Migranti, richiesta d’asilo all’UE
BRUXELLES – Nessun migrante dovrebbe più poter presentare una domanda di asilo all’Italia, alla Grecia o ad un altro Stato Ue: la richiesta dovrebbe poter essere indirizzata solo all’Unione europea, considerata come entità unica, che in quanto tale dovrebbe trattarla. È una radicale revisione del regolamento di Dublino, quella proposta dalla risoluzione approvata oggi dalla Plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo. La proposta non legislativa, a cui l’Aula ha dato il via libera ad ampia maggioranza, chiede come punto principale un sistema di asilo centralizzato, così da garantire la condivisione delle responsabilità tra gli Stati, la solidarietà e un esame più rapido delle domande di asilo.
Secondo il testo proposto dalla due relatrici, l’eurodeputata italiana del Partito Democratico, Cécile Kyenge e la maltese del Partito popolare europeo, Roberta Metsola, è necessario istituire una raccolta centralizzata delle domande di asilo a livello di Unione europea e un sistema centrale per l’attribuzione della competenza, fissando anche specifiche soglie per ciascuno Stato membro. Si tratterebbe, insomma, di superare il criterio dello Stato di primo approdo competente nell’accoglienza che, sottolinea il rapporto, “ha ampiamente mancato i suoi due obiettivi primari: stabilire criteri obiettivi ed equi per l’attribuzione della competenza e assicurare un rapido accesso alla protezione internazionale”. Il sistema proposto dal Parlamento funzionerebbe sulla base di un certo numero di hotspot a partire dai quali dovrebbe avere luogo la distribuzione nell’Unione, mantenendo come principi fondamentali l’unità familiare e l’interesse superiore del minore. “Con il rapporto approvato oggi decretiamo la fine del regolamento di Dublino e andiamo verso un sistema europeo comune di asilo”, commenta Kyenge, secondo cui “l’immigrazione non va combattuta ma gestita”.
Il Parlamento europeo chiede anche l’istituzione di corridoi umanitari “che consentano di trasferire i richiedenti asilo e i rifugiati dalle zone di conflitto ai campi profughi e ai paesi di destinazione in condizioni dignitose e sicure”. Gli eurodeputati invitano in particolare la Commissione europea a istituire un gruppo di lavoro composto dalle autorità competenti degli Stati membri, dalle organizzazioni umanitarie che operano sul campo e dalle agenzie dell’Unione e delle Nazioni Unite, per predisporre con urgenza mezzi per il trasporto dei rifugiati e la creazione vie sicure e legali, sia marittime sia terrestri. Come canale di ingresso nell’Ue i deputati insistono anche sull’importanza dei reinsediamenti dai campi profughi nei Paesi terzi: su questo, chiede l’Aula, l’Unione dovrebbe adottare un “approccio legislativo vincolante” garantendo il reinsediamento di un numero “significativo” di rifugiati.
Fondamentale, secondo gli eurodeputati, anche l’attivazione di visti umanitari, cioè la possibilità per i richiedenti protezione internazionale di domandare il visto direttamente alle ambasciate e ai consolati degli Stati membri nei paesi fuori dall’Ue. Una volta concesso il visto umanitario, il beneficiario potrà recarsi nel paese la cui Ambasciata ha rilasciato il visto, per poter completare sul posto le procedure di richiesta di asilo o protezione internazionale. Si tratterebbe di una novità assoluta che potrebbe limitare di molto i pericolosi viaggi della speranza.
Tra le richieste dell’Aula, anche quella di rafforzare le capacità di ricerca e soccorso perché “salvare vite deve essere una priorità assoluta”. Agli Stati si chiede per questo di mobilitare maggiori risorse tanto in termini di assistenza quanto di mezzi finanziari. La relazione dedica un capitolo specifico anche alla protezione dei minori, anche alla luce degli ultimi dati pubblicati dall’Unhcr secondo cui a febbraio, il 22% di arrivi in Grecia via mare è rappresentato da donne e il 40% di arrivi da bambini.
Il Parlamento europeo chiede anche che il 3 ottobre, anniversario della tragedia di Lampedusa, sia riconosciuto come Giorno della Memoria, in ricordo di tutti i migranti che sono morti nel tentativo di lasciare il proprio Paese a seguito di persecuzioni conflitti e guerre. (Agenzia Redattore Sociale)