Roma, migranti in strada dopo sgombero in via Vannina
ROMA – La più piccola, Price, ha appena un anno. Gioca a saltare sul materasso disteso a terra lungo la strada alberata che dalla zona industriale arriva fino a via Tiburtina. Accanto lei Prosper, il fratello di 5 anni, accoglie chi arriva col gesto dell’Uomo Ragno. Insieme alla mamma Jennifer, che arriva dalla Nigeria, hanno dormito in strada nelle ultime notti, dopo lo sgombero di due stabili occupati dai migranti, in via Vannina, a Roma. Negli edifici, due vecchi capannoni industriali, secondo alcune testimonianze, vivevano da mesi circa 500 persone: il numero è difficile da stabilire perché i migranti e i richiedenti asilo non venivano seguiti né dai servizi del Comune di Roma né dalle associazioni. Ma all’interno c’erano intere famiglie, sgomberate con due interventi delle forze dell’ordine (giovedì scorso e poi lunedì) dopo che il proprietario dei locali ha chiesto l’intervento delle autorità per rientrare in possesso degli immobili. Ora molti di loro vivono accampati nelle strade adiacenti, alcuni hanno chiesto ospitalità al presidio umanitario di Baobab experience vicino la stazione Tiburtina.
Bambini in strada: “è una vergogna”. “Eravamo qui da sei mesi – spiega Jennifer -. Sono arrivata in Italia nel 2014 dalla Nigeria e sono stata inserita in un progetto di accoglienza a Monterotondo, una cittadina vicino Roma, ma poi il progetto è finito e mi sono ritrovata senza sapere dove andare. Non avevo nessuna alternativa e sono venuta qui, ma ora mi ritrovo di nuovo in mezzo a una strada con due bambini piccoli”. Jennifer ha ottenuto la protezione umanitaria in Italia e per vivere fa la parrucchiera a Roma. Grazie a un’amica italiana, che ha accettato di darle ospitalità, questa sera forse riuscirà a dormire sotto un tetto: “non chiedo cibo, non chiedo soldi ma solo di poter avere un posto dove stare, dove poter fare una doccia ai miei bambini. Non si può vivere così, è una vergogna”. Poco più in là Fatima, che arriva dalla Guinea, si ripara dal caldo sotto una coperta appesa a due pali di legno per avere un po’ di ombra nelle ore più torride della giornata. Anche lei viveva in uno due stabili da circa sette mesi. “Sono venuta in Italia per raggiungere mio marito e ci siamo sistemati qui– racconta – Ma dall’edificio ci hanno cacciati e ora non sappiamo che fare”. Con lei ci sono anche i suoi tre figli di 16, 14 e 10 anni. Nella parte senza edifici di via Vannina la distesa di materassi costeggia la parte alberata, insieme a cumuli di scarpe, cibo e tutto quello che gli occupanti sono riusciti a mettere in salvo prima dello sgombero. “Alcuni hanno perso anche i documenti – spiega Maria, un’altra ragazza nigeriana -. Per la fretta abbiamo preso solo le prime cose, altre cose fondamentali le abbiamo lasciate lì”.
“Abbiamo chiamato i servizi del Comune ma nessuno è intervenuto”. Gloria Guglielmo lavora in uno degli edifici vicino a quelli sgomberati. “Insieme a un mio amico siamo venuti a vedere cosa fosse successo. Abbiamo visto le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, che intervenivano anche con gli idranti – spiega -. Il primo giorno c’erano tantissime persone per strada, anche famiglie con bambini e per questo abbiamo chiamato la Sala operativa sociale del Comune di Roma che non sapeva dello sgombero. Ci hanno detto che sarebbero intervenuti ma ad oggi non abbiamo visto nessuno”. Alcuni testimoni raccontano anche di colluttazioni tra i migranti e la polizia. Lasciati soli, senza assistenza, i migranti si arrangiano cucinando in strada con fornelli di fortuna. Solo uno dei due stabili è rimasto aperto: all’interno qualcuno è riuscito a rientrare per prendere le sue cose.Lo stabile vicino è invece chiuso e piantonato dalle forze dell’ordine. Lungo la ringhiera è stato montato del filo spinato per evitare che le persone scavalchino la cancellata nel tentativo di reintrodursi all’interno. “Lo sgombero è stato richiesto dai proprietari – spiega uno degli uomini che piantona l’ingresso – . Lentamente faremo rientrare qualcuno a prendere i suoi oggetti, ma dobbiamo evitare assembramenti e che l’edificio venga rioccupato un’altra volta”.
Unhcr: “500 persone senza assistenza, Roma pensi a interventi specifici”. “Da quanto mi hanno riferito ci sono 500 persone, tra cui bambini e famiglie, senza assistenza. Questa situazione a via Vannina riporta l’attenzione su un problema annoso che a Roma non è stato ancora risolto – commenta Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa -. Nella capitale non c’è un problema di pressione migratoria immediata come in altre città, va affrontata piuttosto la questione della residenzialità dei migranti regolari che non trovano stabilità nella città. Oggi ci sono oltre 5000 persone in situazione regolare a Roma, famiglie con bambini che vanno a scuola e che vivono in occupazioni, dove la situazione igienica è spesso precaria. L’amministrazione deve lavorare in modo partecipativo con queste realtà. Da tempo chiediamo che l’amministrazione prenda in considerazione interventi specifici. Nel caso di via Vannina– continua Sami – la gravità è data anche dal fatto che lì ci sono bambini che avevano iniziato un percorso in accoglienza, che hanno grandi opportunità ma che se non sono gestite rischiano di farli finire in situazioni di marginalità”. Per Sami l’altro problema “che continua a non essere affrontato” nella Capitale è quello dei transitanti “Roma e provincia non hanno una pressione migratoria più forte di altre città, in Italia la regione che accoglie di più è la Lombardia. Quello che vediamo mancare è un punto di appoggio strutturale per le persone che continuano a transitare. La soluzione non è dire ‘non possono più venire’– aggiunge –. Alcuni mesi fa abbiamo incontrato la sindaca Raggi e abbiamo parlato con lei di una struttura a Tiburtina, sul modello Milano, ma ad oggi il progetto non è stato realizzato. Dal nostro punto di vista un centro per i migranti in transito in questo momento è assolutamente necessario, anche per monitorare i flussi”. (Agenzia Redattore Sociale)