“In Libia migranti uccisi e gettati in una buca”
ROMA – Aquarius, la nave di salvataggio della organizzazione umanitaria italo-franco-tedesca Sos Mediterranee gestita in partnership con Medici Senza Frontiere (Msf), ieri ha tratto in salvo due imbarcazioni in acque internazionali ad est di Tripoli. In totale 251 persone – tra cui 26 donne, 5 bambini sotto i 5 anni e 29 minori non accompagnati – sono state salvate e condotte al sicuro a bordo della nave Aquarius.
Il primo intervento di è avuto alle 6.30 di domenica mattina, quando il centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma (MRCC) ha chiesto alla nave Aquarius di Sos Mediterranee di ricercare attivamente una imbarcazione in difficoltà segnalata a 20 miglia nautiche dalla costa libica, facendo presente che anche la guardia costiera libica, avvertita della presenza di questa imbarcazione, sarebbe potuta intervenire. Dopo aver individuato l’imbarcazione in difficoltà a 24 miglia nautiche dalle coste e in assenza di altre unità navali della zona, ivi comprese quelle delle Guardia Costiera Libica, i soccorritori della nave Aquarius hanno prestato la prima assistenza alla imbarcazione in difficoltà distribuendo giubbotti salvagente alle 116 persone che erano a bordo del gommone. Poco dopo, l’MRCC di Roma ha autorizzato il trasferimento delle 116 persone a bordo della nave Aquarius, dove i naufraghi sono stati presi in carico dal personale medico di Msf, anche nella considerazione dell’urgenza derivante da una importante perdita di carburante al fondo del gommone, che rischiava di causare gravi ustioni alle persone sedute al centro dell’imbarcazione.
Completata questa prima operazione di salvataggio, il MRCC ha poi segnalato alle navi delle Ong presenti nella zona ad est di Tripoli la presenza di una seconda imbarcazione in pericolo. La nave Open Arms, della Ong Proactiva, ha individuato poco dopo il gommone e avviato la distribuzione di giubbotti di salvataggio, collaborando poi al trasferimento, in accordo con l’MRCC, delle 135 persone a bordo della nave Aquarius di SOS MEDITERRANEE.
In totale, le 251 persone originarie del Mali (63), Sudan (61), Costa d’Avorio (39), Egitto (18), Ghana (10) e altri Paesi dell’Africa occidentale e del Corno d’Africa, hanno trascorso la notte al sicuro sulla nave Aquarius. Diversi pazienti sono stati presi immediatamente in carico dal personale medico di Medici Senza Frontiere, per prevenire la possibilità di ustioni dovute alla benzina, trattare la disidratazione e curare le lesioni dovute ai maltrattamenti subiti in Libia. Dopo aver trascorso la notte a bordo della nave Aquarius e ricevuto le prime cure mediche urgenti, i 251 profughi saranno adesso trasferiti a bordo della nave Vos Hestia di Save The Children.
Secondo i racconti delle persone soccorse, le imbarcazioni sarebbero partite da Al Khums, ad est di Tripoli. “Le due operazioni di salvataggio di domenica hanno avuto luogo in acque internazionali ad est di Tripoli, mentre la maggior parte dei salvataggi dall’inizio dell’anno si erano svolti ad ovest di Tripoli, al largo di Sabratha”, ha detto Nicola Stalla, il coordinatore dei soccorsi di Sos Mediterranee a bordo della nave Aquarius.
“Le guardie carcerarie uccidono le persone e le gettano in una buca”. Le persone soccorse testimoniano di una situazione di estrema violenza in Libia: “La frusta, mattina, pomeriggio e sera. Questo è il nostro pasto – ha raccontato a una volontaria di Sos Mediterranee un giovane camerunense di una ventina d’anni che ha trascorso 6 mesi in stato di detenzione in Libia -. I libici ci hanno picchiato tutto il tempo, senza motivo. Ci hanno messo in prigione senza motivo. Le guardie carcerarie uccidono la gente e la gettano in una buca. Chiudono la buca soltanto quando è piena di corpi”.
“Abbiamo tutti sofferto così tanto. Tutte le persone che vedete qui sono passate attraverso tante prove, sono morte dentro da molto tempo, anche le loro famiglie devono credere che siano morti. Oggi è come una resurrezione”, ha continuato il giovane camerunense, che ha detto di aver assistito a una scena di tortura in cui guardie libiche hanno colpito la testa di un prigioniero appeso a testa in giù “come una palla”.
Appello all’Europa: “Ascoltare queste testimonianze prima che sia troppo tardi”. “La prima cosa che raccontano i naufraghi quando arrivano a bordo non è il trauma del viaggio in mare. Quello che evocano, prima di tutto, è quello che chiamano ‘l’inferno libico’: sequestri di persona, stupri, estorsioni di riscatto sotto tortura, abusi e umiliazioni, il lavoro forzato, i mercati di schiavi… I migranti sono in balia di un traffico di esseri umani su larga scala. Sos Mediterranee invita gli Stati europei e mediterranei ad ascoltare queste storie terrificanti prima che sia troppo tardi e che altre persone muoiano in mare mentre cercano di fuggire dalla Libia, o vengano respinte e rimandate nelle mani dei loro carnefici”, ha dichiarato Sophie Beau, vice presidente di Sos Mediterranee.(Agenzia Redattore Sociale)