Indonesia, il combattimento dei galli a Bali

UBUD (BALI) – Li si vede spesso sfilare con fare regale nei cortili delle case e nelle stradine più nascoste. Se si prova a fotografarli, sembra quasi si mettano in posa. Si preparano al loro momento di celebrità, che li vedrà trionfare. O morire. I galli, a Bali, vengono allevati numerosi in quasi tutte le famiglie che possono permetterselo. Ma non sono propriamente animali domestici. Sono galli da combattimento.

 

L’entrata nel Tempio

Il frastuono proveniente dal Pura Desa (tempio del villaggi) di Ubud richiama la nostra attenzione. Leghiamo il sarong in vita, raccolgo i capelli; agli uomini viene fatto indossare l’udeng, il tradizionale copricapo. Tutti passaggi necessari per chi vuole mettere piede in un luogo sacro. Entriamo nel tempio. Decine di uomini ridono, gridano, fumano. Scommettono. Circondano un piccolo ring improvvisato. A terra macchie sangue, svolazzano piume. Due galli giacciono privi di vita poco lontano dal ring, accanto a strani cesti – sembrano delle borse, in realtà – che ne contengono altri vivi. Iniziamo a capire perché quasi in tutte le case che abbiamo visto in giro per Bali c’erano galli rinchiusi in piccole gabbie di legno o vimini a forma di campana. Qualcuno ci spiega che li allevano per poi farli combattere. Guardano il mondo dalle piccole fessure della loro gabbia di legno. Li nutrono per farli diventare forti e li educano all’aggressività. Sebbene in Indonesia sia vietato organizzare incontri tra animali finalizzati alle scommesse, non di rado ci si può imbattere in un evento del genere. Permesso, invece, solo se organizzato per finalità spirituali, come sacrificio di purificazione offerto agli Dei.

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Il Combattimento
Due uomini entrano nell’area di combattimento. Ognuno col suo lottatore. Mostrano con fierezza il loro animale al pubblico, che si divide così in due fazioni, in due tifoserie. I presenti incitano a voce alta il proprio prescelto, mentre ogni padrone fa innervosire il suo gallo, tirandogli con forza le piume dal collo. È un atto di istigazione: più si innervosisce più sarà aggressivo nei confronti del suo rivale. Nel frattempo, dal pubblico arrivano incitamenti ai partecipanti.

Un terzo uomo dà il via allo “spettacolo”. La lotta non avviene solo a suon di beccate: una lama lunga una decina di centimetri è stata fissata con dello spago colorato a una delle zampe e, siccome i due animali tenderanno a saltarsi addosso, uno dei due quasi certamente verrà colpito a morte dall’altro. Se la ferita non dovesse rivelarsi mortale, lo sfortunato pennuto verrà ucciso dal suo stesso padrone. Basterà spezzargli il collo per metter fine alla sua agonia.

Nel frattempo gli spettatori scommettono tra loro. Cinquanta, centomila rupie indonesiane, poco meno di dieci euro. Ci avviciniamo a un piccolo di gruppo di turisti. Cinque ragazzi proveniente da Francia, Canada e Olanda che cercano di capire come poter scommettere. L’atmosfera è frenetica e tutto avviene in modo molto veloce. Il duello dura pochi minuti e poi si ricomincia. I più fortunati ritirano la vincita, gli altri tenteranno ancora.

In un angolo a ridosso del ring, l’unica donna che vedo nel cortile del tempio prepara qualcosa da mangiare. Accanto a lei un anziano signore che mi offre dell’acqua. All’improvviso tutto è finito. Andiamo via un po’ confusi, con una strana eccitazione che ha iniziato a pervadere anche noi. E un dubbio che si insinua nella testa: davvero stavamo divertendoci di fronte alla morte?

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Gli studi antropologici

Fu per primo l’antropologo statunitense, Clifford Geertz*, a studiare come fenomeno sociale la lotta dei galli. Secondo lo studioso “in questi combattimenti non si sfidano galli, ma uomini: l’identificazione psicologica con i propri galli è elevatissima. Questi animali – scrive lo studioso nel libro Interpretazione delle culture – sono espressione non solo della personalità, ma anche di ciò che maggiormente i balinesi ripugnano: l’animalità”. In particolare, il combattimento rappresenta per Geertz una drammatizzazione dei problemi di status fra persone appartenenti a gruppi sociali diversi. Prova evidente di questa teoria, sarebbero per l’antropologo, le scommesse che avvengono durante il combattimento.

La frivolezza – Secondo Geertz, il combattimento dei galli è interessante proprio a causa della sua apparente frivolezza. “Quando ero a Bali – spiega in una intervista – rimasi colpito dal fatto che, a dispetto di tutta la loro probabile frivolezza e sebbene io non ci trovassi nulla d’interessante – gli incontri sono velocissimi e non c’è praticamente nulla da vedere – i combattimenti dei galli venivano organizzati due o tre volte alla settimana e la gente ne era completamente entusiasta. In un certo senso il combattimento dei galli è interessante proprio a causa della sua apparente frivolezza”

Le scommesse – Partecipando a uno di questi eventi a Bali, Geertz notò che vi sono due tipi di scommesse: la scommessa centrale (tra i proprietari dei galli) e quelle periferiche (tra gli spettatori). Osservando l’andamento delle puntate, a Geertz fu sempre più chiaro che “le quotevenivano fissate seguendo determinate linee di condotta proprie della struttura e dei gruppi sociali. Si scommetteva sul gallo del proprio gruppo, anche se i galli arrivati da fuori erano sempre favoriti, perché si pensava che – se qualcuno li aveva portati – dovevano essere fortissimi. Alla fine – ha detto l’antropologo in una intervista –  il tutto cominciò a delinearsi come una lotta tra diversi gruppi per lo status e il prestigio sociale – e allora le scommesse acquistavano un senso. Non avevano senso, cioè, in termini di teoria delle probabilità o di teoria dell’azione razionale, ma ne avevano in base al modo in cui, a Bali, i gruppi parentali, gli individui, le caste e le classi privilegiate competono tra loro. E questo, di fatto, un aspetto importantissimo di quella cultura”.

Drammatizzazione dello status – La conclusione cui giunse Geertz fu che “i combattimenti dei galli, anziché essere avvenimenti frivoli, erano in realtà molto vicini al cuore degli interessi principali dei balinesi. E questo non perché lo status venga determinato dai combattimenti dei galli (esso viene infatti determinato, come al solito, dalla nascita e da altri fattori, come per esempio la ricchezza), ma perché in questa occasione esso viene messo in risalto, viene drammatizzato. Con questo non intendo tuttavia affermare che necessariamente i balinesi darebbero questa interpretazione dei combattimenti dei galli, ed anzi impossibile che lo facciano, perché essi si limitano a vivere tali avvenimenti”.

*Clifford James Geertz (San Francisco, 23 agosto 1926 – Filadelfia, 30 ottobre 2006) è stato un antropologo statunitense

Foto, video e testo di Francesca Caiazzo