Riforma terzo settore, ora si vota
ROMA – Dopo mesi di attesa, è bastato un pomeriggio – quello di venerdì scorso – ai senatori della Commissione Affari Costituzionali del Senato per votare gli emendamenti a quattro degli undici articoli che compongono il disegno di legge delega di riforma del terzo settore. E le previsioni per i prossimi giorni sono ottimistiche, con la previsione di chiudere l’intero testo entro una decina di giorni. A riprova di questo, nel calendario dell’Aula di Palazzo Madama è spuntato proprio il voto finale sul provvedimento in questione, previsto nel blocco di sedute fissate fra martedì 15 e giovedì 17 marzo.
Nessuna particolare sorpresa dalla Commissione, dopo sono stati respinti tutti gli emendamenti che avevano ricevuto parere contrario dal relatore Stefano Lepri e dal sottosegretario al Lavoro e Politiche sociali Luigi Bobba. Ad essere di fatto esauriti sono stati gli articoli 1 (finalità e oggetto), 2 (Princìpi e criteri direttivi generali), 3 (Revisione del titolo II del libro primo del codice civile) e 5 (Attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso). Restano da affrontare le parti relative alla revisione della disciplina del terzo settore (art.4), all’impresa sociale (art.6), alla vigilanza e controllo (art. 7), al servizio civile (art.8) e alle misure fiscale (art.9), nonché gli ultimi due articoli dedicati alle disposizioni transitorie e finali e alla relazione alla Camere.
Quali novità dal testo dei nuovi articoli? All’articolo 1 è stato riscritto il primo comma, quello che fa da quadro generale rispetto all’intero provvedimento. E’ stata ancora perfezionata la definizione di terzo settore, “il il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi”. E, oltre al fatto che non fanno parte del terzo settore “le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche”, viene aggiunta la specificazione che alle fondazioni bancarie non si applicano le disposizioni contenute nella legge e nei relativi decreti attuativi.
E’ stato approvato l’emendamento richiesto dalla Commissione Bilancio e relativo al fatto che non vi saranno nuovi o maggiori oneri per lo Stato, e che qualora i decreti attuativi li prevedano è necessario che siano in vigore i provvedimenti che stanziano le risorse finanziarie necessarie (ad esempio la legge di stabilità), ed è stato modificato anche l’art.3, dove ora si prevede che relativamente agli enti di terzo settore il governo debba “rivedere e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, definire le informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi, nonché prevedere obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente”.
All’articolo 5 è stato raggiunto un punto fermo sulla questione del riconoscimento del volontariato. La specificità da considerare, con gli emendamenti approvati, non viene più segnalata solo in riferimento alle tutele dello “status di volontario” ma pure a quella delle “organizzazioni di soli volontari, anche quelle operanti nella protezione civile”. Lo sguardo non va solo sul singolo volontario, dunque, ma sulle organizzazioni di volontariato in quanto tali. Ancora, viene previsto il “superamento del sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato e per l’associazionismo di promozione sociale, attraverso la istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore, quale organismo unitario di consultazione degli enti di Terzo settore a livello nazionale, la cui composizione valorizzi il ruolo delle reti associative di secondo livello”.
Infine, c’è una novità rilevante sui Centri di servizio per il volontariato, che potranno esseri costituiti da tutti gli enti del terzo settore (con la sola eccezione di quelli costituiti secondo le forme del libro V del codice civile, quindi di società, imprese, aziende attive nel campo del lavoro). Nonostante questo è previsto che comunque la maggioranza assoluta dei voti nell’assemblea faccia capo alle organizzazioni di volontariato, che dunque nei fatti rimangono quelle che gestiscono la governance dei Csv. I servizi dei Csv possono essere erogati a tutti gli enti di terzo settore in cui vi sia la presenza di volontari, e il loro finanziamento stabile deve arrivare dalle risorse previste nella legge 266/1991, fatto salvo che eventuali altre entrate dovranno avere una contabilità separata. Previsto anche che i Csv non potranno procedere a erogazioni dirette in denaro o a cessioni a titolo gratuito di beni mobili o immobili a enti del terzo settore. (Agenzia Redattore Sociale)