Napoli, #UnPopoloincammino contro la camorra

un popolo in cammino contro la camorra

NAPOLI – Una marcia contro le camorre. A Napoli sabato 5 dicembre (si parte da piazza Dante alle 10.30) è prevista la manifestazione #UnPopoloincammino – promossa dalla comunità del rione Sanità, dalle parrocchie alle associazioni tra cui Libera e Insurgencia, dai sindacati come Cigil e Usb ai movimenti di Lotta per il lavoro – per dire no alla violenza e a tutti i tipi di camorra. A scendere in piazza, a tre mesi dalla morte del diciassettenne Genny Cesarano proprio per le vie del quartiere napoletano, saranno giovani, studenti, cittadini, insieme ai firmatari dell’appello “per la giustizia sociale”.

La violenza delle camorre ha ammazzato negli ultimi sei mesi quarantanove persone – recita l’appello – Da tempo le nostre strade assistono inermi a una guerra che colpisce innocenti, giovani, persone che pagano lo scotto di essere cresciuti in un Sud, in una città, nei quartieri di periferia e nei buchi neri del centro, lasciati senza cultura, sviluppo, futuro. Restare in silenzio non è più possibile. Non vogliamo più contare morti a Napoli: non è solo la violenza di chi spara, ma anche di chi ha l’arroganza di credere di poter governare interi quartieri, di stabilire un controllo serrato sulle nostre vite”.

Una manifestazione che parte dalla Sanità per non finire però nel rione napoletano, conosciuto negli ultimi mesi solo per il degrado e i morti ammazzati, ma coinvolgere l’intera città. In migliaia saranno in marcia per le strade principali di Napoli fino alla sede della Prefettura, a cui i manifestanti porteranno proposte concrete. “Abbiamo bisogno di scuole. Nella nostra regione un ragazzo su quattro non va a scuola. Chi abbandona la scuola è facile vittima del sistema criminale. Abbiamo bisogno di lavoro e di diritti. Disoccupazione e assenza di politiche sociali lasciano molto spesso davanti ad un ricatto: o emigrare o piegarsi alle logiche della corruzione e delle mafie. Abbiamo bisogno di sicurezza. Non c’è bisogno di eserciti, ma di normalità. Il maggior motivo di insicurezza sono le diseguaglianze e la povertà. Bisogna presidiare i nostri territori e fermare la violenza”.

A sottolineare che il modello di sicurezza deve essere diverso da quello proposto dal governo – non solo potenziamento della repressione ma anche modelli di vita differenti a cui i giovani possano guardare come alternativa alla strada –  Gino Monteleone, del Comitato organizzatore, tra gli attivisti, proprio come il papà del giovanissimo Gennaro Cesarano, del movimento Lotta per il lavoro: “Tra le priorità su cui bisogna intervenire ci sono la scuola, anche attraverso un’apertura pomeridiana delle scuole, e il lavoro in tutte le forme possibili come opportunità per i giovanissimi, sempre più spesso vittima del sistema”.
A tenere alta l’attenzione su questi punti, tra le forze più attive e combattive, le mamme della Sanità, che, sostenute dai preti anti-clan, in primis padre Alex Zanotelli e don Antonio Loffredo, di fronte all’escalation di omicidi chiedono al governo il tempo pieno a scuola per i loro figli.