La crisi come opportunità per aziende e lavoratori
‘Crisi come opportunità di cambiamento per aziende e lavoratori’. È il titolo dell’evento che si è svolto oggi nella sede romana dell’agenzia di stampa Dire e che ha messo al centro il rilancio del settore delle aziende e del lavoro attraverso soluzioni e opportunità affrontando il difficile periodo storico che tutto il mondo, Italia compresa, sta vivendo, passando dalla globalizzazione alla pandemia da Covid-19 fino alla guerra in Ucraina. Promosso dallo studio legale LabLaw e dalla Dire, l’incontro è stato moderato dal direttore responsabile dell’agenzia, Nico Perrone.
I relatori dell’incontro
Numerosi i relatori che vi hanno preso parte. Ad aprire il dibattito l’onorevole Romina Mura. La deputata Pd e presidente della commissione Lavoro della Camera ha spiegato che il legislatore deve evitare e deve rinunciare alla tentazione che a volte c’è di legiferare troppo, di irrigidire i processi. “Di recente, alla fine dello scorso anno- ha affermato- è stato siglato un importante protocollo d’intesa presso il ministero del Lavoro e adesso noi in commissione Lavoro della Camera stiamo lavorando per provare a costruire un Testo legislativo che definisca alcuni principi che, ovviamente, vanno integrati rispetto alla Legge 81 del 2017. Principi che, però, devono essere ‘light’”. “In questi giorni- ha aggiunto- abbiamo già adottato un Testo base che adesso è sottoposto alla fase emendativa, sto invitando i colleghi ad alleggerire il Testo, che deve essere una cornice che non entra nei dettagli, che lascia lo spazio all’autonomia negoziale, al confronto tra le parti sociali“. “Perchè- ha sottolineato Mura- l’organizzazione del lavoro, ad esempio lo smart working, diventa una leva non solo di cambiamento sociale ma anche di modifiche insediative, alla lunga anche di modifiche urbanistiche. Come è sempre stato nei grandi momenti storici, l’organizzazione del lavoro è diventata leva di cambiamento. E il cambiamento non è una cosa neutra, può essere in meglio o in peggio, dipende da come lo si governa. Ecco perché il legislatore non deve avere eccessivo protagonismo. L’approccio deve essere quello della sussidiarietà“.
“Il Parlamento- ha precisato Mura- deve costruire delle cornici in cui si devono inserire poi la contrattazione collettiva e gli accordi. Ci sono tutta una serie di aspetti su cui in questo momento dovremmo e dobbiamo pronunciarci ma rispetto a cui credo che debba declinarsi il dialogo sociale, e mi riferisco anche a protagonisti del terzo settore”. “Nel periodo di emergenza– ha inoltre reso noto- abbiamo speso oltre 40 miliardi per intervenire a supporto delle famiglie, dei lavoratori, delle imprese per provare a dare risposta alle disuguaglianze. Queste risorse, però, nonostante siano state tante non sempre sono riuscite ad intercettare tutti i bisogni. O meglio, sono riuscite ad essere più efficaci laddove c’era un forte welfare di prossimità. Quindi terzo settore e governo locale sono altri due termini fondamentali per provare a ricostruire bene, ad intercettare i bisogni e a dare risposte diversificate”.
