Intervista a Pina Belmonte, volontaria calabrese: “Vi racconto il mio viaggio in Palestina”
CROTONE – Il mondo arabo islamico l’ha sempre affascinata, fin da ragazzina. Una passione e un desiderio di conoscere quella realtà che l’ha accompagnata anche nei suoi studi: alle superiori prima, realizzando una tesina sul conflitto israelo-palestinese, all’università, poi, scegliendo di iscriversi all’Orientale di Napoli. Ma per Pina Belmonte, 30 anni di Rende (CS), non c’era letteratura che bastasse a descrivere una realtà che lei voleva toccare con mano. Un conto è leggere e studiare, un altro è immergersi nella cultura, tra la gente.
Sognava di andare a Gerusalemme, di visitare la Palestina, ma non come semplice turista. Voleva scoprire quel mondo e soprattutto dare un senso all’eventuale viaggio. Quindi due anni fa decise, quasi per gioco, di contattare il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Che rispose in breve tempo. Il direttore generale don Humam Khzouz iniziò a contattarla di tanto in tanto per instaurare un primo rapporto di conoscenza e capire se le motivazioni che spingevano Pina a voler partire erano serie e non frutto magari dell’entusiasmo di un momento. “Mi scriveva su whatsapp per sapere come stavo e cosa facevo durante le mie giornate, contattò anche il mio parroco, il quale lo rassicurò sulla serietà delle mie intenzioni”. Inaspettatamente la sua richiesta viene accettata, dal Patriarcato si offrono di coprire le spese del viaggio e le garantiscono la disponibilità ad ospitarla. Per Pina è l’inizio di una avventura meravigliosa, che la riporterà in Italia cambiata.
“I primi giorni a Gerusalemme – ci racconta – sono stati una continua scoperta, ho visitato i luoghi sacri e imparato a conoscere la città. Sono rimasta una settimana, davo una mano nella segreteria del Patriarcato”. Ma l’esperienza più significativa, Pina la vive a Taybeh. “Sono stata mandata in questo villaggio, l’unico cristiano della regione, per contribuire alla gestione di un centro che si prende cura di anziani disabili.” A gestire la struttura, tre ragazzi brasiliani “troppo buoni con gli altri, non volevano dare l’impressione di essere venuti dall’altra parte del mondo per comandare”. Sebbene l’attenzione e la cura degli ospiti, una ventina in tutto, fossero garantite, il centro era tenuto male, le condizioni igieniche non erano delle migliori. “Una volta li chiamai a raccolta e mettemmo in ordine la cucina. Impiegammo più di cinque ore” ricorda sorridendo.
I giorni avevano un sapore diverso in quella terra, così lontana dalla Calabria ma alla quale sembrava sentire di appartenere. “La sensazione era di essere già stata in quei luoghi, come se già li conoscessi. Me ne andavo in giro quasi sempre da sola per esplorarli. Una volta accettai un passaggio da un camionista. Stavo andando a Gerico e solo una volta salita sul camion mi resi conto di essere al fianco di un perfetto sconosciuto”. Pina non ha mai avuto paura, anzi. “La Palestina mi ha insegnato a vivere, mi fatto conoscere l’amore. Ho incontrato persone stupende, come Asma, che è diventata una mia grande amica e con la quale ancora ci sentiamo”. Pina racconta del coraggio e della forza delle donne palestinesi che “vivono con la costante preoccupazione che possa accadere qualcosa ai figli, ogni volta che vengono fermati per un controllo a qualche check point israeliano”.
Una terra, la Palestina, nella quale Pina spera presto di tornare “forse a settembre, se tutto va bene” perché “solo lì mi sono sentita davvero libera, con la mente e con il cuore, soprattutto quando guardavo Gerusalemme dall’alto della terrazza del Damascus Gate”. Una sensazione alquanto strana da provare in un territorio “dove c’è sempre tensione, controllo continuo. Un posto dove senti la guerra nell’aria anche quando non si combatte e dove, in alcuni casi, sembra che da un momento all’altro debba succedere qualcosa”.
Al suo rientro, dopo due mesi trascorsi tra Taybeh e Gerusalemme, Pina si sente rinata. Conserva con cura il crocifisso in madreperla donatole dal Patriarca emerito Michel Sabbah, prima della partenza. E si capisce quanta voglia abbia di ripetere quell’esperienza dalla nostalgia che si percepisce dalla sua voce mentre ce la racconta.
Ancora oggi, Pina è impegnata nel sociale. E’ vicepresidente dell’associazione di volontariato Casa Nostra, nata per volontà dell’allora vescovo di Cosenza, Monsignor Salvatore Nunnari, una realtà “laica ma che si ispira ai principi diocesani”. Casa Nostra si trova nel centro storico di Cosenza e offre aiuto ai più bisognosi, a gente che vive per strada, in gran parte stranieri. “Qui trovano un pasto caldo e hanno possibilità di fare una doccia. Inoltre offriamo un servizio legale, un laboratorio di lingua italiana e uno di ricamo. Realizziamo dei piccoli lavoretti e bomboniere solidali che ci permettono di raccogliere fondi per l’associazione”. La copertura delle spese della struttura viene garantita attraverso fondi Caritas, donazioni da parte di benefattori e soprattutto dalla generosità della gente comune. Casa Nostra, presieduta da Pino Salerno, è una piccola, grande famiglia, fatta di persone che vogliono prendersi cura di chi si trova in difficoltà e sempre aperta ad accogliere nuovi volontari. Chi fosse interessato a dare una mano può telefonare al numero 0984-20204.
Francesca Caiazzo