Presenta a Parigi la sua collezione d’arte, poi torna a Tunisi: rischia l’espulsione
PARIGI – Si chiama Karim Traoré, è ivoriano e a Tunisi aveva ricominciato una nuova vita avviando un piccolo laboratorio tessile. Con un regolare visto Schengen in mano, lo scorso 26 Novembre aveva preso un volo per Parigi, per andare a presentare le creazioni del suo atelier. Oggi rischia di essere espulso. Di ritorno a Tunisi, infatti, è stato fermato dalla polizia tunisina che lo ha lasciato senza cibo e senza la possibilità di contattare il suo avvocato, intimandogli l’espulsione, senza mostrare alcun documento ufficiale .
La storia di Hamidou, come lo chiamano tutti a Tunisi, è la storia che accomuna i tanti profughi che nel 2011, all’indomani dello scoppio della guerra in Libia, hanno raggiunto la frontiera di Ras Jadir per stabilirsi nell’enorme campo di Choucha: un campo gestito da Unhcr, col supporto dell’Oim, del Consiglio danese per i rifugiati e della Croce Rossa tunisina e che è restato aperto “ufficialmente” dal 23 febbraio 2011 al 30 giugno 2013. All’indomani della chiusura del campo, Hamidou riceve il respingimento della propria domanda di reinsediamento in un Paese terzo sicuro da parte di Unhcr: l’unico organo responsabile di prendere in esame le domande di protezione internazionale inoltrate dai migranti residenti nel campo, poiché la Tunisia manca di legislazione chiara sul diritto d’asilo (nonostante risulti firmataria della Convenzione di Ginevra del 28 Luglio del 1951 relativa allo statuto dei rifugiati). Dalla chiusura del campo l’esistenza di Hamidou (così come quella di tanti altri richiedenti asilo nel Paese) resta sospesa in mezzo al deserto. Finalmente, nel 2013, il ragazzo riesce a lasciare Choucha per stabilirsi a Tunisi, dopo che il Governo all’indomani delle negoziazioni con Unhcr, dichiara che dal 18 Luglio del 2013 i rifugiati non reinsediati dall’Alto Commissriato delle Nazioni Unite possono avviare le procedure di regolarizzazione sul territorio tunisino.
È a questo punto che ad Hamidou viene un’idea: quella di aprire un piccolo laboratorio tessile dove tornare a fare il sarto. Un progetto attraverso cui ricominciare una nuova vita ed investire le capacità che possiede, dopo la terribile condizione vissuta per due anni nel campo profughi più grande del Maghreb. Un’esperienza che decide di rielaborare, piuttosto che rimuovere. Nell’ atelier Refuge di Place Barcelone Hamidou, infatti, inizia a confezionare borse e zaini artigianali recuperando le tele di juta riciclate proprio dal campo di Choucha. Da progetto informale, l’atelier nel corso del tempo attira l’attenzione di numerose associazioni straniere come La Maison du droitset des migrations e L’institut français di Tunisi, e soprattutto riesce a dare lavoro ad altre sette persone.
Lo scorso ottobre, il ragazzo ottiene un regolare visto Schengen, mediante il sostegno di diverse associazioni tra cui lo stesso Istituto Francese, per andare ad esporre i prodotti della sua collezione a Parigi. Così, il 26 Novembre vola verso la capitale francese, ma quando torna a Tunisi la domenica successiva, viene fermato all’aeroporto dalla polizia di frontiera, che lo lascia senza cibo e senza la possibilità di essere assistito legalmente. Nawaat.org, scrive che solo il primo dicembre viene riferito al suo avvocato, Samia Jelassi, che è stata emessa nei confronti di Hamidou al momento della partenza, un’ordinanza di espulsione che gli vieta di rientrare in territorio tunisino. Ciò che è più grave, è che le autorità non hanno dato alcun preavviso né hanno mostrato al suo avvocato alcun documento che sia in grado di giustificare il provvedimento di espulsione. In questo momento Hamidou rischia di dover salire su un volo speciale per la Costa d’Avorio, il luogo che ha lasciato nel 2004 in piena crisi elettorale ed in cui rischia di venire perseguitato per ragioni politiche.
Come dichiara Debora del Pistoia, rappresentante del Cospe in Tunisia, “Dopo che il governo tunisino ha dato la possibilità di accordare delle carte di soggiorno agli esclusi dal sistema di asilo di Unhcr, questi ultimi hanno inoltrato le procedure indicate loro. Ad oggi, non hanno ancora ottenuto la documentazione necessaria per regolarizzare la propria situazione nel Paese e non possono né lavorare, né accedere alle cure mediche. Malgrado esista di una proposta di legge sul diritto d’asilo presentata all’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, gli stessi migranti riconosciuti come rifugiati da Unhcr in Tunisia non godono di alcun diritto”. (Marta Menghi)