Nuove sfide nella patologia oncologica

tmn CANCRO ANGELO PAGINI

di Dr. Angelo Cagini* per la rubrica IL CAMICE BIANCO

Dal 1o Gennaio 2018 inizieremo ad usare l’8a  edizione del TNM.

Ma cosa è?

Si tratta di una pubblicazione specialistica ma che ha un notevole impatto sulla prognosi e sulla terapia dei pazienti oncologici, la cui storia inizia alla fine degli anni ’40 [Enquete permanent dans les centres anticancereux, P. Denoix, Bull. Inst. Nat. Hyg., Vol. 1 (1946), 70] prendendo le mosse dalle leghe contro il cancro di varie nazioni attualmente raccolte nella UICC (Union for International Cancer Control) e si è evoluta negli anni dall’esperienza di patologi, radiologi, chirurghi ed oncologi raccogliendo una sempre maggiore mole di dati che hanno permesso di ottenere quelli che sono dati basati sull’evidenza, cioè basati su numerosi studi scientifici.

A cosa serve?

Quello che popolarmente chiamiamo cancro è nella realtà un insieme eterogeneo di patologie differenti per sede, patogenesi ed iter diagnostico-terapeutico; una diagnosi di una neoplasia maligna attraverso una procedura bioptica è solo l’inizio di un lungo percorso che porterà a stabilire una prognosi ed una terapia. Va effettuata una stima della malattia prima attraverso criteri clinici quali una visita medica accurata, diagnostica per immagini (Tomografia computerizzata o Risonanza Magnetica), talvolta tramite valori di laboratorio od in altri casi mediante un’esplorazione chirurgica. Dopodiché, nei casi operabili, va effettuata la stadiazione patologica eseguita attraverso un esame macroscopico e microscopico dell’organo escisso dal chirurgo; questo cambia a seconda del tipo di intervento e di patologia diagnosticata all’esame bioptico. Generalmente va valutata l’estensione di malattia, il coinvolgimento di altri organi e/o linfonodi, la radicalità dell’escissione chirurgica, confermato l’istotipo ed altri fattori prognostici malattia-specifici.

Come funziona?

Il nome è un acronimo per Tumore, Linfonodi, Metastasi (a distanza); questi tre elementi rappresentano il cardine con cui viene “stadiata” la patologia neoplastica ovvero come viene definita la sua gravità.

Tumore: a questa voce si valuta la dimensione del tumore (una neoplasia di pochi millimetri ha minore probabilità di esprimere aggressività rispetto ad una grande come una noce); la profondità di infiltrazione, in caso si tratti di un organo cavo quale intestino o vescica, perché man mano che si scende nella profondità della parete si incontrano un maggior numero di vasi linfatici o sanguigni da cui la malattia può disseminarsi; l’infiltrazione di altri organi perché è un segnale di malattia localmente avanzata.

Linfonodi: una neoplasia maligna spesso si diffonde come primo passo alle stazioni linfonodali vicine dando metastasi, cioè quelle che possono essere considerate delle colonie del tumore “madrepatria” (primitivo). Un linfonodo metastatico è un segno di malattia localmente avanzata. Bisogna valutarne il numero e la sede dei linfonodi coinvolti.

Metastasi (a distanza): è la presenza di ripetizioni della malattia lontano dall’organo primitivamente coinvolto e che possono localizzarsi a qualsiasi distretto corporeo (ossa, polmoni, fegato, cervello, etc.). Sono sempre segno di uno stadio avanzato di malattia che necessita di chemio o radioterapia.

Questo tipo di classificazione però ha mostrato negli anni dei limiti nel descrivere il comportamento delle patologie neoplastiche maligne.

Cosa è cambiato?

Sono cambiate numerose cose in questa nuova edizione, a partire dal fatto che ne esistono due versioni (UICC e AJCC – American Joint Committee on Cancer) che però non differiscono tra loro  per le questioni sostanziali. In ogni caso la nuova filosofia del sistema di stadiazione, più accentuata nel sistema americano, è quella di un passaggio tra un approccio di popolazione a quello personalizzato. Cosa vuol dire questo per il grande pubblico? Che negli anni a venire il sistema su base prettamente anatomica verrà affiancato da una serie di dati bio-patologici che indicheranno una risposta ad un dato trattamento o la tendenza a metastatizzare. Questo già avviene nel carcinoma mammario con lo studio dei recettori ormonali e per HER2\neu e sta avvenendo nel carcinoma polmonare e nei carcinomi squamosi del distretto testa-collo (un origine mediata dal Papillomavirus sembra avere una prognosi migliore). Questo porterà ad avere una prognosi ed una terapia sempre più personalizzate, che terranno conto delle differenze tra paziente e paziente.

In conclusione, anche se non immediatamente, i pazienti oncologici si gioveranno di più precisi strumenti per delineare la terapia e le possibilità di sopravvivenza.

*Dr. Angelo Cagini, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Perugia, è attualmente medico in formazione specialistica in Anatomia Patologica  presso l’Azienda Ospedaliera di Perugia.