Pena di morte, in aumento esecuzioni
ROMA – Aumentano le esecuzioni capitali nel 2015: il terribile primato per il maggior numero di pene eseguite spetta a Cina, Iran e Pakistan. Mentre i primi Paesi-boia del 2016 (al 30 giugno) sono Cina, Iran e Arabia Saudita. A fotografare la situazione della pena di morte nel mondo è il Rapporto 2016 di Nessuno tocchi Caino, edito da Reality Book, che analizza il fenomeno nel 2015 e nei primi sei mesi del 2016, presentato oggi a Roma. Come ogni anno è stato assegnato anche il Premio promosso da Nessuno tocchi Caino alla personalità che più di ogni altra si è impegnata sul fronte dell’abolizione della pena di morte: quest’anno è stato conferito a Marco Pannella,leader del Partito Radicale, fondatore e Presidente di Nessuno tocchi Caino, morto il 19 maggio 2016. Per la prima volta, il premio viene assegnato alla memoria e, in via eccezionale, muta denominazione da “L’Abolizionista dell’Anno” in “L’Abolizionista del Secolo”, “essendo stato ultraventennale l’impegno di Marco Pannella per porre fine alle pene o trattamenti inumani e degradanti, ovunque nel mondo” spiegano gli organizzatori.
Nel dettaglio, dal rapporto emerge che l’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo da oltre quindici anni, si è confermata nel 2015 e nei primi sei mesi del 2016. I Paesi o i territori che hanno deciso di abolirla per legge o in pratica sono oggi 160. Di questi, i Paesi totalmente abolizionisti sono 104; gli abolizionisti per crimini ordinari sono 6; quelli che attuano una moratoria delle esecuzioni sono 6; i Paesi abolizionisti di fatto, che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono impegnati internazionalmente ad abolire la pena di morte, sono 44. I Paesi mantenitori della pena di morte sono progressivamente diminuiti nel corso degli ultimi dieci anni: nel 2016, al 30 giugno, erano scesi a 38, rispetto ai 54 nel 2005.
Aumentano le esecuzioni nel 2015. Nel 2015, i Paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali sono stati 25, rispetto ai 22 del 2014, mentre erano stati 26 nel 2008. Nel 2015, le esecuzioni sono state almeno 4.040, a fronte delle almeno 3.576 del 2014, mentre erano state almeno 5.735 nel 2008. Il significativo aumento delle esecuzioni nel 2015 rispetto al 2014 si giustifica con l’incremento registrato in Iran, Pakistan e Arabia Saudita. Nei primi sei mesi del 2016, almeno 1.685 esecuzioni sono state effettuate in 17 Paesi e territori. Nel 2015, non si sono registrate esecuzioni in 3 Paesi – Bielorussia, Guinea Equatoriale e Palestina (Striscia di Gaza) – che le avevano effettuate nel 2014. Nei primi sei mesi del 2016, non si sono registrate esecuzioni in 7 Paesi – Ciad, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, India, Indonesia e Oman – che le avevano effettuate nel 2015. Viceversa, 5 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2014, le hanno riprese nel 2015: Indonesia (14), Ciad (10), Bangladesh (4), Oman (2) e India (1). Altri 3 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2015, le hanno riprese nel 2016: Botswana (1), Bielorussia (1) e Palestina (Striscia di Gaza) (3). “Anche se non è possibile confermarlo – si legge nel rapporto -, è probabile che esecuzioni “legali” siano avvenute anche in Siria nel 2015 e in Corea del Nord, Siria, Sudan, Vietnam e Yemen nei primi sei mesi del 2016”.
Ancora una volta, l’Asia si conferma essere il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo. Se stimiamo che in Cina vi sono state almeno 2.400 esecuzioni (più o meno come nel 2014), il dato complessivo del 2015 nel continente asiatico corrisponde ad almeno 3.946 esecuzioni (il 97,6 per cento), un po’ di più rispetto al 2014 quando erano state almeno 3.471. Nei primi sei mesi del 2016, nel continente asiatico sono state effettuate almeno 1.642 esecuzioni (il 98 per cento) in 12 Paesi. Le Americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti,l’unico Paese del continente che ha compiuto esecuzioni nel 2015 (28) e nei primi sei mesi del 2016 (14). In molti Paesi dei Caraibi, non sono state comminate nuove condanne a morte e i bracci della morte erano ancora vuoti alla fine dell’anno.
