Migranti, spesi 3,3 miliardi nel 2015
ROMA – L’accoglienza dei migranti? Sulla spesa pubblica nazionale complessiva pesa per lo 0,14 per cento. È quanto riporta il Dossier Statistico Immigrazione presentato oggi da Idos con dati riferiti al 2015. Secondo quanto si legge nel rapporto, i costi per i nuovi arrivati durante lo scorso anno hanno toccato i 3,3 miliardi di euro, il doppio degli anni precedenti. Tuttavia, spiega il rapporto, questa “somma considerevole” potrebbe essere utilizzata meglio, destinandola “alle famiglie sul territorio se le stesse, adeguatamente preparate tramite il coinvolgimento del mondo associativo, verranno chiamate a concorrere all’ordinaria accoglienza dei profughi, dando un seguito effettivo alle ipotesi finora sperimentali – spiega il rapporto -. Ne potrà conseguire per i nuovi arrivati un miglioramento a livello di vitto, alloggio, pratica dell’italiano e conoscenza del contesto, mentre nello stesso tempo si potrà dare l’avvio alla più efficace strategia di sensibilizzazione dell’opinione pubblica”.
Al coinvolgimento sociale, spiega il rapporto, serve anche una programmazione efficace che riguardi l’inserimento lavorativo dei cittadini stranieri arrivati in Italia negli ultimi anni e non necessariamente in cerca di lavoro. Una programmazione efficace che per il Dossier è “mancata anche nel passato come attestano le sette regolarizzazioni varate fino ad oggi (1986, 1990, 1995, 1998, 2002, 2009, 2012) e i decreti flussi annuali paragonabili a regolarizzazioni mascherate di persone già presenti in Italia”. Secondo il rapporto è “opportuno iniziare a considerare i nuovi venuti come possibili nuove leve da inserire nel mercato occupazionale – si legge nel testo -, facendosi carico sia del bilancio delle loro qualifiche sia delle strategie formative e occupazionali più adeguate per inserirli nel mercato del lavoro, senza trascurare, con le dovute accortezze, il loro possibile apporto in termini di attività sociali, di volontariato e di servizio civile”. Una integrazione che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, può contribuire alla ripresa economica. Tuttavia, “serve una strategia di inserimento più aperta e non discriminatoria”.
I numeri. Lo scenario delineato dal dossier parla di un numero crescente di migranti in tutto il mondo. In Italia, l’apporto dei 5 milioni e mezzo di cittadini stranieri è controbilanciato da un’emorragia di cittadini italiani verso l’estero: nel 2015 il dato ha raggiunto quota 5,2 milioni con un incremento di ben 200 mila unità soltanto durante lo scorso anno. Tra i cittadini stranieri presenti in Italia, invece, sono più di un milione quelli che hanno acquisito la cittadinanza, con un recente incremento di donne.
A livello mondiale, i numeri delle migrazioni hanno ordini di grandezza diversi: nel 2015 sono 244 milioni le persone che hanno lasciato la propria terra. Tra loro, i migranti forzati sono ben 65,3 milioni tra richiedenti asilo, rifugiati e profughi. Un picco mai raggiunto in precedenza, spiega il rapporto, con 21,3 milioni di rifugiati e 3,2 milioni di richiedenti asilo in attesa di una decisione sulla loro domanda. “Nelle attuali situazioni questi flussi sono in larga misura ineliminabili – spiega il dossier – perché, allo strascico lasciato dal passato coloniale, si aggiungono pesanti fattori strutturali: guerre, scontri politici interni, autoritarismi dei dirigenti locali, corruzione e condizionamenti dall’esterno, dissesti finanziari, disastri naturali e persecuzioni di varia natura. I paesi di origine hanno in parte bisogno della valvola dell’emigrazione, anche perché lo slogan ‘aiutiamoli a casa loro’, un ottimo proposito, resta non realizzato. Serve, dunque, una visione più globale nel mondo della politica, come anche in quello culturale, sociale e religioso”.
Ad avere un peso significativo sul totale dei numeri raccolti nel dossier, quelli relativi ai migranti che hanno dovuto lasciare la Siria. Su 23 milioni di abitanti, spiega il dossier, sono 250 mila i morti dal 2011 e milioni le persone che hanno abbandonato il paese. Sono 2,5 milioni i siriani che si trovano in Turchia e oltre 1 milione quelli in Libano. Nel solo 2015, inoltre, la Germania ne ha accolto un milione. Siriani che nel 2015 rappresentano la metà (49 per cento) di quelli che sono riusciti a sbarcare sulle coste meridionali europee. Complessivamente, nel 2015, gli sbarchi hanno riguardato più di un milione di persone, di cui 850 mila in Grecia e 150 mila in Italia. Nel corso del 2016, pur a fronte di una significativa diminuzione degli arrivi via mare (poco più di 270mila nel mese di agosto, per effetto del discusso accordo Ue-Turchia), è cresciuto il numero di decessi (3.168), portando a un livello di estrema pericolosità la rotta del Mediterraneo centrale.
Ad andare in crisi, in questi mesi, è stata proprio l’accoglienza da parte dell’Unione europea, spiega il dossier. “Sono venute a mancare sia la disponibilità volontaria a ripartire gli oneri dell’accoglienza in maniera solidale tramite le operazioni di relocation – spiega il rapporto –, sia una base condivisa per modificare la normativa in vigore, rivelatasi del tutto inadeguata”. La “relocation” di 160 mila richiedenti asilo in altri Stati membri per alleggerire il peso gravante su Grecia, Ungheria e Italia prevista dall’Agenda Europea sulle migrazioni adottata proprio nel 2015 non ha funzionato: secondo il rapporto dall’Italia è stato possibile effettuare poco più di un migliaio di trasferimenti. A fronte di questo insuccesso, però, ci sono anche esperienze positive che non vanno trascurate, come quella dei corridoi umanitari, come dimostrato dall’iniziativa a favore di 1.000 siriani realizzata, in accordo con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dalla Chiesa Valdese e dalla Comunità di S. Egidio.
Le migrazioni forzate, però, secondo gli studiosi, rappresentano una quota ridotta rispetto ai cosiddetti “migranti dimenticati”, cioè gli stanziali. Tra loro, notevole è il sostegno ai paesi di origine evidenziato dalle rimesse che dopo gli anni della crisi sta conoscendo una stabilizzazione. “Ai paesi in via di sviluppo nel 2015 sono pervenuti 431,6 miliardi di dollari – spiega il dossier -, mentre 150 miliardi di dollari sono stati inviati verso i paesi a sviluppo avanzato. Nello stesso anno le rimesse dall’Ue verso i paesi terzi sono state pari a 30,3 miliardi di euro, di cui 9,4 dalla sola Francia. La Banca Mondiale stima che nel 2050 il flusso globale arriverà a 650 miliardi di dollari”. In Italia, il picco delle rimesse si è registrato nel 2011, con 7,4 miliardi di euro. Nel 2015 si è scesi a 5,3 miliardi. Consistente la diminuzione del flusso monetario verso la Cina (da 2,6 miliardi di euro nel 2011 a 0,6 miliardi nel 2015), che prima non si limitava alle transazioni individuali e includeva anche quelle commerciali. (Agenzia Redattore Sociale)