Pass auto per bambino con leucemia? Mamma in guerra contro burocrazia
BOLOGNA – Quel pass invalidi è un loro diritto, dovendo assistere un bambino di sei anni malato di leucemia mieloide, ma per ottenerlo devono prima portare il bambino davanti a un medico legale della mutua. Con tutti i rischi che questo comporta per un piccolo che è immunodepresso e non dovrebbe troppo frequentare luoghi chiusi e affollati. E’ un caso, dal sapore un po’ paradossale, di burocrazia che succede a Bologna, dove una famiglia- da due mesi alle prese con una malattia gravissima- ora si ritrova pure ‘bloccata’ in questa situazione per cui, nonostante dall’Inps sia già arrivato il documento che attesta l’invalidità del bambino al 100% per i prossimi due anni, il Comune per rilasciare il pass per l’auto (previsto dalla legge 104 e come è ovvio e necessario per facilitare gli spostamenti casa-ospedale, quando il bambino non è ricoverato) esige una visita davanti a un medico legale, visita a cui deve essere presente il bambino. La mamma del piccolo, in queste settimane rimbalzata di medico in medico per comprendere la procedura, ora che è arrivata a capire come stanno le cose è incredula e sta pensando di di scrivere al sindaco Virginio Merola per chiedergli di valutare una modifica della prassi, almeno per i minori affetti da gravi patologie. Quella prevista dal Comune, si sfoga la mamma, è una procedura “fredda” e “assurda”, oltre che “non rispettosa del bambino e della sua famiglia“. Non solo perchè i tempi di prenotazione di questa ipotetica visita tramite Cup sono lunghissimi (circa due mesi), ma soprattutto perchè questo meccanismo prevede che il bambino venga necessariamente fisicamente portato al poliambulatorio per la visita, in seguito alla quale poi Tper provvederà a rilasciare il contrassegno.
Dice la mamma: “Non accetto una procedura del genere che ostacola e mette in difficoltà chi già sta sopportando abbastanza fatiche e dolori”. Che al sindaco di Bologna vorrebbe chiedere di rivedere la procedura nei casi relativi a minori affetti da gravi patologie. “Personalmente- dice ancora- non porterò mio figlio alla visita medico legale per ottenere il pass che mi spetta però di diritto“. La storia è ancora più incredibile, poi, spiega la mamma, perchè questa visita davanti al medico legale è prevista nonostante ce ne sia già stata un’altra di un medico della Ausl. Si è trattato di una visita domiciliare (in questo caso effettuata in ospedale, visto che il bimbo è ricoverato da due mesi e non può uscire), in cui l’ufficiale medico dell’Ausl ha accertato, sulla base dei documenti forniti dai camici bianchi del reparto, la situazione del bimbo. A questo punto, si chiede la mamma, non potrebbe semplicemente esserci un passaggio di carte tra uffici? “A cosa serve il lungo e umiliante percorso di passare attraverso una nuova visita in cui di nuovo vengono esaminati i documenti, con l’obbligo di portare un bambino in un luogo per lui potenzialmente pericoloso, quando in più siamo già in possesso dell’attestazione di invalidità da parte dell’Inps?”. Al di là della macchinosità della procedura, quello che più ha fatto infuriare la mamma è stato il fatto di essere “trattata come una che vuole rubare un pass“. A partire dai modi piuttosto sbrigativi e scostanti con cui le hanno parlato il personale Ausl interpellato e il medico legale, che ha liquidato le sue rimostranze dicendo in sostanza: “Ci porti suo figlio con la mascherina come fanno tutti, signora”.
Tra le altre cose, poi, la Ausl mette anche in dubbio la necessità del pass: “Se il bambino non può essere trasportato- si è sentita dire la mamma dal medico che ha visitato il piccolo in ospedale- non le serve il pass invalidi”. Eppure, obietta la mamma, “stiamo parlando di un bambino affetto da leucemia mieloide che avrà bisogno di assistenza continuativa per almeno i prossimi due anni e che spero di poter trasportare in macchina almeno per il tragitto da casa all’ospedale per le prossime visite”. Francesca Testoni, la responsabile assistenza e comunicazione di Ageop (associazione bolognese che da oltre tren’tanni assiste i bambini malati di tumore e le loro famiglie) conosce bene il problema. E, parlando alla ‘Dire’, conferma: “La situazione è kafkiana“, dice a proposito delle traversie che una famiglia di un bambino malato deve affrontare per avere il pass per l’auto previsto dalla legge 104. “Negli anni 2000 eravamo riusciti a sensibilizzare un medico dell’Inps e per un po’ le cose sono andate meglio. Ora quel medico è andato in pensione e i problemi sono ricominciati”, racconta. “Durante la visita dell’Ausl in ospedale, alle famiglie dei piccoli ricoverati viene detto che finchè il bambino è ricoverato non è giustificato il bisogno del pass. Ma è ovvio che questo bambino, se anche ora è in ospedale, un domani dovrà fare terapie in day hospital, follow up e tornare per i controlli. Costringerli a un’altra visita, spesso con modi bruschi, è una complicazione inutile per persone che sono già provate da una situazione difficile. E prevedere che il bambino debba essere presente, poi, è assurdo”. Problemi analoghi si verificano per aprire un conto posta o fare la carta d’identità, per cui Poste e uffici comunali richiedono la presenza fisica del bambino. “Basterebbe che il Comune facesse una circolare relativa ai minori oncologici“, conclude. (DIRE)