L’avvocato giuslavorista Francesco Rotondi, managing partner di LabLaw, ha fatto il punto su ‘L’alterazione delle regole: i pericoli dell’interventismo statale e dello scavalcamento dei corpi intermedi. Il recupero della centralità della relazione azienda-sindacato’. “Negli ultimi anni del nostro Paese- ha detto- noi abbiamo assistito alla gestione di tantissime situazioni che possono essere state definite crisi o non crisi, almeno non in senso tecnico: abbiamo le crisi da insolvenza, per esempio, o quelle legate alla riorganizzazione o ristrutturazione di un’azienda. E non tutte si risolvono con la cessazione dell’attività o di parte dell’attività”. “In questo concetto molto generale- ha aggiunto- definiamo normalmente crisi quando un soggetto imprenditoriale, a seguito delle operazioni che intende porre in essere, evidenzia un cosiddetto esubero di personale. E dunque dei lavoratori perderanno il posto di lavoro e questa operazione esclusivamente imprenditoriale diventa anche sociale, perché la perdita del posto di lavoro, e lo stato conseguente di disoccupazione, non è più un problema unicamente dell’imprenditore o del lavoratore che ha perso il posto ma diventa un problema sociale“. “Se noi continuiamo ad avere confusione- ha precisato- sul discorso che troppo interventismo poi non è positivo e anche la legiferazione oltremodo proposta può diventare un limite, il problema da risolvere è quello dell’occupazione. L’altro problema, se ci sono se cessazioni di attività, è un problema di mercato, è un problema industriale, quindi spostiamo l’attenzione sulle politiche industriali del Paese”.
Secondo Rotondi ‘quello che non si riesce a comprendere in questi contesti sono le responsabilità perché è evidente che se noi partiamo dal concetto secondo il quale l’imprenditore non è più libero di determinare la propria organizzazione, parleremmo di un altro sistema che non è quello del nostro Paese. Ma se accettiamo, invece, che esiste la libertà di attività d’impresa e che esiste la possibilità che un imprenditore decide anche di lasciare, sempre nel regime di legittimità e legalità, ma che quello viene visto come un atto in spregio alla società, all’economia, ai lavoratori, alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni, è evidente che si tratta di un problema che non risolveremo. Ecco perché bisogna evitare la confusione dei ruoli e delle competenze, i ruoli devono essere chiari e chiariti, quelli delle organizzazioni sindacali e quelli delle istituzioni. Ci deve essere una competenza professionale dei soggetti ai quali vengono affidate le gestioni”. “Bisognerebbe poi evitare- ha proseguito Rotondi- che queste crisi abbiano altre tensioni e attenzioni. La crisi deve essere risolta nell’interesse esclusivo delle persone che sono coinvolte”.
L’avvocato Alessandro Paone, equity partner di LabLaw, si è soffermato sull’età della transizione permanente: gli impatti dei cambiamenti del mercato sul lavoro e il bisogno di recuperare la centralità delle relazioni sindacali. “Oggi noi stiamo sperimentando la problematicità delle crisi occupazionali nella sua rotondità- ha detto- perché attraversiamo un momento in cui stanno cambiando i paradigmi dei sistemi produttivi nazionali e internazionali. Si aprono processi che hanno una vastità che riguarda non solo la gestione effettiva di una crisi occupazionale. Quando viene denunciato un esubero è il momento in cui il conflitto sociale che si crea attraverso la denuncia di un esubero muove la macchina del conflitto sindacale“. “Poi- ha precisato l’avvocato Paone- ci sono crisi diverse, più subdole, che si svolgono nel lungo periodo e che riguardano in realtà il processo di adattamento del sistema economico, e quindi produttivo, sulle capacità produttive dei lavoratori. Questo fa sì che nel corso del tempo determinati profili professionali comincino a non essere più effettivamente collocabili nelle aziende”. “È una crisi subdola– ha aggiunto- perché in realtà non si consuma in unico momento in cui tutti gli attori sono convocati ad un tavolo per risolvere quello specifico episodio ma in realtà è il sistema che supera e anticipa gli attori sindacali e le aziende, perché si deve far carico di fornire agli imprenditori delle misure di riformazione o altro”.