In Africa, nel 2015, la pena di morte è stata praticata in 5 Paesi (1 in più rispetto al 2014) e sono state registrate almeno 66 esecuzioni (1 in meno rispetto al 2014): Somalia (almeno 25), Egitto (almeno 22), Ciad (10), Sudan del Sud (almeno 5) e Sudan (almeno 4). Nei primi sei mesi del 2016, sono state effettuate almeno 16 esecuzioni in 3 Paesi del continente: Somalia (almeno 13), Sudan del Sud (almeno 2) e Botswana (1). Nel 2015, non si sono registrate esecuzioni in Guinea Equatoriale che le aveva effettuate nel 2014 e, nei primi sei mei del 2016, in Ciad ed Egitto che le avevano praticate nel 2015, mentre è probabile che esecuzioni “legali” siano avvenute in Sudan nel 2016 anche se non è possibile confermarlo. Nell’aprile 2015, il Gruppo di Lavoro sulla Pena di Morte della Commissione Africana per i Diritti Umani e dei Popoli (Achpr) ha adottato la bozza di Protocollo alla Carta Africana dei Diritti Umani e dei Popoli per l’Abolizione della Pena di Morte in Africa. La bozza di Protocollo è ancora al vaglio dell’Unione Africana. In Europa, l’unica eccezione in un continente altrimenti totalmente libero dalla pena di morte è rappresentata dalla Bielorussia, un Paese che negli ultimi anni ha continuato a giustiziare suoi cittadini. Nel 2015, non risulta siano state effettuate esecuzioni che però sono riprese nei primi sei mesi del 2016 (almeno 1). Per quanto riguarda il resto dell’Europa, tutti gli altri Paesi l’hanno abolita in tutte le circostanze, mentre la Russia rispetta una moratoria legale delle esecuzioni.
Si rafforza il fronte abolizionista. Nel 2015 e nei primi sei mesi del 2016, altri 6 Paesi hanno rafforzato ulteriormente il fronte a vario titolo abolizionista: Costa d’Avorio, Figi, Mongolia, Nauru e Suriname hanno abolito totalmente la pena di morte; lo Zimbabwe ha superato i dieci anni senza effettuare esecuzioni e quindi può essere considerato un abolizionista di fatto. Negli Stati Uniti, nel maggio 2015 il Nebraska è diventato il diciannovesimo Stato della federazione ad abolire la pena di morte e il settimo a farlo negli ultimi otto anni. In altri quattro Stati – Washington, Colorado, Pennsylvania e Oregon – i Governatori hanno sospeso le esecuzioni a causa degli evidenti difetti che connotano il sistema capitale. Nello stesso periodo, ulteriori passi politici o legislativi verso l’abolizione o la moratoria di fatto della pena capitale si sono verificati in 43 Paesi. In 5 Paesi – Burkina Faso, Corea del Sud, Guinea, Kenya e Uganda – sono state annunciate o proposte leggi per l’abolizione della pena di morte nella Costituzione o nei codici penali, mentre il Vietnam ha ridotto il numero di reati capitali. Altri 8 Paesi – Guyana, Laos, Liberia, Malawi, Niger, Sierra Leone, Tagikistan e Tailandia – hanno accettato raccomandazioni o annunciato passi verso l’abolizione della pena di morte in sede di Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani dell’Onu. Altri 12 Paesi hanno confermato la loro politica di moratoria di fatto sulla pena di morte o sulle esecuzioni in atto da molti anni: Bahrein, Comore, Eritrea, Etiopia, Libano, Marocco, Papua Nuova Guinea, Qatar, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Tunisia e Zambia. Nella Regione dei Caraibi, in 6 Paesi – Belize, Cuba, Dominica, Giamaica, Guatemala e Saint Lucia – non sono state comminate nuove condanne a morte e i bracci della morte erano ancora vuoti alla fine del 2015. In altri 5 Paesi della Regione dei Caraibi – Antigua e Barbuda, Bahamas, Grenada, Saint Kitts e Nevis e Saint Vincent e Grenadine – non sono state comminate nuove condanne a morte e i condannati nei bracci della morte erano poche unità. Inoltre, commutazioni collettive di pene capitali o sospensioni di esecuzioni a tempo indeterminato sono state decise in 7 Paesi: Camerun, Gambia, Ghana, Myanmar, Nigeria, Sri Lanka e Swaziland.
Sul fronte opposto, 5 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2014, le hanno riprese nel 2015: Indonesia (14), Ciad (10), Bangladesh (4), Oman (2) e India (1). Altri 3 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2015, le hanno riprese nel 2016: Botswana (1), Bielorussia (1) e Palestina (Striscia di Gaza) (3). Ciad e Oman hanno ripreso le esecuzioni dopo, rispettivamente, 12 e 6 anni di moratoria di fatto. (Agenzia Redattore Sociale)