In fuga da Boko Haram, richiedenti asilo “sposi irregolari” in Italia
ROMA – Sfuggire ai terroristi di Boko Haram, sfidare le violenze dei trafficanti di esseri umani sulle rotte dei migranti, sopravvivere al deserto e al Canale di Sicilia per giurarsi fedeltà e formare una famiglia in Italia lontano dalla guerra. È la storia di due giovani “promessi sposi” richiedenti asilo nigeriani, Chimiary ed Emmanuel, ospitati nel seminario Arcivescovile di Fermo, che lo scorso 6 gennaio hanno coronato il proprio sogno nella Chiesa di San Marco alle Paludi. Il loro, però, non è stato un matrimonio “regolare”: la liturgia cristiana celebrata da don Vinicio Albanesi nella doppia veste di parroco e di presidente della Fondazione che gestisce la struttura di accoglienza dove sono ospitati i due richiedenti asilo, infatti, è un matrimonio privo di effetti civili poiché i due non possedevano i documenti necessari. Questo, però, non ha impedito ai due di realizzare un sogno maturato nella propria terra, ma minacciato quotidianamente dalla guerra.
Chimiary ed Emmanuel dovevano sposarsi in Nigeria, ma gli attacchi e le persecuzioni sempre più gravi perpetrate dai terroristi di Boko Haram hanno spinto i due ad affrontare le difficoltà del viaggio verso l’Europa. A metterli sulle rotte che attraversano i deserti africani è anche l’arrivo di un figlio e la consapevolezza che la propria terra non è più un posto sicuro in cui vivere, nonostante le nozze programmate. I due, infatti, decidono di partire soltanto due settimane prima del matrimonio. Attraversano il Niger e la Libia, ma il viaggio di migliaia di chilometri attraverso il deserto ha un costo caro di soprusi e violenze. Chimiary perderà il bambino proprio in seguito alle percosse subite in uno di quei lager dove i migranti restano parcheggiati alla mercé di aguzzini senza scrupoli, in attesa di prendere il largo a bordo di un barcone.
I due novelli sposi, però, ce la fanno e sui barconi raggiungono la Sicilia. Da qui vengono trasferiti nelle Marche, a Fermo, nella struttura di accoglienza gestita dalla Fondazione Caritas in Veritate. Ad accoglierli nei locali del seminario Arcivescovile, le Piccole Sorelle Jesus Caritas e i volontari di Croce Rossa che li hanno accompagnati fino in chiesa in un aria di festa. “Lo scambio degli anelli ha consacrato un legame che è stato capace di resistere alle bombe e di sfuggire mille volte a un destino avverso – spiegano i volontari della Croce rossa -. Eppure le parole e gli sguardi delicati di Chimiary ed Emmanuel esprimono con semplicità disarmante i desideri di ogni giovane coppia: vogliono lavorare, vogliono avere dei figli. Hanno voluto ricominciare da qui, e questo momento solenne l’hanno voluto, fortemente”. (Redattore Sociale)