In coma dopo cesareo, interrogazione parlamentare sul caso di Catia Viscomi

Catia Viscomi

CROTONETra un mese saranno trascorsi già due anni. E mentre si attende che la Procura di Catanzaro faccia chiarezza su quanto avvenuto la notte tra il 6 e il 7 maggio del 2014, quando Catia Viscomi entrò in coma dopo aver subito un taglio cesareo presso l’Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro per dare alla luce il suo primo, desiderato figlio, la sua storia arriva in Parlamento grazie a una interrogazione a risposta scritta indirizzata al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. L’hanno presentata nei giorni scorsi i deputati del Movimento Cinque Stelle, Dalila Nesci e Andrea Coletti, proprio come preannunciato il 20 gennaio scorso da quest’ultimo. Coletti, infatti, accogliendo l’appello rivoltogli via mail da Paolo Lagonia, marito della donna, aveva garantito un suo impegno.

In particolare, i due parlamentari chiedono se, in seguito alla richiesta di una relazione dettagliata inviata dal ministero il 20 gennaio scorso alla Regione Calabria, il ministro abbia già disposto o intenda promuovere, per quanto di competenza, un’ispezione presso l’Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro per verificare perché non venne mai sospesa o licenziata la dottoressa Mazzei e se vi siano stati altri casi in cui il suo comportamento abbia provocato danni o decessi ai pazienti del medesimo ospedale”. Nesci e Coletti ripercorrono la storia di Catia Viscomi segnalando anche le anomalie e le incongruenze riscontrate anche durante le prime indagini svolte dai magistrati del capoluogo, che avevano chiesto l’archiviazione del caso, riaperto grazie al ricorso presentato dai familiari e dal marito della donna.

Innanzitutto “secondo la consulenza tecnica di parte – scrivono i parlamentari – disposta dal pubblico ministero ed affidata ai professori Albarello e Pietropaoli, l’anestesista, dottoressa Loredana Mazzei, è stata ritenuta responsabile di un grave errore sanitario avendo assunto durante il parto cesareo un comportamento contrassegnato di imperizia e negligenza; alcuni mesi dopo, la Mazzei è deceduta. Esistono prove documentali che attestano come la Mazzei, da diversi anni, presentasse un quadro clinico contrassegnato da comportamenti ispirati a un misticismo esasperato, al punto che il dottor Fabrizio Gennari, primario dell’ospedale Pediatrico «Bambino Gesù» di Roma che aveva stipulato un rapporto di collaborazione con l’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, aveva chiesto al dottor Mario Verre, primario del reparto di rianimazione del Pugliese-Ciaccio, che la Mazzei venisse con urgenza, sollevata dall’incarico. Agli atti è emerso che nel 2012 era stato aperto un procedimento disciplinare nei confronti della Mazzei, procedimento che per motivi non chiariti è stato archiviato da Verre”.

Andando poi sull’evento specifico che ha portato Catia Viscomi in coma, sottolineano che “si è verificato all’interno di una sala operatoria nella quale erano presenti altri quattro soggetti professionisti” i quali “hanno rilasciato dichiarazioni che evidenziano circostanze non riscontrate nelle cartelle cliniche, a loro discarico e ad esclusivo sfavore della Mazzei, come se ella fosse stata l’unico soggetto ad avere accesso al monitor di sala operatoria e soprattutto l’unico soggetto a dover vigilare sull’andamento dell’operazione”.

I due deputati vanno oltre e, dunque, evidenziano che “non si è adeguatamente approfondito il comportamento tenuto dai vertici dell’azienda sanitaria, nonché dal primario della rianimazione, Verre (diretto superiore della Mazzei) risultando palese che a causa delle problematiche comportamentali della Mazzei, inibirle di operare in area di emergenza già dal 2012 avrebbe dovuto rappresentare un obbligo inderogabile per il responsabile del servizio. Il contegno omissivo di Verre nonché degli altri chiamati a sospendere la Mazzei, ponendosi come antecedente causale ai fatti succeduti, si appalesa quantomeno fonte di responsabilità autonoma e correlata agli eventi, che di certo non può passare inosservata”.

Intanto tra due mesi circa, scadranno i sei mesi a disposizione dei magistrati per portare a conclusione le indagini. Nell’attesa è necessario che sulla vicenda di Catia Viscomi non cali il silenzio. E soprattutto che la verità, tutta la verità, possa finalmente emergere. Fuori e dentro le aule di un tribunale.

Redazione