La guerra in Ucraina aggrava la crisi alimentare in Africa, l’impegno di CBM in Kenya
L’ONU stima che almeno la metà dei Paesi africani non riuscirà a compensare le carenze di approvvigionamento di grano che fino a due mesi fa, prima della guerra in corso, proveniva da Russia e Ucraina. L’indice FAO dei prezzi alimentari, che aveva raggiunto il massimo storico prima dell’inizio della guerra con un +24% rispetto al 2021, prevede un altro aumento dell’8-22% entro il 2023 a causa dell’aumento del prezzo dei cereali e dell’interruzione del trasporto merci.
Questi sono solo alcuni dei numeri che descrivono le conseguenze del conflitto in Ucraina, che provoca ripercussioni in tutto il mondo e in modo più gravoso nei Paesi in Via di Sviluppo andando a colpire la già pesante crisi alimentare.
In Africa infatti gli effetti della guerra si sommano all’anomala situazione climatica degli ultimi anni che vede periodi prolungati di siccità, costringendo la popolazione a subire un’inevitabile insicurezza alimentare. Solo nel Corno d’Africa – dove negli ultimi 3 anni la stagione delle piogge è stata quasi inesistente, decimando i raccolti e provocando la morte del bestiame – sono 13 milioni le persone che soffrono la fame a causa della siccità, di cui 3,1 milioni solo in Kenya, il doppio rispetto al 2021 (fonte ONU).
L’organizzazione umanitaria CBM è presente in Kenya con interventi di sicurezza alimentare volti a creare comunità resilienti che siano in grado di ridurre la fragilità delle famiglie di fronte alle emergenze, con un’attenzione particolare alle famiglie con persone con disabilità, più esposte a bassi livelli di salute ed elevati tassi di povertà.
Alla luce della drammatica attualità, CBM sta realizzando il progetto di sicurezza alimentare denominato Inclusive livelihoods and resilience project for Meru Country (Progetto per il sostentamento e la resilienza inclusivi nella Contea di Meru) dove i beneficiari sono 3.600 famiglie con persone con disabilità che saranno supportate fino a dicembre 2024. La Contea di Meru è stata scelta poiché ospita il numero più alto di persone con disabilità: 50mila, nel complesso delle 900mila dell’intero Paese.
Per garantire la sicurezza alimentare, viene offerta a queste famiglie una formazione sull’agro-ecologia, cioè un’agricoltura per la resilienza climatica – che include la rotazione delle colture, la raccolta dell’acqua, la gestione dei parassiti e delle malattie, l’utilizzo del concime biologico – insieme alla distribuzione di semi di varietà tradizionali resistenti alla siccità. E poi una formazione sulla zootecnica nel contesto del cambiamento climatico con la distribuzione di stock di conigli e capre.
Inoltre, al fine di aumentare il reddito delle famiglie, il progetto prevede una formazione al lavoro e l’avvio di attività di microcredito e un miglioramento dell’accesso ai servizi di riabilitazione fisica, con fornitura di dispositivi come carrozzine e stampelle, screening e servizi di fisioterapia e terapia occupazionale.
David Muyendo, country office di CBM in Kenya, racconta il contesto di crisi in cui versa la popolazione: “L’impatto delle ultime stagioni scarsamente piovose, unito a quello della pandemia da Covid-19, ha causato un rapido aumento dei bisogni umanitari nel Paese, tanto da portare il presidente Uhuru Kenyatta a dichiarare lo scorso dicembre uno stato di disastro nazionale. I bambini gravemente malnutriti sono 650mila. Le comunità più colpite sono quelle pastorali perché la siccità provoca pascoli impoveriti e di conseguenza il bestiame deve percorrere lunghe distanze in cerca di cibo. Già a causa del Covid due anni fa c’era stata una chiusura dei mercati del bestiame, ora l’aggravamento della siccità ha portato le morti di bestiame a superare 1,5 milioni”.
In linea con le indicazioni del governo kenyota e in collaborazione con la Diocesi di Meru, CBM si è dunque attivata per migliorare la sicurezza alimentare nelle aree rurali del Paese. Spiega Massimo Maggio, direttore di CBM Italia: “Il nostro progetto – in linea con l’Agenda 2030 degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile definita dall’ONU – si basa sulla necessità di offrire formazione alla popolazione, sia nell’ambito dell’agricoltura sia dell’allevamento resilienti ai cambiamenti climatici. E in particolare per le persone con disabilità, che sempre devono affrontare maggiori sfide, anche nelle emergenze, per: lo stigma, l’accesso inadeguato ad ausili e servizi di riabilitazione per lo svolgimento di attività manuali, conoscenze limitate in termini di tecniche agricole, difficoltà di accesso al credito per l’avvio di attività lavorative”.