Madline, la pescatrice di Gaza
Nisreen Al Khatib – autrice del segeunte rticolo – ha 21 anni ed è nata in Arabia Saudita, ma la sua famiglia è originaria di Ramle, in Palestina. Studia Inglese all’Università Islamica di Gaza e fa parte delle rete di giovani di wearenotnumbers.org.
I pescatori sanno che il mare è pericoloso e la tempesta terribile , ma non hanno mai trovato in questi pericoli un aragione sufficiente per rimanere a terra (Vincent Van Gogh)
GAZA – Se Van Gogh fosse ancora vivo, certamente si lascerebbe ispirare dai pescatori di Gaza per un suo quadro.
Se visiti il Porto di Gaza, non potrai fare a meno di incontrare i pescatori: giovani e adulti, neri e bianchi, feriti e disabili. Vengono tutti dalla Striscia di Gaza e rappresentano una comunità ampia e vivace nonostante il blocco israeliano che limita il percorso di navigazione delle barche. E probabilmente rimarresti sorpreso di vedere l’unica donna pescatrice in mezzo a circa duemila uomini, visto che a Gaza la pesca è una professione prevalentemente maschile
Madline Kullab è la pescatrice 21enne di Gaza. Siccome abbiamo la stessa età e dato che la vita in mare mi ha sempre affascinato, l’ho intervistata di recente per scoprire qualcosa in più del suo lavoro. Madline mi ha portata nel suo posto preferito, sulle rocce in riva alle acque del porto. Dietro di noi, sui muri e blocchi di cemento, i graffiti colorati realizzati dai ragazzi delle associazioni giovanili, davanti a noi la tranquillità del mare. Alla nostra sinistra, un gruppo di pescatori scambia due chiacchiere.
“Questo lavoro l’ho ereditato” spiega Madline. “Mi sono avvicinata alla pesca grazie a mio padre. Quando ero piccola, mi portava con lui in mare per aiutarlo. Poi nel 1990 si è ammalato e quando avevo 13 anni le sue condizioni sono peggiorate. Ha dovuto smettere di lavorare, e visto che io sono la figlia maggiore e l’unica con un po’ di esperienza nella pesca, ho preso il suo posto”.
Non è stato semplice per Madline, soprattutto all’inizio. “Ho incontrato non poche difficoltà – racconta – con le persone che non mi conoscevano da quando ero piccola. La maggior parte dei pescatori più giovani, i poliziotti e tanti altri non mi accettavano perché ero la prima e l’unica donna a fare questo genere di lavoro. Ho dovuto dimostrare quanto valevo e tenere duro per ottenere il rispetto dei colleghi. Col passare del tempo hanno imparato a conoscermi e le cose sono andate meglio. Ora i rapporti tra me e i gli altri pescatori sono quasi fraterni. Siano un’unica, forte e amorevole famiglia”
Madline mi indica un uomo seduto accanto a lei. Ha uno sguardo acuto, capelli neri, e mostra una quarantina d’anni. “Il signor Zakariyya – dice – è una delle persone che mi ha aiutata a non mollare mai, a tenere duro”. Lo guardo incuriosita, lui mi sorride e dice: “Sono un padre più che un amico per lei”.
Zakariyya, o Abu Ayed, come tutti lo chiamano, è il coordinatore del comitato dei pescatori, membro dell’Unione dei Comitati degli Agricoltori e un amico del padre di Madline. E’ sempre stato accanto a lei, spronandola ad andare aventi nonostante le difficoltà, e le ha spiegato i segreti di questo mestiere. “La portavo a pescare con me – racconta – per insegnarle a diventare un pescatore professionista. La riuscita di questo lavoro dipende in gran parte dalla reti. Innanzitutto vanno preparate e controllate bene, poi le gettiamo in mare spesso con l’aiuto di altri pescatori. I singoli passaggi sembrano semplici, ma il processo intero non lo è affatto. Ci vogliono almeno 48 ore per raccogliere un buon pescato, e ci vogliono pazienza e forza psicologica.
Abu Ayed spiega che, anche se il blocco israeliano sulla Striscia consente di pescare solo fino a sei miglia nautiche al largo, mentre i migliori pesci si trovano ad almeno 12 miglia, i pescatori riescono ancora a catturare sardine, gamberetti e diversi tipi di triglie. E non hanno perso il buon umore: spesso mentre aspettano che le reti si riempiano, intonano canti tradizionali o cantano canzoni inventate da loro stessi.
Quando, ad esempio, gettano le reti in mare o quando il pescato è abbondante, cominciano a cantare cose del tipo: “Wele’dda? Bedhasardeen. Weldar? Walamalleen. WeljebaBedhadananeer” che tradotte suonerebbero più o meno così: “Come va il raccolto?, Mancano le sardine. E a casa? Mancano i soldi. E nelle tasche? Mancano le pustole”. Un’altra canzone dice: “Sallisalli, ‘ala el-nabi, salli w soom, el-rezqydoom…” che è un invito a mettere davanti a tutto la pace e la preghiera, ancor prima del profitto economico.
Abu Ayed guarda Madline: “La sua – dice – è una storia di lotta continua. Fin dall’inizio del suo lavoro, lei era una delle più brave a usare la barca a remi. Aveva solo 8 anni quando provò per la prima volta”.
Di tutte le difficoltà che Madline ha affrontato, sia da sola che con l’aiuto della sia famiglia e di Abu Ayed, ce n’è una che non può superare: l’occupazione israeliana. “Non riesco a ricordare – racconta – tutte le situazione di pericolo che ho incontrato mentre pescavo. A ogni pescatore che si avvicina troppo al limite imposto vengono sequestrate le reti o l’imbarcazione, e le forze navali israeliane possono spararti o arrestarti. Anche a me una volta sono state sequestrate le reti e molte volte mi hanno sparato contro. Così evito di pescare in prossimità del limite delle sei miglie dalla costa”.
“Durante l’ultima guerra – aggiunge Abu Ayed – tutti i pescatori nascosero barche e attrezzature nei depositi. Ma gli israeliani li individuarono e li bombardarono causando gravi danni. Madline ha perso due barche”.
Ci sono un sacco di cose che la gente non sa di Madline. Dietro la sua tenacia e testardaggine, c’è una ragazza che ama ricamare, disegnare abiti e nuotare. Infatti, era stata scelta per rappresentare la Palestina ai campionati di nuoto in Sud Africa. Purtroppo, il blocco di Gaza le ha impedito di poter viaggiare e di partecipare così alla gara. Madline è anche un’attivista che intrattiene rapporti anche a livello interazionale con chi viene a visitare la Striscia di Gaza.
Prima di andare via, chiedo a Madline che rapporto ha con il mare. Lei e Abu Ayed concordano: “un vero pescatore è come un pesce. Se lo tieni lontano dal mare, gli levi la vita”. E per il futuro dice: “Vorrei rimanere qui vicino al mare. Non importa quanto ho lottato e quanto dovrò ancora lottare, sono sempre pronta a fare di più”.
di Nisreen Al Khatib per wearenotnumbers.org
traduzione a cura della redazione
Nisreen Al Khatib