Migranti in Sicilia, Medu: “accoglienza precaria nei Cas”

migranti frontiere

ROMA – Assistenza sanitaria non sempre garantita, mancata erogazione del pocket money, pochi mediatori culturali e carenza di alcuni servizi essenziali come il riscaldamento. Sono queste alcune delle criticità riscontrate nei Cas (centri di accoglienza straordinaria) monitorati da Medici per i diritti umani a Ragusa, in Sicilia e contenute nel report “Asilo precario, i centri di accoglienza straordinaria e l’esperienza di Ragusa”. L’associazione ne ha monitorati 16, in 14 mesi di attività, da ottobre 2014 a dicembre 2015 nell’ambito del progetto “On.to: Stop alla tortura dei rifugiati lungo le rotte migratorie dai paesi sub-sahariani verso il Nord Africa”.

Innanzitutto, denuncia il rapporto, pur essendo strutture per definizione ‘’temporanee e straordinarie’’ i centri di accoglienza straordinaria  per richiedenti asilo  sono ormai da alcuni anni l’elemento portante del sistema d’accoglienza in Italia dal momento che tre migranti su quattro vengono ospitati in questi centri. Si tratta di strutture eterogenee dislocate su tutto il territorio nazionale ed affidate in gestione ai soggetti più diversi, inclusi imprenditori privati, consorzi di vario genere e grandi ditte. “E’ questa certamente la prima e più evidente anomalia: un approccio concepito per essere temporaneo che assume valenza portante di un sistema” spiega Medu.

In Sicilia, in particolare, il problema è evidente: le stime al 30 marzo 2016 confermano che la regione fornisce accoglienza a 12 mila migranti (circa 12 per cento del totale), seconda solo alla Lombardia, con oltre 14 mila presenze. Il 2 novembre 2015, in Sicilia erano presenti 105 Cas, per un totale di 5.128 richiedenti asilo ospitati. Di questi, 16 si trovavano nella provincia di Ragusa. Qui vengono ospitati  un totale di 441 migranti, in media attendono 4 o 5 mesi prima di essere convocati per l’audizione presso la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e altri  due mesi l’esito della sua domanda.

In alcuni Cas sono state riscontrate condizioni di accoglienza non idonee soprattutto per la carenza di alcuni servizi essenziali (riscaldamenti) e per la scarsa disponibilità di spazi comuni. Inoltre, alcuni Cas, alquanto isolati, non sono adeguatamente collegati ai centri abitati. Pochi sono inoltre gli operatori e i mediatori culturali. Non solo, ma tra le criticità accertate c’è anchela mancata erogazione del pocket money giornaliero (2,50 euro) di cui ogni migrante ha diritto. Spesso, poi, l’assistenza sanitaria non è adeguatamente garantita per una serie di ragioni. Come i tempi eccessivamente lunghi della procedura d’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) senza che vi siano indicazioni precise su come gestire l’assistenza sanitaria nel periodo di attesa: talvolta è di fatto impossibile raggiungere il medico di base a causa dell’isolamento del centro; spesso non è possibile acquisire la documentazione medica de migrante prodotta in una fase precedente all’ingresso ai Cas.

Anche l’assistenza psicologica è carente: “come ha avuto modi di rilevare il team di Medu nella sua pratica medica, la maggior parte dei richiedenti asilo ospitati nei Cas è stata vittima di molteplici esperienze traumatiche come la tortura e la violenza intenzionale, nel proprio paese o lungo la rotta migratoria – si legge nel rapporto – Un numero significativo di questi migranti sviluppa poi una psicopatologia post-traumatica collegata a questi eventi”. Nei 14 mesi oggetto di questo rapporto, Medu ha fornito supporto medico e psicologico a 74 ospiti dei centri di Ragusa sopravvissuti a esperienze traumatiche estreme. A fronte di questa situazione, in nessuna delle strutture visitate è previsto personale dedicato al servizio psicologico. “La presenza di uno psicologo all’interno del centro può rappresentare un elemento di stabilità e di fiducia per affrontare sia l’iter della richiesta d’asilo sia il percorso d’integrazione – aggiunge Medu -. E’ inoltre importante promuovere la formazione del personale dei servizi territoriali di salute mentale sulle tematiche relative al disagio mentale nei migranti”. Altre carenze sono state riscontrate rispetto alla tutela medico legale, all’insegnamento della lingua italiana e all’ inserimento lavorativo.

“La scelta di una gestione emergenziale comporta il rischio di minori controlli sull’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici. Soprattutto, comporta un abbassamento degli standard di accoglienza – sottolinea ancora il rapporto – Di fatto dunque i Cas sono oggi una sorta di sistema Sprar di secondo ordine”. Per questo Medu chiede che venga superata la logica di “un sistema d’accoglienza capovolto”, in cui l’emergenziale diventa ordinario, e che venga promosso l’ampliamento strategico del sistema Sprar, “l’unico che si è dimostrato effettivamente in grado di garantire condizioni di vita dignitose e servizi di qualità, come anche di facilitare l’integrazione con il territorio”.

“Una gestione efficiente e sostenibile degli attuali flussi di migranti non può prescindere da interventi di accoglienza integrata, che prevedano misure d’informazione, accompagnamento, assistenza ed orientamento, come anche dalla costruzione di percorsi individuali d’inserimento sociale e lavorativo – aggiunge l’associazione -. Si suggerisce inoltre di garantire un’accoglienza il più possibile diffusa sul territorio, che eviti eccessive concentrazioni e non riproduca logiche di segregazione sociale. Nel caso in cui posti Sprar non siano immediatamente disponibili, garantire una permanenza in strutture temporanee come i Cas per non più di un mese. Incrementare il numero di progetti che rispondono alle esigenze dei più vulnerabili, incluse le vittime di tortura e le persone con disagio psichico post-traumatico, che costituiscono una percentuale considerevole del totale dei migranti ospiti dei centri di accoglienza sul territorio italiano”. (Agenzia Redattore Sociale)