Messico: 1.500 persone al confine a Matamoros
Rapimenti, estorsioni, violenze sessuali, sono i principali pericoli che ogni giorno corrono le persone bloccate nello stato di Tamaulipas, in Messico, in attesa che la loro richiesta di asilo venga esaminata. I protocolli statunitensi sulla migrazione, in vigore dallo scorso gennaio, impongono a queste persone di restare in Messico durante l’elaborazione delle loro richieste, costringendole di fatto a vivere in campi improvvisati dove sono esposti alla violenza dei gruppi criminali.
Il campo nella città di Matamoros è arrivato a ospitare oltre 1.500 persone, obbligando Medici Senza Frontiere (MSF) a rafforzare gli interventi medico-umanitari nell’area. Nelle ultime tre settimane, le équipe di MSF hanno effettuato nel campo 178 visite mediche per patologie come diarrea, ipertensione, diabete e problemi di salute mentale. La maggior parte dei pazienti (48% donne, 52% uomini, più della metà con meno di 15 anni) presentava anche problemi respiratori e malattie della pelle legate alle insalubri condizioni di vita nel campo sovraffollato.
Dal 2017 MSF fornisce assistenza alle vittime di violenza nelle periferie di Tamaulipas, fornendo cure mediche e assistenza psicologica e sociale. “Abbiamo un team composto da un dottore, psicologi, operatori sociali che si occupano di problematiche come l’ansia e lo stress postraumatico, conseguenze dello stato di incertezza di queste persone che non sanno cosa sarà del loro futuro” dichiara Anneli Droste, coordinatore del progetto di MSF nel nord del Messico.
Dopo essere fuggiti all’insicurezza a sud del Messico, le persone arrivano nel nord del paese pensando di attraversare il confine con gli Stati Uniti. Invece sono costrette ad aspettare in pericolose città, come Reynosa, Matamoros e Noevo Laredo, con un alto livello di insicurezza a causa della criminalità organizzata e con inadeguata capacità di assicurare assistenza sanitaria.
“Vediamo donne e uomini da soli, ma anche famiglie che giungono in una città che non ha alcuna capacità di accoglierli” dichiara Anayeli Flores, operatrice di MSF a Reynosa. “Arrivano in uno stato di forte vulnerabilità, dopo aver affrontato pericoli lungo la rotta migratoria messicana, come rapimenti, estorsione, violenza sessuale, danni per la salute mentale e fisica”.
La politica di contenimento migratoria, introdotta dal governo americano e implementata dal governo messicano, impone un limite al numero di richieste di asilo che può essere fatto ogni giorno in queste città di confine. Questo ha un impatto diretto sulle vite delle persone che sono costrette a rimanere in luoghi insicuri, dove ogni giorno si verifica almeno uno scontro con arma da fuoco tra gruppi di bande criminali.
“Fino a qualche tempo fa i flussi migratori erano conosciuti. Ora, a causa delle politiche repressive, questi flussi non sono affatto diminuiti, sono solo diventati invisibili, rendendo le persone più vulnerabili. Hanno perfino paura di uscire per andare dal dottore, gravitano solo intorno ai network di trafficanti. Queste sono politiche di persecuzione, politiche che uccidono” dichiara Carol Bottger, da poco rientrata da un anno di missione in Messico con MSF come coordinatore medico.
MSF continua ad esprimere profonda preoccupazione per le condizioni umanitarie dei richiedenti asilo al confine tra Messico e Usa e chiede ancora una volta che i governi del Messico e degli Stati Uniti di mettere al primo posto le vite e il benessere di queste persone. (Comunicato Stampa)