Migranti, a Pozzallo “diritti negati”
CAPODARCO – La richiesta di asilo non è la prima scelta. E nemmeno la seconda. Semplicemente non compare. Almeno nel documento della Questura di Ragusa, il questionario che viene distribuito per raccogliere le generalità dei migranti appena arrivati su territorio italiano nel nel Cpsa di Pozzallo. “Perché nel nostro Paese si può arrivare per Lavoro (prima opzione), per Ricongiungimento familiare (seconda opzione), per Fuggire alla povertà (terza opzione) e infine per ‘altro’. Ma da nessuna parte compare, in modo chiaro il termine asilo”.
A rivelarlo è Alessandra Ballerini, avvocato, già consulente della Commissione dei Diritti umani del Senato, che ha avuto modo di vedere questo documento, come ha raccontato durante il Seminario di Redattore sociale. “In questo modo si negano diritti fondamentali, che sono diritti di tutti, stabiliti dall’articolo 10 della nostra Costituzione”. E aggiunge: “In Italia oggi ci sono rifugiati ‘privilegiati’: quelli che arrivano da Afghanistan, Siria, Iraq e Eritrea. E si esclude, non dando informazioni adeguate sui loro diritti, chi fugge dal proprio Paese per motivi religiosi, politici o sessuali”.
E di casi di diritti violati, che riguardano richiedenti asilo, la stessa Ballerini è stata testimone a Lampedusa, l’unico Hotspot attivo al momento. “E’ un luogo chiuso, recintato, con un blindato alla porta di ingresso, in cui c’è un’estrema promiscuità. Tutti, persino i neonati, indossano un braccialetto bianco con un numero di identificazione. E i malati sono in una stanza non attrezzata, dove c’è l’unico telefono della struttura. Una limitazione delle libertà personali che non viene stabilita per legge ma da un documento del Ministero, la Road Map, che non ha nessun valore giuridico”.
Questa denuncia era già stata portata alla luce -con il riferimento al questionario- da alune organizzazioni umanitarie presenti a Pozzallo, Ragusa. Ma il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, intervistato da Redattore sociale, aveva negato nei giorni scorsi una “stretta sulle identificazioni” e una distinzione tra richiedenti protezione internazionale e migranti irregolari.
L’avvocato Alessandra Ballerini
L’aavvocato Ballerini avanza anche una proposta concreta: istituire visti di ingresso per i richiedenti asilo, così come esistono i visti turistici o di transito, o quelli per il ricongiungimento familiare.
Sarebbe un primo passo. Perché il rischio di violazione dei diritti riguarda tutto il sistema di accoglienza. “Le quote o la definizione di una lista di Paesi, più o meno sicuri, per riconoscimento dello status di rifugiato sono altrettanti esempi di diritti negati. Contraddicono l’art. 10 della Costituzione e la Convenzione di Ginevra” riprende la Ballerini, che precisa: “Ottenere la protezione umanitaria finisce per essere una fortuna”.
E come la fortuna è arbitraria. Frutto di un caso. Lo dimostrano le storie di Agil, 19 anni, e Suleman, 36 anni, entrambi del Gambia. Per il primo il riconoscimento è già avvenuto, il secondo è ancora in attesa. Tra convocazioni, dinieghi, appelli la sua attesa da aprile dello scorso anno. “Senza che nessuno mi dica perché” dice Suleman.
“E ogni volta si rivive la fatica e il dolore di raccontare la propria storia di fronte a degli sconosciuti –commenta Alessandra Ballerini-. Con domande spesso intime, che riguardano sentimenti o chiedono di ricordare torture e soprusi subiti”. La speranza che tutto questo abbia un limite è riposta ora nel decreto legislativo 142/15 da poco approvato. “Finalmente si fa riferimento alla formazione delle Commissioni territoriali che sono chiamate a confrontarsi con questi casi. Occorrerebbe poi rendere obbligatoria la presenza di un consulente legale e psicologico per aiutare i profughi a vivere questa situazione”.