All’evento ha preso parte anche il dottor Giorgio Graziani. ‘Limiti e potenzialità dell’azione sindacale nei processi di crisi: più leggi o meno leggi?’ il titolo dell’intervento del segretario confederale Cisl. ‘Noi difendiamo il protagonismo sociale- ha sottolineato- e il protagonismo negoziale supera anche quell’aspetto esclusivamente tecnico legato alla giurisprudenza che identifica ciò che è legittimo sul piano normativo e ciò che non lo è. La complessità di una crisi aziendale, di una crisi sociale non può essere legata esclusivamente a compartimenti stagni legislativi o di tipo legale – normativo. Ha sempre bisogno di una capacità negoziale che abbracci il problema e che identifichi quali sono gli obiettivi. E prima di tutto l’obiettivo è la salvaguardia della persona, della sua dignità e della sua capacità di trovare collocazione nelle politiche strategiche in cui viene collocato. Quando ci sono crisi aziendali e ci sono quindi conseguenze occupazionali ci dobbiamo occupare delle persone. È chiaro che l’aspetto negoziale non può proteggere sul piano delle regole, abbiamo bisogno di strumenti’. ‘Se un’azienda decide di andare via di punto in bianco- ha poi tenuto ad affermare Graziani- la legge oggi glielo consente. Non abbiamo bisogno di tempo per perdere tempo, abbiamo bisogno di tempo per garantire dentro alla responsabilità sociale la libera imprenditorialità ma la responsabilità sociale dell’impresa di dare risposta ad una comunità territoriale, ad occupati o persone che sono occupate in quella impresa di trovare un futuro ed una prospettiva. E per fare questo serve tempo’.
Il decreto anti-delocalizzazioni al centro dell’intervento dell’avvocato Arturo Maresca, professore ordinario di Diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma. ‘Siamo in una situazione terribile- ha spiegato- perché ci sono motivi di crisi della transizione all’aumento dei costi delle materie prime fino alla pandemia. Noi dobbiamo gestire le crisi e per farlo abbiamo bisogno di tener conto delle condizioni dei lavoratori, della necessità costituzionale di tutelare il lavoro ma anche della necessità di consentire all’impresa di fare quello che deve fare sul mercato’. ‘Noi non possiamo gestire la crisi imbalsamando la crisi- ha proseguito- come è stato fatto in Italia spesso in passato, quando quasi sempre la soluzione della crisi era la cassa integrazione eterna. Si può, invece, gestire attraverso una cornice normativa, che significa avere delle procedure all’interno delle quali devono scorrere le relazioni sindacali ed il sostegno alle relazioni sindacali delle politiche industriali e delle politiche attive del lavoro, che sono fondamentali’. Il professor Adalberto Perulli, docente ordinario di Diritto del lavoro all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha invece parlato della ‘crisi della rappresentanza ed i pericoli per la tutela dei diritti dei lavoratori: spunti per affrontare i futuri processi di transizione’. ‘Noi non abbiamo un diritto sindacale paragonabile a quello francese o a quello tedesco. Francia e Germania- ha detto- sono Paesi che hanno strutture normative molto più regolative rispetto alla nostra. Quindi il problema non è andare verso una regolazione soft, perché la regolazione soft c’è già. Se si fa un’analisi comparata con altri Paesi europei noi abbiamo delle regole sostanzialmente o nulle o molto flessibili’. ‘Per esempio- ha precisato- non abbiamo regole in materia di rappresentanza e rappresentatività sindacale, non abbiamo regole legali. Non abbiamo sistemi di partecipazione istituzionalizzata dei lavoratori, o meglio delle rappresentanze dei lavoratori, nelle decisioni aziendali. Non abbiamo un sistema di codeterminazione come c’è in Germania dal secondo dopoguerra ma come c’è in molti altri Paesi europei. Ricordo da ultimo la Francia nel 2013 ha legiferato in questa materia’. Per quanto riguarda la distinzione dei ruoli, Perulli ha ricordato che ‘c’è già. Sia le aziende sia la cultura sindacale hanno sempre sottolineato la distinzione dei ruoli. Ma sul piano culturale la distinzione dei ruoli vuol dire anche conflitto. Penso che noi dovremmo invece guardare ad altri modelli europei più avanzati del nostro modello, in cui le relazioni industriali non sono lasciate all’improvvisazione ma sono strutturate e la responsabilità sociale non è un atteggiamento volontaristico ma è il frutto di regole, di norme giuridicamente vincolanti’. (Agenzia DIRE)