“L’Ue non dia soldi alla dittatura eritrea”

“Per fermare l’esodo dall’Eritrea non servono soldi, ma democrazia e libertà”. Con queste parole padre Mussie Zerai, sacerdote eritreo direttore dell’agenzia Habeshia, il giornalista Vittorio Longhi e l’avvocato Anton Giulio Lana, hanno lanciato una petizione onlineper fermare uno stanziamento di 200 milioni di euro al governo eritreo, deciso nei giorni scorsi dalla Commissione europea. I finanziamenti, secondo quanto spiega l’Ue, serviranno a ridurre la povertà e a incrementare lo sviluppo socio economico del paese ma secondo i promotori della petizione “se l’Ue volesse davvero migliorare la situazione e fermare l’esodo, dovrebbecondizionare quegli aiuti al rispetto dei diritti umani e all’avvio di vere riforme democratiche, premesse necessarie allo sviluppo.

Don Zerai ricorda, infatti, che i rifugiati che arrivano sulle coste italiane sono in gran parte eritrei. Ogni mese, sono infatti circa 5000 le persone, soprattutto giovani, che scappano “da un regime che nega ogni forma di democrazia e di libertà”. “La commissione europea ha una grande responsabilità in questo momento – afferma il direttore di Habeshia – pur di vedere bloccati o di fermare il flusso dei richiedenti asilo è disposta a cedere sui diritti di queste persone, al punto di offrire denaro alla dittatura eritrea. Chiediamo alla commissione di non dare soldi al regime se non c’è il prerequisito che il governo comini a rispettare i diritti di queste persone”.

Nell’appello si ricorda che le Nazioni Unite, in un recente rapporto, hanno parlato di “crimini contro l’umanità in Eritrea. “Oggi possiamo cambiare le cose, possiamo fare pressione sul governo eritreo perché avvii un percorso democrazia – aggiunge Longhi – Alla Commissione europea e al governo italiano chiediamo quindi di non concedete alcuna di forma di sostegno economico fino a che il governo eritreo si impegnerà a garantire alcuni diritti fondamentali”.

In particolare, si chiede la libertà per tutti i detenuti in modo arbitrario, dissidenti e giornalisti; la libertà di espressione e di associazione; la convocazione di elezioni libere e democratiche con un sistema multipartitico; la fine del servizio militare obbligatorio e a tempo indeterminato e la cessazione di ogni forma di lavoro forzato e di trattamenti abusivi, innanzitutto la tortura. La petizione, lanciata sulla piattaforma Progessi ha già raccolto in poche ore circa cinquemila firme. Le firme saranno inviate al Commissario europeo alla Cooperazione e allo Sviluppo, Neven Mimica, all’Alto Rappresentante dell’UE, Federica Mogherini, al Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni. (Redattore Sociale)