Meno delitti, più detenuti

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ROMA – Diminuiscono sensibilmente i reati, crescono invece i detenuti. È quanto emerge da “Torna il carcere”, il XIII Rapporto sulle condizioni di detenzione realizzato da Antigone e presentato questa mattina a Roma.
Negli ultimi 6 mesi il numero dei detenuti nei 190 istituti penitenziari italiani è cresciuto di 1.500 unità, arrivando a oltre 56 mila. “Una crescita progressiva, ma non lineare”, si legge nel rapporto. Nel semestre precedente la crescita era stata di 1.100 unità. Negli ultimi 16 mesi i detenuti sono cresciuti di 4.272. Il tasso di sovraffollamento è passato dal 105% del 2015 al 112,8% dell’aprile di quest’anno. Aumentano anche i detenuti in custodia cautelare (sono il 34,6% del totale) e la percentuale degli stranieri (il 34,1%). I reati invece calano. Nel 2015 quelli denunciati erano oltre 2,6 milioni contro i 2,8 milioni del 2014. Per alcuni reati il calo è stato enorme: nel 1991 gli omicidi sono stati 1.916, nel 2016 sono scesi a 397. In calo violenze sessuali, rapine, furti, usura, omicidi volontari. “Tra il 2014 e oggi i delitti sono diminuiti senza che fossero approvate norme che cambiassero in maniera significativa la legislazione preesistente, nonostante ciò i detenuti sono tornati a crescere – scrive Antigone –. Le spiegazioni possono ricondursi a tre circostanze: tra il 2010 e il 2014 c’è stata grande attenzione su carceri e sovraffollamento e il messaggio era ridurre la pressione repressiva, nel frattempo è ripartita la campagna sulla sicurezza che evita di fondarsi su dati di realtà ma si appella alla percenzione di insicurezza con un atteggiamento repressivo verso chi vive ai margini, alla fine del 2015 è terminata la misura della liberazione anticipata speciale che portava da 45 a 75 giorni lo sconto di pena per buona condotta”.

Reati. A fine 2016 erano 30.900 le persone in carcere condannate o accusate di reati contro il patrimonio (pari al 24,8% del totale), contro i 29.913 del 2015. Tra gli altri reati più frequenti: quelli contro la persona (21.887 detenuti) e contro la legge sulle droghe (18.702 detenuti). “Per i detenuti in carcere per violazione della legge sulle droghe lo Stato spende ogni anno circa 1 miliardo di euro. Dopo una leggere flessione avutasi lo scorso anno, il dato è tornato a crescere”. Sono 1.797 le violazioni del testo unico sull’immigrazione e 3.869 le persone in carcere per reati di tipo contravvenzionale. Aumentano i detenuti per condanne inferiori a 3 anni e diminuiscono i detenuti con condanne superiori ai 10, “dimostrando che ci si allontana da quel modello di extrema ratio cui l’uso del carcere dovrebbe essere improntato”.

Custodia cautelare. Nonostante le riforme il nostro Paese rimane sopra la media dell’Unione europea. L’Italia è infatti il quinto Paese Ue con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare: a fine 2016 erano il 34,6%, la media europea è del 22 per cento. “Nel 2008 la carcerazione in assenza di condanna definitiva riguardava il 51,3% dei detenuti – si legge nel rapporto – Le riforme degli ultimi anni hanno permesso una certa deflazione, senza riportarci a soglie accettabili, in linea col resto d’Europa. Il ricorso alla custodia cautelare è peraltro selettivo e ingiusto, giacché riguarda soprattutto i detenuti più vulnerabili, come gli stranieri”.

Misure alternative. In lieve crescita il ricorso alle misure alternative: poco più di 24 mila a fine febbraio 2017 contro le 23.424 di fine 2016. “Una lieve crescita fatta in gran parte dall’aumento dell’affidamento in prova al servizio sociale (+448) e in misura minore alla detenzione domiciliare (+179)”. Solo il 5,92% dei denuti ha visto revocare la misura alternativa, tra questi meno dell’1% è dovuto alla commissione di nuovi reati.

Costi. Il bilancio del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nel 2017 è di circa 2,8 miliardi di euro (-40 milioni rispetto al 2016). Più del 70% delle risorse va alla voce “polizia penitenziaria”, anche se non comprende alcune spese a favore della polizia penitenziaria stessa come buoni pasto, mense, vestiario, armamento, trattamento previdenziale. Soo l’8,5% delle risorse è speso direttamente per i detenuti (circa 11 euro al giorno ciascuno). Il budget per istruzione e scuola è di poco più di 2,8 milioni di euro, le attività culturali, ricreative, sportive e le biblioteche di 624 mila euro. I compensi per i detenuti che lavorano ammontano a 115 milioni di euro. “L’anno scorso abbiamo lanciato la campagna 20×20 per arrivare a spendere entro il 2020 il 20% del bilancio del Dap in misure alternative sapendo che la percentuale di recidiva tra chi ne beneficia scende al 19% contro circa il 68% di chi sconta la pena in carcere – si legge nel rapporto – Tuttavia per queste misure il Dap ha speso nel 2016 meno del 3% del proprio bilancio e le risorse per il 2017 si attestano alla stessa cifra”.

Donne. A fine 2016 erano 2.285, poco più el 4% del totale. La percentuale è rimasta invariata negli anni. I reati per cui sono in carcere sono quelli contro il patrimonio e quelli legati alla legge sulle droghe. “Numeri esigui rispetto alla detenzione maschile ma che spesso si traducono in una scarsa attenzione al percorso trattamentale: poche le detenute che lavorano o che seguono un corso di istruzione e formazione”. Ad aprile erano 50 i bambini conviventi in carcere con le loro 42 madri.

Minori. A fine 2016 erano 462 i ragazzi presenti in carcere, di cui 283 giovani adulti. Quelli con condanna definitiva erano 261. La permanenza media è stata di 138 giorni per i maschi italiani e 130 per le femmine italiane, 117 per i maschi stranieri e 93 per le femmine straniere. Al 15 maggio 2017 erano presenti anche 11 detenuti per violazione del Testo unico sull’immigrazione. “Come ci è capitato di renderci conto nelle visite, c’è il forte rischio che tra loro ci siano ragazzi migranti che, dopo un viaggio drammatico, sono stati accusati di essere scafisti solo perché indicati dal vero scafista (assente sull’imbarcazione) come colore che dovevano reggere il timone o svolgere altre piccole mansioni di bordo”.

Personale. Nelle carceri italiane ci sono molti agenti, pochissimi educatori e poco personale medico e paramedico. I poliziotti sono quasi il 90% del personale, gli educatori il 2,17%. La carenza di organico è dovuta a un numero previsto di agenti molto alto. “Una carenza reale e forte riguarda invece gli educatori: per loro il divario fra organico previsto e in forza si attesta intorno a un valore medio di -35% con punte drammatiche in Toscana, Umbria, Lombardia, Emilia-Romagna e Marche – si legge – Appare quanto mai necessario concentrare le risorse per incremente la presenza di educatori, medici, psicologi e altre figure funzionali al reinserimento sociale degli ex detenuti”. (Agenzia Redattore Sociale)

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