Lotta allo spreco, risparmio e solidarietà con gli abiti a un euro
MILANO – Bancone in legno, pareti grigio chiaro e verde, lampadari ricavati da cerchioni di bici, in vetrina due vecchi carretti: ha un’aria elegante e friendly il negozio di abiti di seconda mano di via Padova, al civico 36. Share, questo è il suo nome, nel 2015 ha venduto oltre 33mila capi, il 20% in più rispetto all’anno precedente, con un fatturato pari a 160mila euro. Maglie, pantaloni, camicie, giacche e giubbotti per uomini, donne e bambini. Ce n’è per tutti i gusti e di tutti i colori. Tutti in ottimo stato (alcuni mai usati, con su il vecchio cartellino). E spesso si tratta di abiti di marca. Che qui si possono trovare a 20 o 30 euro al massimo. Ma in questi giorni ci sono capi in offerta a 1, 3 e 5 euro.
Share non è solo una buona occasione di risparmio per i clienti: unisce infatti lotta allo spreco e solidarietà. Una parte del ricavato viene destinato a progetti sociali. Il negozio è un’iniziativa di Vesti solidale, cooperativa promossa da Caritas Ambrosiana, che si occupa di raccolta e riciclo di abiti usati. In due anni di attività, 16.500 euro sono serviti a sostenere un appartamento che accoglie mamme con bambini, cure odontoiatriche gratuite per minori in difficoltà, l’associazione Prison Fellowship Italia per le attività svolte presso il carcere di Opera e per l’integrazione sociale di una famiglia proveniente dalla Palestina composta da padre, madre e 7 figli. “Inoltre il negozio dà lavoro a tre persone -aggiunge Carmine Ganci, presidente della cooperativa-. I vestiti provengono da realtà italiane e straniere che si occupano del ciclo completo della raccolta di indumenti usati. Quelli che finiscono in negozio sono stati quindi sanitizzati e sono pronti all’uso”.
Nei 200 metri quadrati di Share si aggirano persone di tutte le età. Il 65% dei clienti (circa 200 al giorno) è di origine straniera. “Ormai abbiamo molti clienti abituali -spiega Monica, la responsabile del negozio-. Ma c’è sempre gente nuova. Magari all’inizio sono un po’ titubanti, perché in Italia non c’è ancora l’abitudine a vestire capi di seconda mano, ma poi vedono la qualità della merce esposta e si ricredono”. Gli abiti esposti sono tutti pezzi unici, nel senso che di un tipo di pantalone non ci sono tutte le misure come in un qualsiasi negozio di abbigliamento. “Chi viene da noi è curioso -aggiunge Monica-. Cerca l’occasione e gli piace scovare quel che gli serve tra i tanti abiti esposti (circa 2.500). Anzi è meglio passarci spesso per vedere se ci sono novità”. Expo ha portato clienti. “Sono venute persone dall’Irlanda, dalla Francia e da altri paesi europei -ricorda Monica-. Erano qui per visitare l’Esposizione e ci hanno cercato perché da loro è una cosa normale acquistare nei negozi di seconda mano”. La crisi economica ha contribuito al successo di Share? “Tra i nostri clienti abbiamo sia persone povere che persone in cerca solo di una buona occasione -risponde Monica-. Certo la crisi economica induce tutti a stare più attenti a come si spende il denaro”.
L’edificio in cui si trova Share non è un palazzo qualsiasi. In via Padova 36 nel 2011 è nato un progetto di housing sociale, promosso e finanziato da diversi enti. Comprende un residence, 8 alloggi destinati a famiglie di immigrati (Progetto AbitAzioni), e altri 7 alloggi per famiglie e persone in difficoltà e vulnerabilità sociale (Progetto per l’integrazione abitativa e sociale). (Redattore Sociale)