Riina, Gratteri contro Cassazione difende 41bis: “Anche Liggio uscì dal carcere in una bara, basta ipocrisie”

Un boss di mafia comanda solo con gli occhi. Anzi, non deve nemmeno muoverli, gli occhi: la sua presenza fisica in un determinato posto è già esternazione di potere”. Lo ha detto il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, incontrando gli studenti dell’Unical, a Cosenza, dopo la notizia che la Cassazione ha aperto al differimento della pena per Toto’ Riina perché gravemente malato.

Se Riina uscisse da carcere “sarebbe un’ingiustizia” perché, spiega Gratteri, “conosco tanti capi mafia che nonostante avessero tumori e metastasi, sono morti in carcere e solo da morti sono stati mandati a casa. A cominciare da Luciano Liggio, morto in carcere e uscito nella bara”.

Poi una riflessione sul 41bis che “è stato istituito per impedire la comunicazione del detenuto con l’esterno, per impedire che i boss mafiosi mandino messaggi di morte all’esterno. Quindi, la dobbiamo finire di fare gli ipocriti, di salire sui palchi per commemorare Falcone e Borsellino e poi allo stesso tempo incominciare a fare il discorso caritatevole“.

“Non dimentichiamoci delle stragi – ha concluso Gratteri – e pensiamo che ancora ci sono dei ragazzi cresciuti senza padre perché uccisi dalle mafie. E mentre i figli dei boss di mafia possono andare a trovare il genitore in carcere ua volta al mese, i figli delle vittime delle mafie sono cresciuti senza padre“.