“Non aver paura”: così si spiegano gli attentati di Bruxelles ai bambini
ROMA – Le scuole, questa volta, non sono state chiuse. I bambini belgi sono tornati subito dietro i banchi. Rinforzate le misure di sicurezza, sospese le gite, limitate al massimo le uscite dall’aula. Ma anche diffusi materiali “didattici”, perché i bambini sappiano, conoscano, comprendano, ma nel modo più adeguato alla loro età. Così il Belgio affronta l’emergenza sicurezza con i suoi bambini. Nell’area fiamminga del paese – di cui meno si parla in queste ore, ma che pura sta affrontando la paura diffusa dalla vicina Bruxelles – ieri sera è andata in onda un’edizione speciale del Tg ragazzi “Karrewiet”, in cui si è raccontato, discusso con gli ospiti in studio e in parte mostrato con le immagini più adeguate quanto era avvenuto la mattina. “All’inizio e alla fine ci sono i loro ‘idoli’ che ne parlano”, ci spiega Katleen Callewaert, che vive vicino Anversa e ha due bambini di 10 e 6 anni, oggi regolarmente a scuola. “I temi affrontati dall’edizione speciale del tg sono: ‘non aver paura’, ‘la vita deve continuare’, ‘i musulmani sono persone amiche, IS è un’altra cosa!’ Dalla scuola abbiamo invece ricevuto una circolare di due pagine: una con le misure di sicurezza, una con i consigli su come affrontare la questione con i bambini, nelle diverse fasce d’età”.
Il ministero dell’Istruzione ha infatti diffuso una circolare tra le famiglie, per annunciare le misure di sicurezza e vigilanza supplementari adottate nei pressi degli istituti scolastici e fonrendo una serie di indicazioni a insegnanti e polizia addetta alla sorveglianza: tra queste, tenere i bambini all’interno e rinviare tutte le attività extra-curriculari, essere vigili e segnalare la presenza di eventuali estranei sospetti, rivedere o elaborare un piano di emergenza, ma anche parlare con i bambini e i ragazzi, che “ hanno appreso la notizia da radio, televisione e social media. Le immagini da Bruxelles e i discorsi sulla crescente minaccia del terrorismo possono destare preoccupazione e dubbi nei giovani. Il consiglio è quello di dedicarsi a loro in questa direzione”, si legge nella circolare.
A questo scopo, sono stati diffusi materiali all’interno delle singole scuole, su come “informare in modo corretto” e “parlare con il giusto linguaggio”. Tra i materiali forniti ai genitori, c’è un breve vademecum su come affrontare la questione con i bambini e i ragazzi, a seconda delle fasce d’età: il vademecum è tratto da una brochure, “I bambini e la guerra nei social media”, rivolta ai genitori, diffusa in occasione degli attentati di Parigi. Il consiglio generale è di “non ignorare le domande dei vostri figli”, ma al tempo stesso “controllare le proprie emozioni prima di parlare con loro, per non rivelare le proprie paure e le proprie ansie”. Occorre poi rassicurare il bambino che “Sebbene Bruxelles sia vicina a lui, sono state elevate le misure di sicurezza e tutto è sotto controllo”. Si consiglia poi di controllare e limitare l’accesso dei bambini ai notiziari televisivi, indirizzandoli possibilmente verso quelli a loro dedicati. Informare quindi è giusto e doveroso, ma la raccomandazione è anche di “non dare più informazioni del necessario”.
Per quanto riguarda le diverse età, fino ai 2 anni “i bambini non comprendono il significato della guerra o degli attacchi terroristici. Assicurarsi che non vedono nulla”. Dai 2 ai 4 anni, “limitare al massimo l’accesso alle immagini televisive e non dire più del necessario. Mantenere la routine soprattutto nel coricarsi a letto, perché i bambini capiscano che possono sentirsi al sicuro”. Successivamente, dai 6 ai 10 anni, “i bambini che parlano tra loro a scuola possono tornare a casa con svere e proprie storie dell’orrore. Cercate di controllare le idee che si fanno. E ricordate che a 6-7 anni i bambini credono ancora in Babbo Natale. Vanno soprattutto rassicurati che questi attacchi non accadranno qui”. Con i più grandi invece, che “a Babbo Notale non credono più, si possono approfondire le informazioni”.
Per quanto riguarda i bambini di 10 anni, questi “possono davvero sentirsi in pericolo perché capiscono molto. Fanno domande e vogliono sapere, ad esempio, il significato del terrorismo. A questa età possono comprendere quali sono le conseguenze per i civili. E potranno anche fare domande circa il ruolo dell’Islam. Questi bambini hanno un grande bisogno di informazioni, su ciò che vedono e sentono. Ma è importante rassicurare perché si sentano protetti”. Gli adolescenti invece “possono reagire in modo molto diverso, fino a provare veramente ansia. Proprio quando un adolescente reagisce con violenza emotiva, è importante far sapere che è parte della famiglia e che i genitori saranno sempre lì per loro”. (Agenzia Redattore Sociale)