effettivamente vizio di consenso o altro, io continuo a considerarla preferibile. Insisto perché la riforma sia completata con il divorzio diretto”. Si tratta della possibilità per i coniugi “con ricorso congiunto” e anche “in assenza di separazione legale” di chiedere lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, superando di fatto i tempi della separazione. Solo però in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o disabili o economicamente non autosufficienti.
I costi sociali. “Il divorzio breve come anche la legge sulle negoziazione assistita sta progressivamente disinnescando o quanto meno sta aiutando a diminuire l’enorme costo sociale che il nostro paese soffre per i fenomeni disgregativi delle famiglie. In una coppia che si disgrega c’è chi sffre di più chi di meno, ma si soffre e se ci sono i figli stanno male e hanno bisogno di servizi”, spiega il presidente di Aiaf Alessandro Sartori. Ma non è un problema solo famigliare. “Si sono rivolti all’ Aiaf – prosegue – tra i grandi imprese due del Veneto e una di Milano e ci hanno chiesto aiuto perché hanno parecchi dipendenti che statoo attraversando pla disgregazione della vita delle proprie famiglie. Questo crea grandi problemi di calo di produttività e di resa della capacità lavorativa dei dipendenti, perché se uno sta male e se va depressione magari manca anche cinque o sei mesi dal lavoro. Non perché non voglia lavorare ma perchè sta male. Queste leggi provvidenziali hanno comincato a fare capire che non serve più così pescare nella visceralità dell’ emotività della disgregazione”.
Per le nuove norme ci vuole un “altro” avvocato. Chi si occupa di negoziazione assistita, ha spiegato Cinzia Calabrese “deve avere una formazione specialistica, non solo con riferimento a quella strettamente giuridica ovviamente, ma competenze relazionali perché nel momento in cui si occupa del conflitto delle persone, deve entrare a piene mani in questo conflitto, che fa un po’ paura. Il compito che ha l’avvocato è proprio quello di aiutare le parte a evitare che questo assuma dei livelli così elevati dai quali poi è difficile anzi a volte impossibile tornare indietro”. Dunque diventa necessaria una preparazione specifica.
Il registro delle negoziazioni assistite. Non è stato previsto come conservare in modo uniforme tutti gli atti di negoziazione assistita che devono essere trasmessi all’ufficiale dello stato civile. La proposta avanzata dagli esperti è quella di prevedere “un registro unico i tenuto dalla Procura.
Chissà che la maggiore facilità di lasciarsi alle spalle un’unione finita in maniera più civlile non faccia riaccendere la passione per il matrimonio. (Agenzia Redattore Sociale)