Piccoli paesi rivivono grazie alle cooperative di cittadini
MILANO – In un piccolo paese sull’appennino tosco-emiliano i pochi residenti hanno dato vita a una cooperativa di comunità: fanno accoglienza turistica, gestiscono un bar, garantiscono piccoli ma importanti servizi come lo scuolabus. A Catania, un prato abbandonato è diventato la sede di un’associazione sportiva di rugby, che coinvolge decine di ragazzi di uno dei quartieri più difficili. Sono solo due dei tanti esempi di gestione dei beni comuni da parte dei cittadini che si possono incontrare in giro per l’Italia. E da poco più di un anno questi cittadini e le loro amministrazioni comunali hanno uno strumento in più, di tipo giuridico, che li tutela. È il Regolamento sull’amministrazione condivisa dei beni comuni, predisposto dall’associazione Labsus e ora adottato da 65 comuni mentre altri 82 sono in procinto di fare altrettanto. Un Regolamento che ciascun comune modifica in base alle proprie esigenze e che regola le modalità di coinvolgimento diretto dei cittadini nel gestire quei luoghi o servizi che troppo spesso sono abbandonati o non più erogati.
Labsus ha pubblicato in questi giorni il primo rapporto annuale sull’andamento del Regolamento. Sono il Sud e le isole (37%) e il Centro (33%) a presentare il numero più elevato di Comuni che lo hanno già adottato. “Le prime considerazioni interessanti scaturiscono dall’analisi delle Regioni di appartenenza dei comuni che hanno adottato il Regolamento -si legge nel Rapporto-. Al vertice della classifica si colloca infatti la Campania con sette comuni, seguita a breve distanza da Toscana e Puglia (6), Lazio e Umbria (5). Solo a voler considerare queste posizioni si ricava un’immagine delle diverse motivazioni che possono essere alla base della sua adozione: una tradizione di attivismo civico (Toscana, Umbria), un contesto socio-politico complesso e affatto immune da collusioni non sempre virtuose tra sistema politico ed economico (Campania, Lazio), un rinnovamento culturale in atto su diversi fronti (Puglia)”. In prevalenza sono Comuni con più di 2 mila abitanti e meno di 50 mila. Tra i Comuni che hanno adottato il Regolamento solo Torino supera i 500.000. In 34 dei 54 comuni che hanno adottato il Regolamento sono state le amministrazioni ad attivarsi, a riprova di una nuova sensibilità nei confronti delle forme di collaborazione con i cittadini. Nei casi in cui sono state le amministrazioni ad attivarsi, si registra un maggiore attivismo da parte delle giunte di cen- tro-sinistra (29 casi) e delle liste civiche (18); i restanti casi (7) sono distribuiti tra centro, centro-destra, M5S.
“Spesso in questi anni gli amministratori locali si sono opposti al coinvolgimento dei cittadini nella cura dei beni comuni urbani perché mancando disposizioni legislative o regolamentari temevano l’assunzione di responsabilità derivanti dall’attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà -ricorda nell’introduzione Giorgio Arena, presidente di Labsus-. Grazie al Regolamento quel vuoto normativo non c’è più e neppure l’alibi per tutti coloro che preferiscono che i cittadini non siano attivi e responsabili ma continuino ad essere semplici amministrati. Soprattutto, non c’è più l’ostacolo che, impedendo ai cittadini di assumersi la responsabilità della cura dei beni comuni urbani, impediva di liberare nell’interesse generale le infinite energie presenti nelle nostre comunità locali. Migliaia di cittadini attivi si stanno già prendendo cura dei beni comuni presenti sul proprio territorio, ma senza la consapevolezza che le loro singole, spesso piccole ed isolate iniziative potrebbero far parte di un più ampio movimento di ricostruzione materiale e morale del Paese”.
Nel 2001 il modello dell’amministrazione condivisa da mera ipotesi teorica è diventata disposizione costituzionale grazie all’introduzione nel nuovo Titolo V della Costituzione del principio di sussidiarietà, secondo questa formulazione: “Stato, regioni, province, città metropolitane e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (art. 118, ultimo comma). Mancava però uno strumento che permettesse ai sindaci e cittadini di realizzare in concreto il dettato costituzionale. Con il modello di regolamento predisposto da Labsus ora questo strumento c’è. Per info: www.labsus.org. (Redattore Sociale)