Ndrangheta, Dolce: ”politica calabrese non seriamante impegnata nella lotta antimafia”
PESCARA – Una Calabria non disposta a liberarsi della ‘Ndrangheta, almeno a livello politico ancora non è pronta, considerato il contributo che le cosche apportano ai politici durante gli appuntamenti elettorali. Non è l’amara considerazione di un cittadino qualunque. E’, in estrema sintesi, parte del discorso con cui il sostituto procuratore generale di Catanzaro, Salvatore Dolce, ha ritirato il Premio Borsellino. Durante la manifestazione, giunta alla 26esima edizione e svoltasi a Pescara, il magistrato non ha usato mezzi termini: “La classe politica calabrese è in buona parte molto lontana dal condividere un percorso serio di lotta alla ‘ndrangheta. Ci sono ancora pacchetti importanti di voti controllati da mafiosi, che sono in grado di spostarli dove vogliono, su quale partito vogliono e su quale candidato vogliono”.“A livello nazionale – ha aggiunto Dolce – avverto un’aria abbastanza diversa, ma anche lì ci sono dei lunghi passi in avanti da fare. Penso che una presa di coscienza rispetto a un fenomeno che non si puo’ più sopportare, perché incide in maniera troppo pesante, ha un costo troppo alto dal punto di vista civile, delle libertà e anche economico, ci sia. Un fenomeno che non puo’ che essere abbattuto in maniera seria; si ha la percezione che la classe politica nazionale questo lo stia comprendendo”. Secondo il procuratore sono di più, rispetto al passato, le vittime della criminalità organizzata che riescono a venire allo scoperto e a denunciare: “Si ha fiducia nella giustizia – ha detto – e questo lo avvertiamo anche come un onere. Forse ancora oggi rappresentiamo l’ultimo baluardo per il cittadino e per gli ‘ultimi’”.
“La lotta alla mafia, non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà, che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. (Paolo Borsellino)